Massimo
Rizzoli, Pluricampione Mondiale in diverse discipline da combattimento sino al
suo ritiro… tutt’ora D.T. della Nazionale FIKB… è apprezzato ovunque, come uno
dei migliori tecnici di Kickboxing al Mondo e proprio per questo è uno dei pochi
italiani chiamato frequentemente da Federazioni Nazionali straniere, per tenere
degli stages di aggiornamento. In questo articolo, tratto dal suo sito
personale, ci racconta l’ultima sua trasferta in Tunisia per la Federazione di
quel Paese.
Massimo Rizzoli Stage in Tunisia
Di: Massimo Rizzoli
(Tratto da
www.rendoki.it)
Sono partito il 13 mattina, alle 6,00 in punto da
Pisa. Nonostante le poche ore di sonno ero molto emozionato. Ho una buona
esperienza in fatto di stage, anche in paesi stranieri e difficili come quelli
arabi, ma ogni volta che parto per svolgerne uno mi sento come se fosse la prima
volta. Ed è, sinceramente, fantastico. Godo della parte emotiva al 100%, ma ho
l’esperienza che mi permette di lavorare al meglio e senza grandi intoppi. Sono
atterrato a Tunisi alle 11,00 circa e ho trovato ad aspettarmi un dirigente
federale, Benyoussef, e il capo dei direttori tecnici, Ahmed, che si lamentavano
del caldo. Loro…..!!!!!!
Dopo le dovute presentazioni ci spostiamo con
l’Opel Astra di Benyoussef verso l’Hotel e lì riceviamo altri tre rappresentanti
della federazione tunisina di Kickboxing. Insieme beviamo il tè e dopo poco
mangiamo del tacchino arrosto con una buonissima insalata tipica di Tunisi.
Pensavo di riposarmi un paio d’ore, ma pensavo male.
Mi caricano in auto e andiamo al palasport dove
si svolgono gli esami di cintura. In realtà a Tunisi avrei dovuto effettuare i
soli esami di cintura, ma la federazione ha pensato “…dato che è qui, perché non
approfittarne?”. E allora abbiamo fatto stage dalle 15,30 alle 19,30 per i circa
quaranta esaminandi, stage che abbiamo ripreso la mattina alle 9,00 per
concluderlo alle 12,30. a seguire i passaggi di grado, dalla cintura nera al
quarto Dan. Il livello spazia incredibilmente. A seconda della zona da cui
provengono gli stagisti, una cintura nera può essere molto brava o molto scarsa.
Sicuramente li accomuna una grinta incredibile. Pensate che io avevo necessità
di bere continuamente ed ho chiesto una pausa di quindici minuti, mentre loro
avrebbero evitato volentieri entrambe le cose. Dopo gli esami mi riportano in
hotel dove ricompongo veloce la valigia e ripartiamo per Sfax, 350 chilometri a
sud, per la seconda parte del programma. Un furgone a nove posti ci attende alla
stazione dei bus e in mezzo a chiassosi venditori e coloratissime persone con
bagagli sproporzionati per dimensioni e peso, patteggiamo, o meglio patteggiano,
il prezzo del viaggio. Perché, sia chiaro, li si contratta anche nei
supermarket. I passeggeri siamo noi più una signora distinta, che è costretta a
sopportare il continuo parlare dei miei accompagnatori senza però negarsi
qualche risata. Peccato che io non capisco niente, ma le loro risate spontanee
mi coinvolgono più di una volta, a senso.
Attraversiamo quello che io chiamerei deserto, ma
che loro chiamano campagna, e arriviamo a Sfax. Una cittadina molto diversa da
Tunisi. Più piccola, ma soprattutto molto più paesana. Molti bar con sedie
all’esterno, che sono gremiti di persone, pardon, uomini, che bevono e
chiacchierano all’ombra. Centinaia di motorini con marmitte “poco catalitiche” e
una gioventù che sembra molto più attiva di quella di Tunisi. Arriviamo al
parcheggio dei bus e prendiamo un taxi che ci deposita all’ingresso dell’hotel.
Ci riceve il presidente del distaccamento di Sfax che è onorato di avermi in
Tunisia e dice che i ragazzi che si sono allenati con me a Tunisi hanno parlato
molto bene e spera che ripeterò le stesse tecniche anche a Sfax. Sto per dire,
scherzando, che farò quelle migliori, ma conoscendo la strana e imprevedibile
suscettibilità delle persone, evito. Mi limito a ringraziarlo e a dirgli che
sono io ad essere onorato di poter fare questa esperienza. Ceniamo in un chiosco
di fronte all’hotel che non avrebbe dato un gran che di certezza sul cibo e
invece mangiamo benissimo. Ovviamente mangio quello che mangiano loro.
