AVEVAMO GIA’ DATO PRONTAMENTE
LA NOTIZIA
, IN UN NOSTRO PRECEDENTE E “STRINGATO” COMUNICATO… MA VEDIAMO NELLO
SPECIFICO QUALE è STATA TUTTA
LA BREVE VICENDA
E QUALE INVECE,
LA SUA LUNGA
STORIA. IN UNA VERA E PROPRIA LEZIONE DI POLITICA INTERNAZIONALE, CE NE PARLA
IN PRIMA PERSONA: ENNIO FALSONI (Presidente WAKO)
IL MURO DI GOMMA
Berlino: ancora rinviato il riconoscimento della
WAKO al GASF
Di: Dott. Ennio Falsoni ( tratto da: www.fikb.it
)
Berlino ha sempre rappresentato,
nel mio immaginario, una città bella e fortunata, cui devo molto. Qui ho
conosciuto Georg Bruckner, ideatore della Wako. Qui ho visto, negli anni 70, il
mio perfetto prototipo di “palestra” moderna, e sempre qui sono venuto per
il primo campionato del mondo Wako. Era l’anno 1978!
Considerando che mi aveva sempre
portato fortuna, ero convinto che lo sarebbe stata anche questa volta. E
l’occasione me l’aveva fornita il Gaisf (General Association of
International Sport Federations), la più grande organizzazione di sport al
mondo dopo il Cio, ovviamente.
Il Gaisf, per quanti non lo
sapessero, è stata fondata molti anni fa come una sorta di sindacato per
difendere gli interessi di talune federazioni sportive nell’ambito del Cio.
Successivamente si è caratterizzata per essere l’organizzazione dei
cosiddetti sport minori, ossia di tutti quegli sport che non hanno sbocchi nel
movimento olimpico. E infatti, anni dopo, il Gaisf diede vita ai World Games,
che di fatto è l’Olimpiade degli sport minori.
Oggi, francamente, non so
esattamente che diavolo sia o rappresenti il Gaisf. Specie dopo la recente
Assemblea Generale cui sono intervenuto per presentare ufficialmente la
kickboxing (Wako) che doveva essere votata per il suo riconoscimento e di cui
parlerò tra breve.
Succede però che qualunque
sport nuovo emergente, prima di poter mai sperare di accedere al Cio, debba
necessariamente essere prima accettato nell’ambito del Gaisf, che in questo
senso funge da filtro per il Cio che altrimenti sarebbe attaccato direttamente
dai nuovi sport.
Arrivare all’Assemblea di
Berlino non è stato dunque facile come qualcuno possa pensare. Mi ci sono
voluti ben 12 anni dalla prima volta che mi avvicinai al Gaisf.
La prima volta correva l’anno
1993 e all’epoca il Gaisf era presieduto dal Dott. Un Yong Kim, niente meno
che il presidente della World Taekwondo Federation nonché membro del Comitato
Esecutivo del Cio, braccio destro di Samaranch e suo possibile successore
(all’epoca). Insomma, un uomo molto potente che in quegli anni stava lavorando
alacremente, tessendo la sua tela, per portare il Taekwondo all’Olimpiade di
Seoul del 1998.
Inutile dire che essendo la
kickboxing una disciplina ibrida che includeva anche tecniche di calcio che
venivano dal taekwondo, non ci fosse alcuna chance per noi di essere
riconosciuti. E così, fummo costretti ad attendere che il Taekwondo facesse la
sua apparizione a Seoul e successivamente a Sidney perché la nostra
“application” venisse presa in considerazione. Nel 1998 depositammo anche la
tassa che il Gaisf ci richiedeva per la “membership” e pensavamo che ormai
ce l’avremmo fatta.
Corsi e ricorsi storici nella
mia vita. Lunghe anticamere, lunghe attese per ricevere poi risposte evasive.
Cosa che già avevo sperimentato nella mia corsa al riconoscimento Coni per
la Federazione Italiana
Kickboxing. Ero ormai vaccinato. Così, aspettavo e insistevo. Aspettavo e
insistevo. Finché nei Mondiali di Belgrado del 2001 ricevemmo la visita
nientemeno che del vice-presidente del Gaisf , il dottor Tamaz Ajan, anche
presidente della Federazione Mondiale di Sollevamento Pesi. Ajan fu ottimamente
impressionato dalle performances degli atleti che vide. A Belgrado si erano dati
appuntamento i migliori atleti di full contact, di low-kick e thai/kick del
mondo. Coi loro corpi scolpiti, con le loro funamboliche tecniche e la potenza
dei loro colpi, avevano convinto Ajan che la kickboxing era sport duro e puro.
Ma non bastò!
