18° Kickboxing Superstar
TRIBUTO A LINO GUAGLIANONE: Low-Kick, Savate, Thai Boxe: da
questo cocktail una piacevole serata per un buon pubblico, tra cui
Maldini e Seedorf del Milan e belle donne. Il noto promoter della
serata festeggiato dal suo staff e dal sottoscritto.
Di: Ennio Falsoni
Lino
Guaglianone, l’infaticabile promoter di “Kickboxing Superstar”
giunta quest’anno alla sua 18a edizione, aveva gli occhi lucidi
quando i suoi collaboratori gli hanno consegnato sul ring del
Palalido di Milano, una coppa in omaggio al suo passato sportivo,
come atleta, coach e organizzatore soprattutto. Partner in un
avviatissimo studio di commercialisti, avvocati e tributaristi nel
centro di Milano, ha dedicato il poco tempo a disposizione a curare
la sua passione: gli sport da ring. Proprietario anche di una delle
palestre più famose nel centro di Milano, la mitica Palestra Doria
che nei decenni scorsi ha ospitato i più bei nomi del pugilato
italiano allenati dall’altrettanto mitico maestro Ottavio Tazzi
(presente alla manifestazione nonostante sia purtroppo aggredito dal
Parkinson). Pensate quante cose sono cambiate nella vita di tutti
noi in quel lasso di tempo, 18 anni! E ciononostante, piovesse o
tirasse vento, lui ha sempre presentato il suo gala denominato
“Kickboxing Superstar” che è un cocktail di sport da ring perfetto,
buono per tutti i palati, a volte con personaggi di grande richiamo,
a volte con personaggi anche dubbi, ma sempre offrendo signorilità
e un trattamento ineccepibile agli ospiti. E’ stato così anche per
questa edizione che francamente avrebbe dovuto svolgersi a marzo di
quest’anno, ma poi rinviata per sopraggiunte difficoltà. A tenere
banco, la vecchia guardia di ciò che è stata una grande scuderia di
atleti, un giovane tailandese dal curriculum spaventoso (250 match
all’attivo), due titoli mondiali che, pur nella diversità del loro
svolgimento, sono stati pieni di tensioni, drammatici, e proprio
per questo, apprezzati. Ma andiamo con ordine. Hanno scaldato i
motori della manifestazione Lorenzo Busà e Marianna Palumbo,
entrambi della Doria che hanno affrontato rispettivamente Slavic
Dabija e Stefania Macchia della palestra Pro-fighting di Bologna del
maestro Mario Zanotti. Gli incontri hanno avuto un andamento del
tutto simile. I “doriani” sono partiti subito forte, cercando di
imporre la loro maggior potenza pugilistica, tanto è vero che
entrambi i “doriani” hanno fatto contare i rispettivi avversari
nella prima ripresa. Ma, passata la buriana del conteggio, si è
visto che a poco a poco i “bolognesi” recuperavano in virtù di una
migliore impostazione tecnica complessiva. In altre parole, mentre i
“doriani” continuavano a metterci un sacco di potenza nei colpi di
pugno, i “bolognesi” risultavano più completi dal punto di vista
kickboxistico. Migliori calci, migliore scherma, migliori
combinazioni. Ma Busà riusciva a mantenere il solido vantaggio
acquisito nelle prime due riprese e vinceva ai punti, mentre
Marianna perdeva di misura contro una volitiva e grintosa
Stefania Macchia.
La manifestazione entrava così nella sua parte “internazionale”,
ma il match successivo devo dire che è stato letteralmente
inguardabile. Si affrontavano Laze Suat di origini albanesi ma che
vive e lavora a Milano allenandosi in Doria, e l’ungherese Patrick
Bodacz. Laze è piccolo tarchiato, sparava sostanzialmente sventoloni
di destro e sinistro, ma mai che fosse preciso; mentre l’ungherese
dalla faccia e il fisico di un bimbo, era evanescente. Insomma un
brutto incontro di cui non vale la pena parlare. Nell’incontro
successivo, tornava tra le quattro corde del Palalido una nostra
vecchia conoscenza, il croato Goran Borovic, un campione autentico
che nel corso della carriera ha saputo spaziare dalla Savate alla
Kickboxing al pugilato, un atleta tecnico e potente allo stesso
tempo, bello da vedersi. Purtroppo Harry Gorian, incaricato di una
parte del match-making, gli ha messo di fronte un’ altra
controfigura, tal Istvan Szucs, che è durata poco più di un minuto
e che al primo colpo duro è andato al tappeto per il conto totale e
per questo togliendoci il piacere di quello che avremmo potuto
gustare. Ci hanno pensato poi due savateurs (uno preso a prestito
dalla kick, in verità), a tirare sù la qualità della serata,
esattamente il francese Georgy Fernante e l’olandese Pedro Sedarous
(il kickboxer). Pedro è partito benissimo, centrando verso la fine
della prima ripresa, il volto del francese con un bel gancio che ha
mandato a gambe all’aria l’avversario. Ma anche in questo caso, si è
assistito al ritorno del francese che recuperato il conteggio nella
seconda ripresa, nella successiva ha messo K.O. l’avversario
con un ribaltamento della situazione che nessuno si aspettava. Il
quinto incontro vedeva il ritorno di un altro vecchio campione
della Doria, quello di Angelo Valente che al limite dei 75 chili
affrontava il terzo ungherese della serata, il giovane Mate Zsamboki.
Tatuato come un Maori della Nuova Zelanda, Angelo ha dominato sin
da subito l’avversario. Lo ha incalzato sin dalle prime battute e lo
ha messo K.O. nella 2a riprese con un perfetto gancio al fegato.
