Li abbiamo organizzati
personalmente in poco più di due mesi, ma come spesso succede, è
avvenuto un piccolo miracolo, un lavoro di squadra che ha dato
risultati grandiosi. Atleti eccezionali, veloci, spettacolari,
bravissimi hanno fatto il resto. Un trionfo per gli azzurri.
Mondiali Wako a Lignano Sabbiadoro
MAI COSI’ BELLI!
Di: Ennio Falsoni
Appena saputo i primi di settembre che la Francia era in grave
difficoltà per l’organizzazione della seconda parte dei Mondiali
Wako 2009, mi sono subito detto che occorreva fare qualcosa per
salvare la baracca, per salvare gli sforzi che centinaia e centinaia
di giovani stavano facendo per guadagnarsi un posto ai World Combat
Games di Pechino del 2010, per salvare l’immagine della Wako stessa,
un’organizzazione che sta dilagando nel mondo a vista d’occhio. E mi
sono assunto l’onere di organizzarli personalmente in Italia.
In nemmeno tre mesi di durissimo lavoro col mio esiguo staff di
collaboratori (Betty, Barbara, Giorgio Lico, Nicola Traina in
particolare che desidero ringraziare pubblicamente come il personale
tutto della Getur di Lignano Sabbiadoro) , abbiamo insieme compiuto
un piccolo miracolo: quello di offrire ai nostri associati un evento
davvero memorabile per qualità di promozione, per bontà di struttura
logistica, per puntualità nei servizi, per signorilità ed eleganza
nei rapporti.
Insomma è stato un vero trionfo del “made in Italy”, se me lo
consentite e i complimenti che ci sono arrivati da tutte le
delegazioni è stato qualcosa di veramente gratificante che ha
compensato lo stress, le tensioni delle ultime settimane passate a
mettere in insieme questo grande “puzzle” che è la promozione di un
campionato mondiale come questo, prima pensato in ogni dettaglio e
poi realizzato.
Ma anche quando ti sembra di non aver scordato nulla, vivi
sempre la tensione che manchi qualcosa, oppure che qualche tessera
del mosaico non si incastri o arrivi troppo tardi. Di fatto, quando
sei all’interno di questa vera e propria centrifuga, non vedi l’ora
di uscire al più presto da quella sorta di piccolo incubo che ti sei
creato con le tue mani. E quando tutto finisce, quando guardi il
palazzetto ancora perfettamente attrezzato ma vuoto, guardi i resti
di quello che pochi attimi prima era come un centro pulsante di
vita, di energia, di dolore e passione, di grida e incitamenti, di
sudore, sforzi e tensioni, hai la sensazione di aver vissuto un
sogno. Che tutte quelle tensioni non siano mai esistite.
600 atleti, in rappresentanza di 44 nazioni su 54 che avrebbero
dovuto arrivare, dai cinque continenti, sono le cifre sintetiche
della seconda parte dei Mondiali 2009 della Wako (la prima parte, si
è tenuta a Villach in Austria, nel mese di ottobre). Si disputavano
a Lignano Sabbiadoro, la cittadina scelta per ospitarli, i Mondiali
di semi contact, full contact, forme musicali e aero-kickboxing,
notoriamente la disciplina che appariva per l’ultimo anno nei
programmi della Wako che l’ha sostituita con la Kick-light dall’anno
prossimo appunto. Così come a Villach per la Low-Kick, Lignano
rappresentava il test fondamentale in talune categorie di semi e
full contact per quegli atleti che volevano qualificarsi ai Games
degli Sport da Combattimento che avranno luogo a Pechino dal 27
agosto al 4 settembre 2010.
Diciamo subito che gli azzurri di semi contact in particolare
sono stati grandiosi, sfiorando (dico “sfiorando” perché alcuni
giudici ci hanno veramente penalizzato, ma ciò dicendo si rischia un
“dejà vu”) di affermarsi come la prima potenza mondiale della
specialità. Come a Szeged, solo l’Ungheria ci ha sopravanzato di un
pelo (ma avrebbe potuto essere l’opposto). Ma vediamo come.
Tutto si è giocato nelle finalissime individuali dove azzurri e
ungheresi erano arrivati sbaragliando il campo. Avevamo piazzato in
finale 3 donne e 4 uomini , ossia 7 atleti su 15 categorie previste.