Hanno insistito per portarmi in un posto simile a
Mac Donald, pensando che non volessi mangiare Arabo. Evidentemente non mi
conoscevano. Ho mangiato e vissuto secondo le loro abitudini e non me ne sono
assolutamente pentito. Nei miei viaggi è una costante. Dopo cena qualcuno va in
giro in centro, ma io preferisco dormire. So che l’indomani mi spremeranno fino
all’osso e voglio essere in forma. Alle 9.00 siamo in macchina e procediamo
verso il posto dove si svolgerà lo stage e che, mi dicono, mi colpirà molto. Io,
non so perché, non ne dubito. Il centro di Sfax è molto attivo e rigurgitante di
gente. Incontriamo addirittura una maratona cittadina con centinaia di
partecipanti.
Quando la macchina si ferma io domando dov’è che
facciamo lo stage e Ahmed mi indica una chiesa romana del 1200 restaurata nel
1400. E’ semplicemente incredibile. Una chiesa sconsacrata con tutti gli annessi
e connessi, è il posto dove faremo lo stage. Entriamo ed è immensa. Le volte
romaniche sono alte e tondeggianti e diversi uccelli svolazzano tranquillamente
da una finestra all’altra, appoggiandosi a ridosso dei mosaici che compongono i
vetri. Attraversiamo la sala principale e entriamo negli spogliatoi. Altro non
sono che le celle dei fedeli che talvolta vi alloggiavano per espiare le loro
colpe e trascorrere qualche giorno in preghiera e penitenza. Tutta pietra serena
e granito che viene rifinito in marmo in alcuni punti, per abbellire un posto
che a me sembra già meraviglioso. Ci posizioniamo al centro della sala
principale e i ragazzi si schierano di fronte a noi. Una varietà incredibile di
allievi, dagli otto ai cinquant’anni, mi si para davanti con uno sguardo che è
tutto un programma. Mi muovo dalla mia posizione di “potere” e sfilo davanti a
tutti loro salutandoli uno alla volta. Chi mi stringe la mano, chi mi sbatte il
pugno e chi s’inchina, tutti estremamente pronti a faticare e valutare quanto
valgo. Sarà il posto – nonostante il mio ateismo – sarà la faccia smaniosa degli
studenti, ma so solo che mi si smuove un energia incredibile che inizia a creare
i presupposti per fare una grande lavoro.
Cinque ore di allenamento ininterrotti. Dalle
tecniche a coppie ai bloccaggi, dallo sparring condizionato al potenziamento.
Hanno tenuto con grande forza e io non mi sono neanche accorto del tempo che
passava. Ci fermiamo per pranzare e con altri dieci tra maestri e dirigenti ci
infiliamo in un corridoio della cappella dove hanno allestito dei tavoli di
fortuna e Tarek, un istruttore di Sfax, ha preparato un cous cous buonissimo.
Mangiamo tutto e gli altri commensali si scompisciano dalle risate quando, dopo
essermi rotto le scatole di “scosciare” il pollo con le posate, chiedo
educatamente se posso mangiare con le mani. Mi sono sentito un po’
extracomunitario…..
Riprendiamo con i passaggi di grado e qui devo
dire quello che ho detto ai dirigenti della federazione tunisina. “Io non
conosco la realtà tecnica di questo paese abbastanza da permettermi di
giudicare, perciò mi limiterò a far si che il loro esame sia soddisfacente e
impegnativo, ma li promuovo tutti in partenza”. Hanno meditato qualche minuto e
poi mi hanno detto che era ok.
Tre ore e mezza di esami.. e poi torniamo
all’hotel per una doccia. Percorriamo all’inverso il processo dell’andata, taxi,
parcheggio dei bus – colori e chiasso identici – e 350 chilometri di strada.
Unico intermezzo una multa della polizia perché due di noi non avevano le
cinture (…uno ero io…) Arriviamo all’Hotel alle 23,30 e mi sento già stanco al
pensiero che alle 3,30 mi verrà a prendere il taxi per portarmi all’aeroporto.
Senza contare che non si torna a casa, ma procedo direttamente da Roma per
Reggio Calabria dove vado a fare l’angolo a Lenny Bottai, professionista di boxe
al terzo match. Che dire, contraddizioni, pregi e difetti, un mondo curioso
specialmente se vissuto dall’interno come è capitato a me. Comunque credo sia
un’esperienza che tutti noi dovremmo fare, una delle tante che, secondo me,
fanno la cultura dell’uomo. Quella vera.
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