UN AMICO RITROVATO..? NIENTE DI PIU’ NORMALE! MA QUANDO A
RACCONTARE L’ESPERIENZA VISSUTA, E’ UNO DEI PERSONAGGI TRA I PIU’
IMPORTANTI E SIGNIFICATIVI NEL PANORAMA MONDIALE DELLA KICK BOXING… E QUANDO L’AMICO
E’ UNO DI ALTRETTANTA LEVATURA E POTENZIALITA’… (inizialmente tra i suoi
primi collaboratori e poi tra i suoi più validi concorrenti internazionali…)
QUELLO CHE VIENE FUORI DALL’INCONTRO (e dalle spiegazioni scaturitene) E’
ESATTAMENTE UN PEZZO DI STORIA DELLE NOSTRE DISCIPLINE E CHE RIVELA PERSINO DEI
RISVOLTI INEDITI E SCONOSCIUTI AI PIU’!
W.A.K.O.
UN PEZZO DELLA NOSTRA STORIA
(RITRATTO DI GEERT LEMMENS, L’AVANGUARDISTA)
Di: Ennio Falsoni (da www.fikb.it)
Frequenti
persone per anni e a un certo punto non le comprendi più, non condividi le
stesse scelte, non ci si capisce più, non ci si parla più. Succede tra moglie
e marito, figurati se non succede tra amici. E’ quello che è successo a me
con Geert Lemmens, un amico karateka come me allora, con cui ho condiviso aspre
battaglie sul tatami e poi la prima parte del mio percorso nella WAKO a cavallo
tra gli anni 70 e 80. Poi, improvvisamente, il nulla, il gelo, il silenzio tra
noi per più di 17 anni! Finché una sua decisione , quella di lasciare la guida
della IAKSA due anni or sono , sigla concorrente della WAKO sul piano
internazionale, mi ha convinto della necessità che tra noi ci fosse una
spiegazione franca sul passato che prima ci aveva visto insieme e poi divisi, su
sponde opposte addirittura. E la spiegazione è avvenuta, franca, leale, a casa
mia, sul Lago di Garda, nella quiete di un campo di golf. E oggi Geert è un
amico ritrovato e sarà nuovamente al mio fianco per le prossime battaglie.
L’avevo conosciuto agli
Europei UEK del 1971, nella manifestazione che vide il mio debutto nella
nazionale FIK dell’Avv. Ceracchini dopo che Hiroshi Shirai ci aveva
praticamente lasciato al nostro destino quando l’AIK entrò nella FIK. Geert,
nato in Belgio in un villaggio vicino ad Anversa nel 1945, era il capitano della
nazionale belga e io di quella italiana. Mi è rimasta impressa nella mente la
sua prestazione di allora, perché in finale contro il famoso francese di
origini vietnamite Roger Paschy, gli rubarono letteralmente l’incontro.
Lemmens era esattamente il contrario dello spavaldo Paschy. Era tranquillissimo,
sempre, rilassato, forse anche perché conscio della sua grande tecnica. Era
dotato di un timing magico, che lo portava a compiere evoluzioni molto
spettacolari. Mandò Paschy a gambe all’aria con grande disinvoltura in un
paio di occasioni, subì diretti al volto da squalifica (uno gli ruppe anche un
incisivo che già aveva finti) ma non fece mai una piega. Finché, dopo che gli
negarono innumerevoli vantaggi, lo decretarono perdente. Scossi la testa, era un
vero scandalo, ma così andavano le cose nel mondo arbitrale del karate di
allora.
Lo
avvicinai per complimentarmi e rincuorarlo. Diventammo amici.
All’epoca era un broker
assicurativo, come suo padre, con la passione del karate che insegnava in un
piccolo dojo. Era anche sposato e con due marmocchi. Ma qualcosa non funzionò
più nel matrimonio di Geert, anche perché conobbe Vera, la sua nuove moglie. I
genitori erano contrari a quella relazione e quando gli imposero di troncarla o
di andarsene, egli preferì piantare baracca e burattini e trasferirsi in
Germania. Finì ad Amburgo dove grazie alla sua fama di karateka, un importante
club gli aveva fatto un contratto assumendolo come istruttore. In Germania, nel
1973, viene avvicinato dal berlinese Georg Bruckner (allora praticante di Ju
Jitsu e di taekwondo – Mike Anderson ha sempre detto che Georg è stato un suo
allievo in Germania!) con cui divenne amico. In verità, finì che Bruckner
sfruttò le conoscenze di Geert in campo nazionale e internazionale per mettere
in piedi una sua idea,
la World Martial
Arts Association. Oganizzarono un primo torneo “open” – all’americana -
ad Amburgo nel 1973 e successivamente un altro nel 1975, nella famosa
Deutschlandhalle di Berlino, come prova di qualificazione per la formazione
della squadra europea che l’anno successivo si battè contro quella americana
di Joe Lewis , Bill Wallace, Jeff Smith, Ramiro Guzman e Dominique Valera
(chissà come mai un francese nella squadra americana!) a Parigi, in una storica
manifestazione patrocinata dalla mitica rivista “Karate” di François
Neuillac.
Nel 1976,
la WMAA
vide la luce, con Mike Anderson, G.Goetz (maestro di Van Damme), Georg Bruckner
, Jan Stocker e Geert Lemmens tra i fondatori. Ma ben presto, scoprirono che il
nome era troppo generico, visto che lo scopo era promuovere la nuova moda
proveniente dagli States, ossia il “karate full contact”. Così il nome
cambiò, a partire dal
1977, in
Wold All-styles Karate Organizations – WAKO - che tenne i suoi primi
campionati del mondo, sempre nella Deutschlandhalle di Berlino, nel 1978.