Un successo dei direttori tecnici Gianfranco Rizzi e Emanuele
Bozzolani che si erano veramente impegnati tanto per questi
Mondiali. Giulia Cavallaro, 50 chili, un altro grande prodotto
della scuola di Giorgio Lico, è stata la prima a scendere in campo
contro la tedesca Kim Tamara Samonte. Nei giorni precedenti,
l’azzurra aveva battuto la sudafricana Fatima Norsaka al primo
turno, quindi l’ungherese Janka Nemeth al secondo turno e in
semi-finale la polaca Dominika Ziemnika.
Le sue vittorie sono sempre state chiare e mai in discussione.
Giulia, oggi studentessa universitaria, ha vinto tutto quello che
c’era da vincere sin da quando militava nei cadetti. Elastica e
plastica nei movimenti, ha anche un grande senso del tempo ed è
veloce sia in attacco che in difesa. Era cioè una nostra sicurezza e
si è imposta per 17-15 anche contro la tedesca.
Dopo di lei, scenda in campo la siciliana Luisa Gullotti (55
chili) che insieme ad Andrea Lucchese e Gregorio Di Leo, è allenata
da quell’incredibile coach che è Gianpaolo Calajò, oggi prestato
alla Norvegia come direttore tecnico della loro nazionale. Anche
Luisa era partita da lontano in questo Mondiale. Aveva dovuto
sbrigare la pratica bulgara, Alexandra Kulsheva, cui ha dato
cappotto (14-4) al primo turno; quindi la russa Svetlana Fadeeva al
secondo e al terzo l’austriaca Pfahringer Bianca (cappotto pure a
lei).
Francamente, con questi risultati pensavo che Luisa facesse
bocconi anche della sua avversaria in finale, la norvegese Eirin
Dale (curioso il fatto che Calajò fosse lo stesso coach della
Gullotti, ma sedesse come dittì dell’avversaria!). Sarà stata la
tensione, sarà che la norvegese era attenta, ma Luisa non riusciva
ad esprimersi com’è solita fare. Le due saltellavano, fintavano in
continuazione, ma non partivano mai. L’incontro è finito in parità
la prima volta al termine delle 3 riprese, e poi è finito ai
supplementari con la vittoria della Dale per 1 solo punto di
scarto!
Ma ci ripensava Gloria De Bei, 60 chili, a tirarci su nuovamente
il morale per quell’oro che ci era sfuggito. Gloria, che aveva
partorito un bellissimo bimbo soltanto 2 mesi prima, era stata
scelta dai due direttori tecnici contro il parere di altri, ma a
Lignano ci è arrivata preparatissima in barba a quanti avrebbero
scommesso il contrario! In una categoria di 17 atlete, Gloria (già
campionessa del mondo a Coimbra) era teste di serie numero uno e ha
saltato il primo turno, quindi ha battuto l’austriaca Sandra Pichler
al secondo turno, ha dato cappotto alla greca Miriam Bourdala al
terzo turno in semifinale e quindi si è trovata di fronte
all’ungherese Barbara Szendrei, una di quelle atlete che calcia come
se al posto della gamba avesse un elastico.
Beh, grazie al suo formidabile tempo, Gloria l’ha bruciata in
tante occasioni e coi suoi ripetuti blitz ha portato a casa un
vittoria schiacciante, 11-5 che non ha lasciato scampo ai suoi
detrattori. Gloria è una ragazza un po’ chiusa, che se tiene dentro
i suoi problemi, ma alla proclamazione del verdetto ha mollato gli
argini e si è inginocchiata a terra in lacrime. E’ stato davvero
commovente vederla prendere in braccio il suo bambino e esibirlo
come il suo miglior trofeo!
Lo sport italiano è – quasi generalmente – donna ormai. Le donne
vincono più dei maschi, è un dato di fatto. Ma nel semi contact,
avevamo ben 4 uomini che stavano per scendere in campo dopo le”girls”
di cui ho parlato.
Anche Manuel Esposito, atleta napoletano che ha passato lunghi
periodi di allenamento nel Veneto, da Nicola Traina, è stato una
scelta dei direttori tecnici. Manuel che aveva già fatto parte della
nazionale in passato, dopo aver conquistato qualche ottimo
piazzamento nei 57 chili, era passato nella categoria superiore
negli ultimi due anni. Ma qui giunto, si è trovato di fronte alcuni
dei migliori semicontactisti di sempre come Andrea Lucchese e
Adriano Passaro. Cioè aveva smesso di vincere. Gli è stato quindi
suggerito, proprio in vista dei Mondiali, di rientrare nella sua
vecchia categoria dove era più competitivo e chiaramente ha
ricominciato a battere tutti.
