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L'ultimo atleta universale

Tra gli ultimi grandi eroi universali del nostro sport

di Ennio Falsoni

Parlare di Don “The Dragon” Wilson mi è facile, perché è forse l’atleta, il personaggio, che ho frequentato di più nel corso degli ultimi dieci anni. E’ diventato un amico, col quale ho parlato per giorni interi mentre eravamo a Kazan (Russia), o a Bishkek (Kyrgyzstan), o a Alma Ata (Kazakhstan). A Kiev o a Dniepopetrovsk(Ucraina), in Italia – dove è stato mio ospite molte volte-, in Orlando (Florida), a Francoforte piuttosto che a Foxwoods Casino (Connecticut). Di lui so tutto, o quasi, e potrei parlarvene per ore.

E’ un ragazzo fantastico, da ogni punto di vista. Di bel aspetto, alto e longilineo, con una faccia mezza giapponese e mezza americana, folti capelli neri nonostante i suoi cinquant’anni ormai (che invidia, per noi che siamo ormai un po’ spelacchiati), Don è una delle persone più estroverse che io abbia mai conosciuto, un gran chiacchierone, un eccellente atleta e un grande “viveur”.

Ci siamo veramente divertiti ovunque siamo stati. Ma non è certamente per questo che egli merita un posto di primo piano in questa parte della storia della nostra disciplina.

Se Bill “Superfoot” Wallace è stato l’icona del “full contact” americano e mondiale; se Benny “The Jet” Urquidez è stato l’eroe occidentale che ha lanciato la “kick” tra noi; Don “The Dragon” Wilson è certamente stato colui che, scomparsi sia l’uno che l’altro dalle scene agonistiche, ha saputo meglio interpretare tutti gli aspetti del nostro mondo perché ha combattuto in ogni angolo del pianeta, si è cimentato in quasi tutte le discipline da combattimento , dal “point” – come tutti coloro che vengono dalle arti marziali americane dal 1970 al 1990-, al full contact, alla low-kick, alla Thai.

Ha combattuto contro i più grandi atleti che hanno calcato le scene negli ultimi 20 anni, battendoli tutti!

Nato nel 1954 da padre americano e madre giapponese, Don ha cominciato a praticare Karate Goju-Ryu con un altro amico, l’americano Chuck Merriman, a New London, nel Connecticut. Trasferitosi poi clon la famiglia a Cocoa Beach in Florida, Don cominciò a praticare Pai-Lum Kung fu con suo fratello. Ed è per questo che si inventò il nick-name di “The Dragon” quando cominciò a vincere nei tornei Open di karate all’americana.

Grande sportivo ( al college aveva praticato football americano , lotta e judo) ,cominciò giovanissimo a cimentarsi sul ring, a partire dal 1975. Nel settembre del 1979, la svolta: battendo per k.o. alla settima ripresa Jimmy Horseley ( incontro trasmesso da ESPN per la prima volta, e sotto l’egida della PKA) divenne campione americano nei medio-leggeri. Quindi nel 1980, mise k.o. nelle seconda ripresa Andy White e divenne campione del mondo per la WKA (low-kick).

Raccontare tutta la sua carriera, significherebbe parlare di 20 anni di attività che in pratica non si è mai chiusa, perché se Don “The Dragon” Wilson avesse la possibilità di battersi ancora oggi (2005!), in qualunque disciplina del ring ( ammesso che ci siano i soldi giusti, come direbbe lui), sono sicuro che lui sarebbe pronto a ricalcare il quadrato.

La sua carriera , non solo è la più longeva che io conosca, ma infarcita di scalpi eccellenti. Dicevo che ha battuto tutti i più grandi e noti atleti allora in circolazione. Basterà qualche nome: da Jean-Yves Theriault a Dennis Alexio; da Demetrius Edwards a Ferdinand Mack, al tailandese Panya Sornnoi e tantissimi altri. Insomma , sarebbe veramente troppo lungo citarli tutti.

Ma lui ha combattuto di full, di kick, di thai, dagli USA a Hong Kong, dall’Europa alla Tailandia, insomma ovunque “ci fossero i soldi giusti” e contro chiunque. E sempre, o quasi, egli usciva vincitore da ogni situazione. Come faceva? Usando il cervello, usando la sua grande esperienza, e basandosi sulla sua proverbiale efficacia di pugno. I suoi calci non avevano nulla della bellezza, della velocità e potenza di Bill “Superfoot” Wallace o della plasticità di Benny “The Jet” Urquidez. Ma Don aveva una potenza davvero rara nel destro, unita a doti di incassaggio non comuni ,una precisione e a una scelta di tempo proverbiali. Insomma, poco appariscente, ma un atleta completo come ce ne sono stati pochi, un uomo che sul ring sapeva mettersi in guardia destra come in guardia sinistra a seconda delle necessità. Un atleta che aveva nella sua faretra molte frecce, e sempre molto acuminate. Insomma un atleta, come non ce ne saranno più molti. Un atleta che ci mancherà.

A dimostrazione poi della sua intelligenza e della sua versatilità,va ricordato che a partire dall’inizio degli anni 90 Don alternava la sua attività agonistica con quella cinematografica. E’ diventato un attore di Hollywood. Certo, un attore di film d’azione, di low-budget films, ma pur sempre un attore che sul set , interpretando parti di buono e cattivo, utilizza tecniche di kickboxing per perpetuare il suo mito. Come attore, Don mi piace francamente meno del Don atleta e uomo che ho conosciuto. Ma per lui è “ un buon mestiere”, un modo per fare soldi “facilmente” , per divertirsi e continuare a divertirci. Come lui mi ha detto, Hollywood è poi un grande “candy shop”: che volere di più?


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