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Sport da combattimento

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Roberto Villani, docente di discipline di combattimento all'università di Cassino e responsabile del Centro studi e ricerche sport di combattimento, partecipa con un proprio intervento al forum sulle Arti Marziali e Sport da Combattimento, tenutosi a Milano sabato 21 ottobre. Ci invia adesso il suo interessante contributo apportatovi, per renderlo noto ai nostri lettori attraverso la sua pubblicazione.

Promuovere progetti di didattica e ricerca

(sui vari aspetti degli sport di combattimento in ambito Universitario, incentivando la collaborazione tra gli Atenei, gli Enti di promozione, le Federazioni)

Di: Dott. Roberto Villani
Centro studi e ricerche sport di combattimento – CSEN

Oggi più che mai, la formazione universitaria e la ricerca scientifica sono divenuti aspetti fondamentali per promuovere la crescita culturale e l’espansione sociale nei vari settori del sapere.

Purtroppo, nelle nostre Università gli sport di combattimento non hanno mai goduto di grande attenzione.

Nei vecchi ISEF e nelle attuali Facoltà di Scienze Motorie, sono state realizzate sporadiche esperienze ed alcuni progetti universitari sulle Arti marziali, ma questi progetti hanno sempre avuto una durata limitata ed il più delle volte, non sono stati pubblicizzati, ne valorizzati.

Infatti in Italia, differentemente da altre discipline sportive come gli sport natatori, i giochi sportivi e gli sport individuali (atletica, ginnastica) i combat sport non sono inseriti stabilmente nel curricolo di studi “di base” del laureato in scienze motorie e nei pochi atenei in cui hanno fatto il loro ingresso, hanno avuto sempre un ruolo di nicchia.

Anche oggi, le università in cui vengono attivati corsi attinenti ai combat sport, sono relativamente poche (Milano, Bologna, L’Aquila, Roma, Cassino…) e la maggior parte di questi corsi non sono collegati tra loro e non hanno programmi in comune, hanno una durata limitata e si riferiscono a singole discipline, generalmente di tipo “classico” (Judo, karate).

La nostra esperienza a Cassino è stata forse la prima iniziativa nata in Italia riguardante le discipline di combattimento considerate in modo integrato, ovvero come forme di sport dalle caratteristiche comuni.

Per  avviare questo progetto, abbiamo dovuto aggirare diversi ostacoli e risolvere vari problemi.

Il primo problema era legato al limitato numero di ore disponibili per la formazione degli studenti. Tutti noi sappiamo che in tutti gli sport di combattimento, la formazione necessaria per avere una conoscenza di base delle discipline è piuttosto lunga ed infinitamente più lungo, è il tempo che occorre per poter formare un quadro tecnico.

Per poter dare agli studenti dell’Università di Cassino una conoscenza di base di tutti i combat sport, rilasciandogli nel contempo un brevetto spendibile nel mondo del lavoro, abbiamo perciò puntato su un corso riguardante la preparazione fisica degli sport di combattimento, intesi in senso generale.

Questa scelta si è dimostrata vincente; i corsi vanno avanti ormai da sei anni e sempre più studenti li inseriscono nel loro piano di studi accademico.

Un altro grosso problema che abbiamo riscontrato, per la verità non ancora del tutto risolto, è stata l’eccessiva difficoltà di trovare delle forme di collaborazione con le varie federazioni che trattano le nostre discipline.

Infatti, nonostante l’incredibile numero di enti e federazioni che organizzano attività legate ai combat sport, ben pochi sono stati i dirigenti ed i tecnici che hanno mostrato entusiasmo nel ricercare un contatto con l’università, per avviare iniziative comuni di didattica e ricerca, indispensabili per promuovere una crescita culturale nel settore.

Questa sorta di diffidenza tra sport di combattimento ed università, ha per la verità caratteristiche di reciprocità.

Lavorando nell’ambiente universitario ci siamo infatti resi conto dell’esistenza di una miriade di preconcetti dovuti alle scarse conoscenze relative alle nostre discipline.

Le arti marziali ed i combat sport, in una parte del mondo accademico, sono ancora visti con sospetto e diffidenza.

Spesso vengono giudicate discipline violente o “praticate da violenti” e talvolta vengono anche bollate come attività relativamente poco scientifiche, basate su usanze e tradizioni che poco hanno a vedere con la moderna metodologia dell’allenamento.

