|
DOPO I 1050 ATLETI A ZARA (Mondiali cadetti-Juniores) I 560 ATLETI DEGLI EUROPEI DI LISBONA, ECCO I 503 DELL’EUROPEO DI SCOPJE (Macedonia). IN UN DIFFICILISSIMO TORNEO DOMINATO DAGLI ATLETI DELL’EUROPA DELL’EST, BRILLANO PLAZZOLI E MARCEDDU. IN TOTALE SONO 11 LE MEDAGLIE PER L’ITALIA… CHE SI ATTESTA AL 6° POSTO NEL MEDAGLIERE ASSOLUTO, TRA LE 35 NAZIONI PRESENTI. OTTIMA ORGANIZZAZIONE ED ECCELLENTE QUALITA’ TECNICA DEI TORNEI, HANNO CARATTERIZZATO L’ULTIMA MANIFESTAZIONE IN ORDINE DI TEMPO DELLA WAKO. CE NE PARLA AUTOREVOLMENTE IL SUO PRESIDENTE ENNIO FALSONI.EUROPEI DI SCOPJEDi: Ennio Falsoni
Non credo nella cabala, non sono superstizioso, non credo negli astri. Ma di fronte a quanto successo a Skopje, in Macedonia, in occasione dell’ultima edizione degli Europei Wako di light contact, low-kick e thai-kick, devo forse ricredermi.
Ben 35 gli atleti che componevano la nostra spedizione, guidati dai tecnici Federico Milani e Silvano Cosentino nel light, Giorgio Iannelli e Claudio Alberton nella thai-kick e da Massimo Rizzoli e Riccardo Bergamini nella low-kick. Ma le nostre forze si erano letteralmente schiantate contro quell’autentico muro che è rappresentato dagli atleti dell’est europeo: russi, bielorussi , serbi e azerbaijani in testa.
Molti dei nostri atleti erano stati anche sfortunati con i sorteggi, finendo proprio, in alcuni casi, al primo turno contro i favoriti del torneo.
Come nel caso dell’abruzzese Stefano Paone, allievo di Riccardo Bergamini, che si era trovato di fronte al russo Ibragim Tamazaev all’esordio, quello stesso Tamazaev, daghestano, forte come un toro, che al Palalido di Milano lo scorso 2 luglio aveva annichilito un campione vero come il torinese Roberto Cocco, campione del mondo wako-pro nei 78 chili!
Stefano è stato davvero bravo, mettendo persino in difficoltà il russo, specie nella seconda ripresa, con il calcio frontale. Ma questo Tamazaev è un vero tank, un rullo compressore che ha una condizione fisica eccezionale, tecniche invidiabili sia di pugno che di calcio, e che anziché diminuire la sua pressione con l’aumentare delle riprese, riesce invece ad alzarne persino il livello.
Un vero diesel. Insomma Paone, pur facendo molto bene, pur con l’onore delle armi, ha perduto.
E così è stato per Umberto Lucci, di Roma, che dopo aver vinto il primo match contro lo svizzero Remo Probst, ha perso di misura contro il serbo Dejan Milosavljevic con un verdetto discutibile.
Il torinese Andrea Molon (che a detta di molti, contro il croato Goran Mimica aveva addirittura vinto, ma dello stesso avviso non sono stati 2 giudici su 3).
O della romana Rita De Angelis, che ha pescato la russa Maria Krivoshapkina al primo turno, perdendoci sempre per 2-1, poi vincitrice del torneo nei 52 chili) e tanti altri.
Insomma, sembravamo perseguitati dalla sfortuna, e si preannunciava una disfatta per l’Italia, che invece si era ben preparata. Ed ecco allora che nel terzo giorno, quando il morale sembrava ormai sotto i tacchi, avviene la riscossa.
A guidarla, appunto, due trentenni, entrambi del segno del leone, essendo nati nel mese di agosto, la bergamasca Barbara Plazzoli e il sardo-piemontese, trapiantato ormai a Firenze dove insegna e opera, Gianpietro Marceddu. I due non sono nuovi a imprese del genere.