Nel 1977 fu proprio grazie all’appoggio
di Geert Lemmens, che Bruckner e soci mi concessero di rappresentare
la WAKO
in Italia (a concorrere per quella rappresentanza c’erano due altri gruppi:
quello di Gianni Bellettini da una parte, e quello formato dal trio Pierluigi
Aschieri, Dario Gamba e Enrico Pierotti dall’altro).
Inutile forse dire, che da
quel giorno la mia vita non fu più la stessa.
Geert Lemmens divenne dunque ,
facendo parte del direttivo della WAKO da sempre, una frequentazione abituale.
Ci si vedeva per stage di formazione o di promozione, alle manifestazioni, agli
incontri del direttivo, insomma diventammo molto amici. A tal punto che quando
Bruckner, nella sua follia, decise di formare una nuova organizzazione
chiamandola ancora WAKO nel 1985, dopo che nel frattempo io ne ero diventato il
nuovo presidente nel 1984, Geert non ebbe dubbi su con chi stare: dalla mia
parte e nella mia WAKO.
Abbiamo
combattuto per l’affermazione della nostra organizzazione contro quella di
Bruckner per due anni, finché il vecchio Georg, già forse minato dal suo male
incurabile, alzò bandiera bianca e mi chiese di riunificare le nostre forze.
Avvenne a Monaco nel Mondiale del 1987 all’Olympiahalle. In qualità di
presidente, pensai che non ci sarebbe stato futuro con l’esistenza di due
organizzazioni dallo stesso nome. Era logico che la cosa migliore da farsi, era
riunire le forze e cancellare l’organizzazione gemella. Cosa che puntualmente
feci, così come puntualmente avvenne quello che mai avrei immaginato potesse
succedere: che Geert Lemmens, insieme all’austriaco Peter Land e al
cino-inglese Jeremy Yau decidessero di non accettare la riunificazione e quindi
di rimettersi contro Georg Buckner (tale era l’astio che li divideva) e di
aprire anzi una nuova sigla da opporre proprio alla neo-ricostituita WAKO.
Fu così che nacque
la IAKSA
, con grande felicità di Gianni Bellettini, organizzazione che ha visto l’apogeo
cinque o sei anni or sono, ma che da allora ha cominciato un rapido declino.
Io stesso andai ai loro
mondiali che si svolsero a Orlando (Florida) nell’agosto del 2003, dove in una
struttura desolata e spoglia, trovai 230 atleti ( tra bambini, juniores e
adulti) in rappresentanza di 17 paesi, sì, ma che paesi!
Nello stesso anno rividi Geert
a Zurigo, in occasione di un meeting che il GAISF, l’organismo internazionale
al quale sia
la WAKO
che
la IAKSA
, unitamente alla WKA, ci eravamo rivolti per avere il loro riconoscimento.
Successivamente ci rivedemmo a Bruxelles in un incontro a tre, dove si discusse
sulla velata possibilità di unire le forze delle tre sigle internazionali, cosa
che non potrà mai succedere. Visto che era impossibile riunire questi tre
organismi, visto che
la WAKO
era fermamente decisa di continuare da sola la corsa del riconoscimento,
avendone tutti i requisiti previsti dallo Statuto del GAISF, a IAKSA e WKA non
è rimasto altro che tentare di fare fronte comune contro di me. Ma è stata
proprio questa scelta che ha convinto Geert Lemmens a non proseguire oltre nella
sua battaglia.
“Ero stanco della
situazione e soprattutto avevo capito che non avremmo potuto andare molto
lontano. La Iaksa – ha continuato Geert - è stata purtroppo, poco a poco,
dominata e condizionata da un gruppo di leader austriaci che dapprima hanno
soppiantato completamente Peter Land , estromettendolo da ogni carica, poi hanno
via via esteso il proprio condizionamento su arbitri e giudici e consiglieri . A
tal punto che, nonostante io ne fossi ancora il presidente, non avevo più voce
in capitolo. Ero contrario all’intesa con
la WKA
e loro l’hanno portata avanti lo stesso. A quel punto, ho capito di dover
farmi da parte.”
Ma
perché hai lasciato via libera a quel gruppo di austriaci?, gli ho chiesto a un
certo punto.
“Vedi,
la IAKSA
non è mai stata per me alcuna fonte di guadagno. Dovevo sempre pagarmi tutto,
dalle trasferte al resto. Non circolano soldi in IAKSA e dovevo sempre perdere
un sacco di tempo. Un conto è avere almeno la consolazione di vedere affermate
le tue idee e la tua visione delle cose, un conto è non avere alcuna
soddisfazione . Sto invecchiando. Non mi interessa più lavorare in quel modo.”
Ma perché ti sei messo contro
di me allora, e senza una spiegazione?
“Perché tu avevi scelto
Georg Bruckner . E siccome tra me e Bruckner all’epoca c’era già una
battaglia legale in corso, che mi è costata lacrime e sangue, non avrei mai
potuto riavere rapporti con lui. Quando hai deciso la riunificazione, è come se
tu mi avessi tagliato fuori:”
Ma io non sapevo tutto questo,
ribadii. Io pensavo di fare la cosa migliore per tutta la nostra organizzazione.
“Certo, lo immagino –mi
ha risposto Geert-. Io lo sapevo, ma sapevo anche che tu non potevi poi tornare
più indietro per il bene della WAKO. Ho così preferito tentare di creare
qualcosa di mio, ma col risultato che conosciamo. L’unico rammarico è che non
avremmo entrambi potuto fare altrimenti. Abbiamo comunque migliorato la
situazione della kickboxing mondiale. 17 anni non sono passati invano. “
Ci guardiamo negli occhi e ci
stringiamo forte la mano. E’ bello ritrovare un vecchio amico!
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