In questi Campionati è arrivato preparato come non mai e i suoi
risultati squillanti lo confermano. Grande mobilità, colpo d’occhio,
ottimo incontrista, Manuel ha sostenuto ben 4 incontri per
arrivare all’oro, dando cappotto al francese Mebrek Morgan al primo
turno, quindi ancora cappotto al turco Hasan Buyukkukak (testa di
serie numero 2 del tabellone!); ha sofferto sino alla fine contro un
altro giovane promettente ungherese Alex Veres (campione del mondo
uscente!), superato solo di un’incollatura in semifinale (14-13) e
infine battendo per 13-11 in un’altra equilibrata finale l’inglese
Lewis Morrison.
Era la volta di Andrea Lucchese nei 63 chili e vi garantisco che
mi sentivo un altro oro in tasca.Andrea ha dominato in questa
categoria dal 2007, ossia dai Mondiali di Coimbra, anno in cui
cambiò di categoria scendendo dai 74 chili ai 63 chili. Atleta
intelligente, con un bagaglio tecnico completo, bravo in attacco e
in difesa, è sempre uscito vincitore da tutti gli scontri diretti
col suo avversario ungherese di Lignano. Richard Veres infatti aveva
sempre perduto contro Lucchese. Salvo che questa volta. Purtroppo
Lucchese non è stato bene nei primi due giorni del Mondiale.
Al primo turno, contro l’americano Josef Fife, era febbricitante
ed è riuscito a prevalere per un solo punto di scarto, 11-10! Erano
tutti preoccupati i dittì per le sue condizioni, ma il giorno dopo
sembrava essere tornato a nuova vita , “mi sento rinato” – mi ha
detto. Ha regolato il greco Christos Pitsios al terzo turno e poi
l’irlandese Jason Doyle in semifinale. Si sapeva che l’ungherese era
forte, ma considerati i risultati degli scontri precedenti, eravamo
tutti fiduciosi. Invece Andrea è risultato essere troppo attendista,
troppo remissivo. Gli è andata bene in alcune occasioni di andare a
segno in controtempo, ma l’aver poi insistito solo su quella
strategia non ha pagato. Veres ha via via guadagnato fiducia, campo
e..punti. La vittoria se l’è conquistata e non c’è stato nulla da
recriminare. Peccato.
Toccava al lombardo Mimmo De Marco nei 69 chili, anche lui un
veterano di mille battaglie ormai, un atleta straordinario per
eleganza, per tecniche di calcio fantastiche, ma che spesso ha degli
attimi di vuoto che gli sono fatali e solo di questo avevo timore.
Trovava in finale un altro temibile ungherese, Laszlo Gombos, uno
dei giovani talenti della scuola di Kiraly. Beh, voglio farla breve.
La finale è stata davvero equilibrata perché i due si conoscevano a
menadito e si temevano. Ma Mimmo è stato, a mio avviso, più bravo
per aver messo a segno le tecniche più spettacolari, ma soprattutto
è stato defraudato di quella che a mio avviso era una vittoria
limpida.
Negli ultimi 20 secondi dell’incontro, quando ci si gioca la
partita, due i fatti contestati ai giudici: un bellissimo calcio
piazzato da Mimmo alla testa dell’ungherese segnalato prontamente
dall’arbitro centrale, ma negato dai due giudici e un altro calcio
al corpo, quasi allo scadere del tempo, non assegnato. Insomma 2 o 3
punti non concessi che alla fine hanno fatto la differenza.
L’ungherese è riuscito a terminare l’incontro in parità, quindi ad
andare all’extra tempo e dopo un’altra parità a piazzare il “golden
point”. Una bella iattura.
Ma non c’era tempo d’incazzarsi più di tanto, perché le finali
erano una dietro l’altra e scendeva in campo Gregorio Di Leo. Già
vincitore di 3 titoli mondiali (anche se nei 69 chili), Grillo –
com’è chiamato dagli amici -, era teso e concentrato. Non c‘era un
altro ungherese a contrastare la sua marcia verso l’oro questa
volta, bensì un irlandese giovane, McDermott, che però aveva fatto
fuori precedentemente atleti del calibro del norvegese Morten
Spissoy (campione del mondo uscente!) e dell’inglese Jacey Cashmann.