Il nostro gruppo crede fortemente nella necessità di “sdoganare” i nostri sport in ambito universitario, per superare l’isolamento nel quale spesso si trovano le nostre federazioni, ma per fare ciò è necessario impegnarsi per entrare in rete e “fare sistema” con tutte le realtà sociali e politiche: Scuole, Atenei, Enti Locali, Cooperative Sociali ecc.

Troppo spesso alcuni di noi hanno preferito la chiusura al confronto, la gestione del “piccolo orticello” all’apertura verso l’esterno. E le lotte tra le varie federazioni e tra le diverse discipline, non hanno facilitato il compito.

Come praticanti ed appassionati di combat sport faremmo meglio a sentirci parte di uno stesso “mondo” e di uno stesso progetto.  A tal proposito, uno dei contrasti maggiori lo viviamo tra i praticanti di arti marziali “tradizionali” e praticanti di combat sport “moderni”.

Gli “artisti marziali” spesso criticano gli “sportivi” circa la mancanza di valori e principi, mentre gli altri puntano il dito su aspetti quali l’efficacia e l’eccessivo tradizionalismo.

    

Questo atteggiamento rallenta lo sviluppo dell’intero movimento.

La tradizione può convivere con la conoscenza, ma i saperi e le arti non possono essere statici prescindendo dai cambiamenti tecnologici, sociali e culturali.

E gli aspetti educativi e sociali esistono potenzialmente in tutti gli sport di combattimento, anche i più estremi,  dipendendo in questo dalla preparazione, dalla moralità e dal comportamento degli istruttori.

E’ perciò necessario superare definitivamente questa assurda divisione: non più judo/karate contro Kick boxing/Free fight! Dobbiamo invece puntare su valori condivisi!

A tal proposito è assolutamente necessario analizzare criticamente qual è l’impatto sociale delle nostre discipline, in modo da migliorarne l’immagine nella comunità.

Per quanto ci riguarda la spettacolarizzazione mediatica dei combat sport non può passare attraverso l’annullamento dei nostri valori educativi e morali.

Vendere un incontro di pugilato, un K1 o un UFC puntando sul “sangue” e sulla spettacolarizzazione delle sofferenze, della violenza e della brutalità… alla lunga non paga. Promuoviamo i nostri campioni in quanto “atleti generosi, corretti e leali” piuttosto che come “gladiatori o guerrieri sanguinari”.

E’ certamente necessario collaborare con i media, utilizzandoli per promuovere il nostro lavoro, ma dobbiamo essere ben attenti circa l’immagine che essi danno delle nostre discipline; non facciamoci usare!

Per entrare definitivamente nel mondo della scuola[1], dell’università e più in generale della società civile, dobbiamo puntare su aspetti quali l’umiltà, il rispetto dell’avversario e delle regole, la solidarietà e l’amicizia, il piacere del confronto…e la cultura; tutti valori dei quali i nostri sport sono ricchissimi[2]!

Puntiamo sul “fare con l’altro” piuttosto che “sul fare contro l’altro”. Dalla collaborazione nascono sempre grandi realtà e si ottengono grandi risultati!

    

Il nostro gruppo di ricerca sui combat sport (Centro studi e ricerche sport di combattimento – CSEN) è nato e si è sviluppato puntando sull’apertura verso ogni forma di collaborazione con tutti; facciamo ricerca per conoscere insieme, imparare insieme, migliorare insieme, con l’obiettivo ultimo di far crescere quantitativamente e qualitativamente il movimento delle discipline di combattimento favorendo, così il più ampio e positivo impatto sociale.

Puntiamo perciò, sulla ricerca della cultura e della collaborazione, per crescere e migliorare insieme, promuovendo i valori positivi dei nostri sport.

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[1] In una recente circolare del ministero della pubblica istruzione sono stati inseriti nei giochi sportivi studenteschi: il judo, il karate, il tae kwon do, la lotta, il pugilato educativo, il kung fu-wushu.

[2] tra gli obiettivi ed i valori dell’educazione motoria e sportiva scolastica il ministero della pubblica istruzione cita: la tolleranza, il fair play, l’esperienza di vittoria e sconfitta, la coesione sociale, il rispetto per l’ambiente e l’educazione alla democrazia”


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