Campionati Euroasiatici a
Yalta: Abbiamo portato 5 atleti e siamo tornati con 3 medaglie.
Niente male come inizio in questa nuova sigla, che si propone di
organizzare nel mondo le Mixed Martial Arts.
Arriva la WMMAF
Di: Ennio Falsoni
(Tratto da www.fikb.it)
Quand’ero un giovane praticante di
karate presso la palestra Jigoro Kano di Milano, noto santuario del
Judo milanese, ebbi la fortuna di trovarmi in un ambiente dove i
judoka a volte si allenavano a tirare calci e pugni e qualche
karateka, come il sottoscritto, che cercava di imparare l’hane goshi
o il de ashi barai.
I judoka avevano nel loro sistema
kodokan lo studio degli atemi o colpi mortali, ma erano ben poca
cosa rispetto ai gyakutsuki o ai geri di Hiroshi Shirai. Migliorando
le mie conoscenze nel karate e cominciando ad insegnare a Bergamo,
nella palestra Alborgomma di Toto Jacobazzi(noto judoka dell’epoca),
mi trovai ad affrontare situazioni in cui, durante i vari jiyu
kumite (o combattimento libero) venivo afferrato da questo o quel
judoka che era entrato nei miei corsi e le conoscenze che avevo
fatto al Jigoro di Milano mi vennero molto utili. Sapere cosa fare
quando cercano di farti un sankaku (strangolamento) o una leva
articolare o ti afferrano per proiettarti al suolo, mi è sempre
stato utilissimo nella mia carriera sportiva a tal punto che
studiai anche Aikido (per i tai sabaki – gli spostamenti circolari)
per un certo tempo. Insomma, a distanza di tanti anni, trovo che per
un serio insegnante di arti marziali, che conosce comunque i limiti
di ciò che sta insegnando, sia fondamentale che allarghi i propri
orizzonti ad altre esperienze, allo studio di altre arti marziali.
Più si studia e più si capisce di non sapere. E’ come quando tenti
di diventare onnisciente, cosa assolutamente impossibile al giorno
d’oggi, spaziando da una materia ad un’altra e capisci di quanto sei
ignorante. Credo che al giorno d’oggi sia ancora così.
Nell’ambito degli sport da
combattimento di cui mi occupo da 43 anni ormai, c’è ancora chi
enfatizza questo tipo di aperture mentali: sono proprio quelli che
praticano le mixed martial arts. Cioè, noi. Quando nel 1977 mi
avvicinai a quella che allora era la World All-Style Karate
Organization di Georg Bruckner (WAKO), la cosa che mi colpì più di
ogni altra fu il constatare che sulla base di un regolamento di gara
abbastanza semplice e di facile fruizione, c’erano praticanti di
kung fu, di karate, di ju jitsu, di taekwondo e di pugilato che si
misuravano lealmente. Ed era un bel vedere. Se il problema delle
arti marziali è la frammentazione, ecco che avevo finalmente trovato
qualcosa che poteva unirle e non dividerle. Allora era il “karate
full contact”, mixed martial arts ante litteram, che poi diventò
kickboxing con tutti i suoi stili. Per quanti non lo sapessero, dirò
anche che atleti come Bill “Superfoot” Wallace, vera icona del full
contact mondiale, quando militava nella famosa PKA (Professional
Karate Association) di Don e Judy Quine, univa alle sue
straordinarie tecniche di calcio e pugno sul ring anche le “ancate”
del judo. Successivamente però tutte le tecniche che proiettavano al
suolo l’avversario furono vietate da successivi regolamenti che
miravano a circoscrivere quel nuovo modo di intendere e praticare il
karate all’uso di tecniche di calcio e pugno. Ma inizialmente no. Io
ero tanto favorevole alla cosa che nel 1979-1980, d’accordo con il
noto maestro della WJJKO Bob Clark (che allora era già in contatto
con Giacomo Spartaco Bertoletti) lanciammo quella che doveva essere
l’unione di kickboxing e Ju Jitsu, ossia la Kick-Jitsu! Ricordo
anche che atleti bergamaschi come Alesandro Ortelli e Roberto
Birolini (allora fullcontactisti di successo), si recarono in un
paio di occasioni a Liverpool, alla convention della WJJKO, per
battersi su di un ring con tecniche di kick-jitsu. La cosa abortì di
lì a poco, ma ci fu qualcuno in Italia, come Patrizio Rizzoli di
Livorno, che invece continuò a crederci e che portò avanti il
discorso, nella FIAM prima e quindi, quando entrammo al CONI, nella
FIKB. Molte furono le manifestazioni promosse sia dai Rizzoli stessi
(Massimo Rizzoli è stato un grande campione anche di shoot boxe) e
da altri che credevano e continuano a credere nella validità di
queste arti marziali miste.