Ma il Grillo di Lignano è apparso subito imbattibile. Soprattutto i
suoi velocissimi blitz di pugno hanno fatto la differenza
intimidendo subito l’irlandese. Preso l’abbrivio, Grillo ha subito
anche qualche punto di troppo, ma è sempre stato capace di cambiare
marcia e la velocità della sua azione, davvero fulminante, gli ha
garantito il quarto titolo mondiale in carriera. Un bel record di
per sé ma che ha tutta l’aria di non essere ancora finito. Grillo
poi, un po’ spaccone (ma in fondo è comprensibile), si è tolto la
giacca dell’uniforme appena chiuso l’incontro e restato in
maglietta, si poteva leggere: “Italians do it better” – gli Italiani
lo fanno meglio, ossia sono migliori! Una “grillata” delle sue.
Insomma, per concludere la carrellata sul semi contact, l’Italia
, diciamo con un pizzico di fortuna in più, avrebbe potuto tornare
ai vertici della disciplina a Lignano. Invece abbiamo chiuso al
secondo posto dietro ai rivali di questi tempi: gli ungheresi.
Comunque formidabili gli azzurri per compattezza di gruppo a cui
vanno i nostri vivissimi complimenti.
Complimenti speciali che mi sento di fare subito anche a Valeria
Calabrese, la giovane “enfante prodige” catanese, allieva di
Riccardo Wagner, che a Lignano Sabbiadoro ha centrato il suo terzo
titolo mondiale in carriera in una specialità dura come quella del
‘full contact’. Valeria, 48 chili, il viso di una bimba, ha una
forza di volontà , una grinta e una determinazione veramente fuori
del comune. Ha battuto al primo turno l’irlandese Christina McMahon,
ha dovuto tirare fuori gli attributi in semifinale contro la
russa Irina Myakina (“sembrava un uomo “ – mi ha detto poi Riccardo
- ), una fior di atleta potente, tosta; e in finale, a suon di bei
diretti al volto d’incontro, un’altra solidissima atleta, l’ucraina
Vira Makresova che ha cercato in tutti i modi di contrastarle l’oro
che invece lei ha agguantato.
Nel full contact abbiamo avuto in finale anche
il-buono-per-tutte-le-stagioni-e tutti-gli-stili Ivan Sciolla. Lo
avevo appena ammirato a Villach in Austria, nella low-kick, che
eccotelo nuovamente in finale, ancora contro un russo, Viacheslav
Kanaev, contro il quale perde in un match un po’ arruffato. Ho
notato che Ivan riesce a restare in linea, ad essere pulito, quando
è padrone del ring, sa di poter battere l’avversario. Quando invece
incontra tipi più forti di lui, allora si scompone, diventa brutto
da vedere, continua saltare e a incespicare, a cascare per terra.
Insomma, una roba che mi dà fastidio vedere. Ma lui è così: un
grande atleta, con un grande coraggio, ma che a volte pare perdere
il filo del discorso. Bravo sempre e comunque.
Non posso infine non togliermi il cappello davanti alla vittoria,
del tutto inattesa, di un figliol prodigo, di un atleta bravissimo e
sensibilissimo (nonostante le apparenze un po’ guascone), di un
veneto doc nelle forme musicali. Parlo di Massimiliano Castellacci.
Il rapporto con la Federazione non è sempre stato idilliaco, ma da
quando due anni fa è tornato tra noi, l’ho visto maturato, l’ho
visto sempre più sicuro dei suoi mezzi. A Lignano ha presentato
una forma con l’uso della spada molto intensa, molto ben presentata
e interpretata, con quella spada che sembrava nelle mani di un
giocoliere. E alla fine, anche se per un solo centesimo, ha vinto
davanti al solito russo. Molto commosso e in lacrime,ha dedicato la
vittoria al padre che è scomparso solo un mese fa! Bravo ragazzo.
Non me ne vogliano Alberto Leonardi (terzo nelle Forme Hard) ,
così come tutte le medaglie di bronzo che abbiamo vinto, i
componenti dello staff, tutti gli arbitri e i giudici italiani che
ci hanno dato una mano, se non li ho citati nel mio articolo. Ma
per essere tale, ogni articolo deve restare in un ragionevole
spazio. Ragazzi, anche questa è andata. Tutti abbiamo dato il
massimo, sia chi ha vinto che chi ha perso. Ma una cosa è certa:
come Daimi Akin, coach della squadra norvegese mi ha scritto, questi
“nostri” Mondiali, non sono mai stati così belli!
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