UNA NOSTRA COLLABORATRICE,
CHE CI HA FORNITO GIA’ MOLTI PIACEVOLI ED INTERESSANTI ARTICOLI, SI E’
ALLENATA PER CIRCA UN MESE AL SITYODTONG E CI RACCONTA QUINDI, LE SUE
PERSONALI E SINCERE IMPRESSIONI RICEVUTENE. CREDIAMO INOLTRE CHE SARA’ PER
NOI INTERESSANTE, CONOSCERE ANCHE IL PUNTO DI VISTA FEMMINILE, SU UN
ARGOMENTO PER IL QUALE PARLANO SEMPRE E SOLO, I GUERRIERI MASCHIETTI.
ESPERIENZE AL FEMMINILE
Di:
Monica Montanelli
Credo che la pratica di una
disciplina sportiva come quella della Muay Thai sia in generale ed
erroneamente pensata come riservata al genere maschile, attribuendo appunto
a questo sesso, la più congeniale pratica di attività forse considerate a
torto o a ragione, “aggressive”. A parte il fatto che forse, mostra con
questo non solo di essere digiuno di Muay Thai, ma anche di non conoscere
affatto bene il genere femminile… che in quanto ad aggressività, non penso
abbia niente da invidiare a nessun altro genere e quindi al minimo credo,
alla pari di qualsiasi altro. Ma io credo che nella pratica di un qualsiasi
tipo di attività, sportiva o non, aggressiva o meno che la si possa
considerare… quello che conti non sia il genere… non sia la persona… ma lo
spirito con il quale la si pratica! Ed uno spirito guerriero, credo di non
sbagliarmi affatto se affermassi che possa albergare in qualsiasi genere
sessuale si voglia prendere in esame. In quanto a spirito guerriero poi, pur
non essendo affatto una femminista ottusa e oltremodo sfegatata, posso
senz’altro affermare che, anche e soprattutto per mia esperienza, nessuno
più delle donne credo, abbiano da sempre dovuto formare e fortificare un
tale indomito e stoico spirito, per poter continuare nei secoli il loro
tentativo di costituirsi nell’immaginario collettivo, come individui al pari
di qualsiasi altro. Noi adesso, siamo solo il risultato di un simile
processo evolutivo e non dobbiamo più lottare con nessuno, se non con gli
stupidi preconcetti che sembrano ancora albergare in qualcuno (sebbene
spesso, suo malgrado) per quanto mi è stato dato di appurare personalmente.
I camp di allenamento tailandesi infatti, sono considerati terreno
prettamente maschile… ma forse più per noi cosiddetti “evoluti” occidentali,
che per i thai che ci lavorano.

Per quanto mi è stato dato
di constatare infatti, essi sono piacevolmente lieti di allenare sia un
ragazzo che una ragazza, sempre che questa mostri naturalmente di farlo con
il giusto spirito che l’arte le richiede. Si esaltano infatti più di noi,
quando notano la “foga” che anche una donna può mettere nell’allenamento ai
pao, lo sforzo imponderabile messo ed evidenziato negli scatti durante le
corse mattutine, la costanza negli allenamenti e l’interesse
nell’apprendimento. Naturalmente per potersi far considerare uno di loro…
bisogna anche sentirsi una di loro.. quindi via quella “puzzetta” da sotto
al naso che crediamo da noi, fare tanto “in”… e dobbiamo essere noi le
prime, a capacitarci una volta per tutte di essere lì per allenarci e non
per sfoggiare la nostra linea fisica o di abbigliamento, magari per
gratificarci di attirare gli sguardi indiscreti dei maschietti, salvo poi
mostrarci infastidite quando questi si fanno più insistenti. Molte volte gli
uomini mi appaiono “complicati”, ma devo ammettere che spesso anche noi
siamo tutt’altro che “semplici”!

Bene… fatta questa lunga ma
importantissima premessa, non posso certo dire di essermi trovata male al
Sityodtong di Pattaya. Una volta eliminati (o non creati) i preconcetti di
cui sopra, tutto è scorso liscio come l’olio ed il mio periodo di
allenamento è stato tra i più proficui della mia vita. Ottimi ed esperti
istruttori che ti seguono passo passo e che ti stimolano ogni volta a fare
sempre qualcosa in più… Ho avuto buone occasioni per vedere “veri” atleti
thai durante la loro routine di allenamento giornaliero e prendere esempio
di umiltà dagli stessi… Da notare in particolare, il rispetto che questi
hanno tra di loro e soprattutto per gli istruttori e questi per i loro
coordinatori e questi con i “capi” del camp. Insomma, una struttura
gerarchica tacitamente organizzata con il reciproco rispetto altrui e quindi
per se stessi come facenti parte della comunità. Ecco la parola giusta:
“comunità”! questa è stata la sensazione che mi ha dato il periodo passato
al camp… Una comunità dove ognuno (dal capo all’ultimo praticante arrivato)
è considerato e rispettato al pari di qualsiasi altro, senza meriti,
demeriti o discriminazioni particolari per nessuno.

Ma a giudicare dai discorsi
di qualcuno degli altri ospiti, un atteggiamento del genere forse viene
considerato da qualcuno come una sorta di sottomissione o ammissione di
inferiorità nella personalità, per cui ci si sente magari in diritto di dire
forse “troppo”, o qualsiasi cosa ci si senta in grado di fare… o di poter
far credere di saper fare? Salvo poi esibirsi in una ingenua performance
oltremodo scadente per quello che avevamo annunciato essere il nostro
livello. Ma anche in questo caso, loro rimangono impassibili e tornano ad
allenarci con la consueta pazienza e dovizia di particolari che li
contraddistingue. Sarebbero moltissimi gli aneddoti che potrei raccontare
sul conto del comportamento di qualcuno, ma non è certo per questo che
scrivo e credo basti enunciare il concetto per far comprendere ai lettori il
significato delle mie parole. Del resto credo che le cose che vi ho appena
descritto accadano in tutti i camp che ospitano gli occidentali e quindi
penso proprio che ognuno che vi si sia recato almeno una volta, abbia
perfettamente compreso. Credo questa faccia parte di un preconcetto che si
forma nella nostra personalità fin da piccoli causa di preconcetti esterni
che ci vengono inculcati: <<Sei un maschietto e devi essere forte,
coraggioso, sprezzante del pericolo, audace ed intraprendente… devi essere
un vincente!>> Ma credo che vincenti si nasca e non lo si possa
diventare certo da un giorno all’altro o con la pratica di una qualsiasi
disciplina sportiva per dura che possa essere considerata.

Le bambine invece fin da
piccole costruiscono la propria personalità femminile con i tanti: <<Ma
dai, non sei mica un maschietto, no tu non devi fare questo, tu sei una
bambina e devi fare quest’altro, devi essere dolce, educata, elegante,
rispettosa…>> Non che queste non siano da me considerate positive o da
ritenere non valide o deleterie… ma non certo da discriminare a seconda del
sesso che ci siamo ritrovati ad impersonare nella vita. Ma il mal comune… si
dice che forse consoli, ma sicuramente non soddisfa! E’ forse anche per
questo che incurante di tutti i particolari sopraesposti ho caparbiamente
continuato i miei allenamenti cercando di ricavarne lezioni indimenticabili
e ma non solo di tecnica. Le tante personalità incontrate e riscontrate
negli avventori del camp mi hanno fatto registrare soprattutto, una grande
lezione di vita.

QUINDI GRAZIE ANCHE E SOPRATTUTTO… A TUTTI LORO!
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