Davvero troppo inesperto l’ungherese per un veterano come Valente
però.
La serata era ormai entrata nel vivo, il pubblico era caldo e
seguiva i suoi beniamini con grande partecipazione corale. Abbiamo,
tra l’altro, avuto il piacere di avere Paolo Maldini ( al Palalido
in compagnia di Seedorf) sul ring a premiare Angelo Valente perché
ha cominciato a praticare kickboxing alla Doria. Dopo Kick e Savate,
era la volta della Thai Boxe o Muay Thai che dir si voglia. I due
interpreti sono stati il milanese Angelo Campoli, allievo di Diego
Calzolari, e il tailandese Klinmee Som, portato in Italia dal team
di Carlo Barbuto di Torino. Campoli è indubbiamente uno dei migliori
atleti italiani al limite di 63 chili. Ma il suo avversario, che già
si era presentato tiratissimo al peso, aveva fatto registrare il
peso di 65,500 al primo tentativo. Chiaro che tra i due c’erano
almeno 2 categorie di peso di differenza. Avevo detto a Diego se era
pazzo a far combattere il suo allievo in quella situazione. Si sono
accordati per i 64 chili, che il tailandese ha regolarmente fatto
due ore dopo. Ma il giorno dopo, la differenza sul ring si è vista
non solo nella statura e nel peso, quanto nella tecnica. E’ arcinoto
che in Tailandia si comincia a praticare la Muay Thai a 6-7 anni. A
13-15 anni sono già dei campioni consumati. Figuriamoci a 24-25
anni! Klinmee Som aveva lo spaventoso curriculum di 250 incontri
alle spalle, roba da far tremare i polsi. Ebbene, devo riconoscere
che Angelo Campoli è stato coraggiosissimo. Innanzitutto per avere
accettato l’incontro, ma soprattutto per aver sopportato le tibiate
del tailandese per 3 riprese. Som, irriverente nei confronti
dell’avversario in alcuni momenti, ha martellato il quadricipite
femorale della gamba sinistra di Angelo sin dalla prima ripresa.
Anche nei corpo a corpo, nei momenti di clinch, non mancava mai di
attaccare quella parte con delle ginocchiate, insomma mi domandavo
ad un certo punto come diavolo facesse il milanese a sopportare quel
dolore. Invece Angelo non solo sopportava il dolore, ma passava
anche al contrattacco con belle azioni di pugno. Ma alla fine il
divario tecnico e soprattutto l’enorme differenza nella potenza dei
colpi ha fatto la differenza e bene ha fatto Diego Calzolari a far
volare l’asciugamano all’inizio della quarta ripresa. Chapeau per il
milanese comunque! E si arrivava così ad uno dei due incontri validi
per il titolo mondiale Wako-Pro, quello che vedeva di fronte per la
prima volta la portoghese Sandra Silva e la milanese Valeria
Imbrogno al limite di 48 chili. Valeria, già campionessa d’Italia,
allenata da Stefano Sirtori, mancava da qualche anno dalla
kickboxing a questi livelli per essersi dedicata di più al pugilato.
E lo si è visto. Nel suo valido incontro contro una portoghese molto
aggressiva, determinata, e a volte persino un po’ scorretta nel suo
furore agonistico, Valeria è mancata nel senso della distanza, nella
continuità d’azione. Ha trovato fortunatamente nel diretto sinistro
(lei che è impostata da mancina) la chiave di volta per risolvere un
incontro che in alcune fasi è stato pieno di tensioni, drammatico,
specie quando si è temuto che non potesse continuare per un colpo
che aveva preso all’occhio dal quale non ci vedeva quasi più.
Fortunatamente ha dato fondo a tutte le sue energie nell’ultima
ripresa riuscendo a portare a casa così un titolo che ha meritato.
Nell’ultimo incontro della serata, nessun
italiano
a tenere banco. Ci hanno pensato un solidissimo portoghese che va
sotto il nome di Antonio Sousa e il francese di chiare origini
magrebine Majid Kazam a tenere inchiodati gli spettatori alle sedie
sino all’ultimo. Sousa, più basso e tarchiato dell’avversario,
aveva una schiena da vero culturista, un collo taurino e due spalle
come un piccolo armadio. Majid, dal fisico longilineo e
proporzionato, era il preferito pesino da Nicoletta, la bravissima
DJ di RTL 102,5 che ha funto da presentatrice con un collega. Ma
Sousa non se n’è preoccupato, e nonostante Majid avesse cominciato
molto bene riuscendo a tenere a distanza l’avversario con le sue
lunghe leve di calcio, lo ha centrato verso la fine della prima
ripresa con un poderoso gancio al volto. Majid ha piegato le gambe e
mentre Alfredo Zica, l’arbitro centrale, stava dando lo stop forse
per contarlo, lo ha colpito ancora una volta spedendolo al tappeto.
Majid (e francamente non so come abbia fatto), è riuscito a
rimettersi in piedi , nonostante traballasse sulle gambe, e a finire
la ripresa. All’angolo lo hanno fatto tornare in sé, e il francese
ha dato segni di risveglio nel round successivo. Ma nella terza
ripresa, quando sembrava che l’incontro potesse ancora girare, Sousa
è stato impietoso e con combinazioni poderose a due mani ha finito
l’avversario che è stato decretato K.O. Calava così il sipario su
un’altra piacevole edizione di Kickboxing Superstar, che tornerà al
pubblico amico il 20 Marzo 2010. |