Barbara è da molti anni ormai una delle punte di diamante del nostro movimento femminile. Ha vinto tutto quello che si può umanamente vincere in una carriera sportiva nei 56 chili : da titoli italiani di light, full e kick, a titoli europei e mondiali, sia Wako che Wako-Pro. Nel 2001 Barbara fu l’unica medaglia d’oro ai Mondiali Wako di full contact che sai svolsero a Belgrado, per esempio. E da lì, poi, anche per trovare nuove motivazioni , passò alla low-kick. Il passaggio non fu breve né indolore.
Le mancavano gli automatismi in questa nuova disciplina. Ricordo i timidi bloccaggi che effettuava, non si trovava bene con la distanza, insomma le logiche difficoltà di chi passa da una disciplina a un’altra. Nei nostri sport, anche l’uso diverso di una singola tecnica, riesce a metterti completamente in crisi i primi tempi. Era il suo caso.
Ma poco a poco eco che trova il senso della distanza sui colpi, i bloccaggi sui calci in linea bassa diventano automatici, insomma diventa una vera atleta di low-kick. Il resto è già nel suo dna: la grinta, la caparbietà, il cuore fanno parte della sua personalità. E di grinta e cuore ce ne ha messo davvero tanto Barbara anche a Skopje.
Qui gareggiava però in una categoria nuova per lei, nei 60 chili, dove trovava regolarmente atlete più alte e grosse di lei. Il match con la russa Fatima Bokova, in semifinale, è stato da cardiopalma. Avevamo sempre subito i russi, temevo che la cosa si ripetesse. Invece ben guidata dall’angolo, Barbara è stata entusiasmante. Partita un po’ contratta, si è via via sciolta, sfoderando i suoi colpi di rimessa, il suo fraseggio pugilistico, i calci bassi. Ha vinto la seconda e dominato la terza ripresa. Il verdetto è stato a suo favore, all’unanimità. Eravamo in finale.
Qui giunta, ha trovato ad aspettarla la serba di Belgrado Miljanka Cenic, una bella ragazza, più alta di lei, un’avversaria di tutto rispetto. Ma inutile dire che, battuta la russa, lo scoglio più duro, ero veramente fiducioso. Barbara, che conosceva l’avversaria, è partita piano.
Sembrava quasi che non le volesse fare male, che la rispettasse troppo. Sollecitata però dall’angolo a pigiare sull’acceleratore, ha messo in difficoltà l’avversaria che è finita col naso sanguinante. L’oro, ancora una volta, era arrivato con giudizio unanime. Un vero trionfo!
Gianpietro Marceddu è un veterano anche lui. Pesando però solo 51 chili, ha sempre avuto difficoltà a trovare match in quel peso, e così, con grande eclettismo, ha vinto titoli a iosa sia nel full contact, che nella kick e infine nella thai, la sua ultima e definitiva scelta.
Campione d’europa in carica nella wako-pro, Marceddu ha fatto parte ormai anche di due trasferte in Thailandia con la nazionale di Muay Thai dove ha perduto sempre e solo con gli atleti tailandesi che regolarmente poi vincevano il torneo. Nel corso degli anni, Gianpietro, sposatosi da poco con la bella Francesca Coli che non lo lascia mai nelle sue trasferte, si è rafforzato soprattutto psicologicamente, che nel ring è uno degli aspetti che contano maggiormente. In finale, contro il bielorusso Siahrei Skiba, ha compiuto un autentico capolavoro.
Pensate che gli atleti bielorussi, dopo i Tailandesi, nella Muay Thai sono quelli più temibili, quelli col maggior numero di match alle spalle. Questo Skiba che Marceddu affrontava, aveva un record di 80 match, quasi tutti vinti. C’erano delle speranze relative prima dell’incontro di finale.
Skiba sembrava fisicamente il doppio di Marceddu, che è davvero basso in rapporto a tutti i suoi avversari dello stesso peso. Ma una volta partito l’incontro, ecco che Marceddu appare autoritario, sicuro di sé , addirittura spavaldo, come non l’avevo mai visto. Blocca con grande perizia sia gli attacchi in linea bassa che quelli al volto con irrisoria facilità, replica colpo su colpo, in clinch, dove solitamente i bielorussi (come i tailandesi) sono fortissimi, è lui che proietta l’avversario al suolo.