Negli anni recenti, vuoi per la
diffusione del Vale Tudo brasiliano e poi per le sfide milionarie
del Pride nipponico, le Mixed Martial Arts sono esplose, ma in
maniera anarchica e, soprattutto, sono state associate a immagini di
grande violenza soprattutto perché legate alla diffusione, in tempi
più recenti, della UFC americana e all’uso della “cage” – gabbia -,
per la disputa degli incontri di “free fight”. Per una sorta di
corsi e ricorsi storici, di fato o di semplice coincidenza, dal 2006
i partner fondamentali della WAKO negli USA sono proprio coloro che
guidano le sorti della MMA dilettantistica, la Kick International di
Frank Babcock divenuta rappresentante ufficiale della WAKO appunto.
Negli USA, da cui sono tornato da poco, vi sono oltre 100
manifestazioni all’anno in cui le MMA e la kickboxing vengono
promosse insieme dinnanzi a migliaia di spettatori. Nel luglio del
prossimo anno, abbiamo in programma di organizzare a Las Vegas, in
un grande Casinò, una mega manifestazione di MMA e kickboxing, tanto
per fare un altro esempio di sinergia. Tra l’altro, proprio gli
americani mi hanno chiesto ufficialmente che aprissi, in seno alla
WAKO, un settore dedito alle MMA, ma ho dovuto rifiutare perché
tale proposta mi è giunta dopo che già avevamo presentato ufficiale
domanda di riconoscimento al Comitato Olimpico Internazionale ed era
logico quindi desistere per evitare disguidi. Abbiamo così pensato
di creare un’organizzazione a parte, che si chiama appunto World
Mixed Martial Arts Federation che da poco ha preso il posto della
World Kick Jitsu federation che avevamo creato prima di entrare al
CONI insieme all’ucraino Andrei Chistov, che ne è ancora il
presidente. WAKO e WMMAF lavorano a braccetto e insieme si
completano. La prova di questa cooperazione è venuta pochi giorni
fa, perché a Yalta, nello stesso albergo che nel 2003 organizzammo
un’edizione dei Mondiali WAKO di Low-Kick, si sono tenuti i
Campionati Eurasiatici della WMMAF cui la nazionale italiana FIKB
ha partecipato con 5 atleti: Marco Santi, Alberto Mesar e Fabio
Ambrosini (shoot boxe), Armando Ciccarella e Emiliano D’Alessio (kick-jitsu).La
squadra era guidata da Patrizio Rizzoli, coordinatore del settore
in FIKB, che ha trovato in Boris Viale un’ottima spalla, e
dall’arbitro Daniel Marsiglia.
L’esperienza è stata oltremodo
positiva. Un centinaio gli atleti ai nastri di partenza, con atleti
provenienti per lo più dai paesi dell’est, russi, ucraini, armeni,
azerbaijani e bulgari in testa. Dell’Occidente, per così dire,
c’erano solo gli italiani in questa edizione 2008. Ma ci siamo fatti
valere. Il Campionato, con formula ad eliminazione diretta, era
sulla distanza di 3 riprese di 3 minuti e devo dire che un tempo di
gara molto impegnativo che alla lunga ha messo in risalto gli atleti
non solo più tecnici, ma soprattutto con grande fondo atletico.
Degli italiani, Ciccarella (che ha anche un passato da free
fighter), avrebbe meritato l’oro nella sua categoria per continuità
d’azione e pulizia tecnica, purtroppo però è incappato nel solito
verdetto partigiano di un giudice ucraino e ha dovuto accontentarsi
dell’argento. D’Alessio invece, dopo aver raggiunto la finale con
grande autorità e tecnica spigliata, ha dovuto inchinarsi al russo
Oleg Beshak che lo ha battuto nettamente. Nella Shoot, Marco Santi
di Prato , dopo esser partito bene, è incappato in un destro
d’incontro dell’ucraino Bondarchuk. Caduto al tappeto, d’istinto si
è alzato ma è barcollato. In pratica, non si è dato il tempo di
recuperare, gli è mancata la lucidità per stare tranquillo qualche
secondo a terra e quindi a riportarsi in posizione eretta. E’
intervenuto allora il medico di servizio e non lo ha giustamente
fatto continuare. Alberto Mesar ha avuto la sfortuna di
incontrare al primo turno quello che sarà poi il vincitore nella sua
categoria, il russo Vadim Klimenko, atleta largo di torace e dalle
gambe possenti che lo ha sovrastato sul piano prettamente fisico e
lo ha messo fuori. Ha invece raggiunto il bronzo il piemontese Fabio
Ambrosini, allievo di Boris che ha vinto in 40 secondi col russo
Galyev nei quarti piazzando una bella leva articolare al braccio
destro, ma perdendo poi ai punti contro il forte russo della Cecenia
Ruslan Gambetov.
Visto il successo di questa edizione,
gli ucraini vogliono organizzare un altro torneo internazionale a
maggio 2009, ma sto progettando di convincere gli americani ad
ospitare il primo Mondiale della WMMAF proprio a Las Vegas nel
luglio del prossimo anno. Che ci riesca? Staremo ovviamente a
vedere. Intanto godiamoci questo successo. |