Mi si apre il cuore a vederlo in quel modo, così pimpante, così in palla. La sua azione è ritmata, trova sempre la soluzione giusta, è efficace persino di pugno. Insomma, vince dominando tra la gioia di tutta la squadra e quella dei suoi tecnici all’angolo. Finalmente un oro anche nella thai-kick dopo tante bastonate! Splendido Marceddu!
E’ chiaro che due vittorie simili in un campionato tremendo per numero e qualità di atleti presenti, fa passare in secondo piano le pur importanti prestazioni di tutti gli altri atleti.
E sarebbe scorretto sminuire il valore degli argenti di Mimma Mandolini, nei 65 chili di low-kick,
o quello di Mattia Bezzon negli 89 chili di light contact. Anch’essi hanno veramente dato il massimo, solo che una volta arrivati in finale, hanno trovato atleti più forti e tecnicamente meglio attrezzati di loro, e hanno perduto.
Mimma, già oro ai Mondiali di Agadir del 2005 nei 65 chili, aveva impressionato contro la serba Mjla Djukanovic in semifinale. Ma a Skopje ha trovato la russa Vera Adveedeva che la sovrastava di almeno 20 centimetri e che aveva fondamentali di pugilato degni di un uomo.
Il diretto sinistro dell’avversaria era implacabile e l’ha messa in crisi tanto che alla fine dell’incontro, il suo stesso insegnante, Riccardo Bergamini, mi ha detto :” E’ andata nel pallone. Non ci ha capito più niente”.
Mattia Bezzon , allievo del padre Lorenzo, è stato il miglior atleta italiano di light contact in questa spedizione macedone.
Pensate che per arrivare in finale, aveva battuto al primo turno lo slovacco Mical Sedlacek, quindi al secondo l’austriaco Gerdenitsch Patrick. In semifinale il croato Berislav Budisvak e infine si è scontrato con l’inglese di colore Gavin Williamson. Mattia ha un buon calcio frontale e ottima impostazione pugilistica, buona condizione atletica, ma non è in possesso di grande flessibilità che gli permetta di calciare con più facilità. Muovendosi bene però sulla materassina, finchè è riuscito a mettere in difficoltà gli avversari col suo pressing e col lavoro alla corta distanza, ha prevalso.
Quando ha trovato un atleta superiore a lui soprattutto sul piano della condizione fisica, ha perduto. Ma è stato davvero bravo lo stesso.
Ben 7 le nostre medaglie di bronzo comunque, molti di loro a un passo dal bronzo, e sono state : Cristian Lubrano (+94 chili,light), Adriana Tricoci(-55, light), Maria Antonietta Lovicu (60, light), Annalisa Ghilardi (-70,light), Andrea Molon (-54, thai-kick), Michele Iezzi (-63, thai-kick), Donatella Panu (-60, thai-kcik).
Va allora detto che i 2 ori , i 2 argenti di cui abbiamo parlato e i 7 bronzi , hanno proiettato l’Italia al sesto posto assoluto per nazioni su ben 32 nazioni presenti (che avevano portato 503 atleti a Skopje) , dietro a Russia (largamente prima), Serbia, Bielorussia, Ungheria e Croazia nell’ordine .
I campionati, promossi dalla federazione Macedone presieduta da Ljupco Nedelkovski, sono stati ottimamente organizzati col contributo del Comitato Olimpico nazionale e soprattutto grazie agli aiuti economici del Governo, presieduto dal giovanissimo Nikola Gruevski (ha solo 34 anni) che mi ha ricevuto nel suo studio ed è poi intervenuto alla cerimonia d’apertura dei campionati.
Va infine segnalato che la Macedonia si è dimostrata un piccolo paese ma dal grande cuore e dove l’impossibile può diventare possibile. Pensate che ben 9 persone della nostra delegazione si sono presentate al check-in di 4 compagnie diverse (gli aerei che collegano l’Italia a Skopje sono piccoli e non ci contenevano tutti insieme), senza il necessario passaporto. Sarebbero tutte dovute tornare a casa . Ebbene, grazie allo speciale intervento delle autorità di quel paese, i nostri 9 pollastroni sono riusciti lo stesso ad arrivare in Macedonia e a godersi i campionati! C’era da gridare al miracolo!Qualcosa di veramente speciale da ricordare per sempre.
|