Quando alcune altre
organizzazioni internazionali nostre concorrenti seppero della cosa, fecero
anch’esse richiesta di riconoscimento, se non altro per cercare anche di
ritardare il nostro. Il Gaisf non è una corte arbitrale e non può dirimere
problemi all’interno di ciascun sport (eventulmente per questo c’è la “
Court of Arbitration for Sports” a Losanna). Allora pensarono bene di invitare
a Zurigo (esattamente il 22 ottobre 2002) i rappresentanti delle 3
organizzazioni di kickboxing che si erano rivolte a loro (WAKO, WKA e IAKSA), le
2 di Muay Thai ( IFMA e IAMTF), alcune di Karate (tra cui il Sankudo di Yoshinao
Nanbu), quella di Savate, quelle di kendo ecc. ecc., per dirci: “ Signori, il
Gaisf ha ricevuto “applications” da 200 organizzazioni di Arti Marziali
diverse. Non ci capiamo più niente. Innanzitutto non pensiate che quantunque vi
riconoscessimo, ci sarebbe spazio per voi nell’ambito dei World Games, già
fin troppo affollati. Dovreste cercare di “riunificarvi” prima di tutto.
Foste una sola voce, per ciascun sport, già sarebbe meglio per noi. Nel caso
non poteste riunificarvi, vedremo il da farsi.”
Più chiaro di così!
Le tre organizzazioni di
kickboxing si runirono a Bruxelles pochi mesi dopo. Volevo vedere che cosa
poteva saltar fuori da questa ipotesi di fusione.
Incontrai Paul Ingrahm della WKA
che venne insieme al suo braccio destro , il tedesco Nonnemacher; Geert Lemmens,
allora presidente IAKSA (oggi non lo è più, è tornato in WAKO) insieme a due
austriaci, cloni di Peter Land ,l’austriaco che fondò insieme a Lemmens
la IAKSA
nel 1988.
Fondere le tre organizzazioni,
significava magari far sparire le tre sigle e crearne un’altra. Quindi
stabilire la data per un’Assemblea Generale dove potevano votare SOLO i paesi
che già avevano ottenuto il riconoscimento dai loro Comitati Olimpici o
Ministeri dello Sport. Io ero pronto (anche perché ho l’assoluta maggioranza
con quel sistema che comunque è anche l’unico credibile), gli altri no. Di
cancellare le loro sigle dall’oggi al domani non ci pensavano neanche.
La WKA poi risultava essere una
“societò privata”, nel senso che apparteneva di fatto a Paul Ingrahm che
l’aveva acquistata qualche anno addietro dal canadese Dale Floyd .La natura
“privata” della sigla era poi confermata dal fatto che Ingrahm non aveva mai
dovuto affrontare un’Assemblea Generale che ogni quattro anni è chiamata a
confermare – mediante il voto democratico – il suo presidente o mandarlo a
casa. Lui è ancora adesso il signore assoluto della sua organizzazione (e, per
certi versi, beato lui!).
La IAKSA, era veramente troppo
piccola . Andai lo stesso a Orlando (Florida) per vedere coi miei occhi cosa
fosse
la IAKSA
in realtà: l’insieme di qualche federazione seria come
la Turchia
e l’Austria senza dubbio, ma per il resto..., lasciamo perdere!
La fusione era poi impossibile
anche perché, facendo l’esempio dell’Italia, dopo che la mia FIKB è stata
riconosciuta dal CONI, come facevo a “fondermi” con la IAKSA di Bellettini o
la WKA di Meneghini? Eventualmente sarebbero stati loro a dover entrare in FIKB!
Chiaro che nel momento stesso in cui avessi fatto un accordo internazionale con
WKA e IAKSA, avrei legittimato e portato al mio livello – col dovuto rispetto
verso Bellettini e Meneghini ovviamente -, i miei concorrenti italiani. Un
regalo che non potevo permettermi di fare.
E fu così che misi per iscritto
i miei pensieri e le mie riflessioni. Scrissi un articolo che comparve sulla
rivista WAKO del 2003 e un articolo sulle riviste specializzate.
Tutti sapevano che “ questo
matrimonio non s’à da fare”.
Informammo il chairman del Gaisf,
signor Jean Calude Schupp – oggi in pensione-, che fu nostro ospite ai
Mondiali di Parigi , verso la fine del 2003. Anche lui fu ottimamente
impressionato, anche se si vedeva benissimo che della cosa non gliene poteva
fregare di meno. Fummo così invitati , per la prima volta, all’Assemblea
Generale nel 2004 che si tenne a Losanna.
L’adesione della WAKO doveva
essere discussa – come da ordine del giorno -, dopo quella della International
Go Federation (la dama giapponese)- giochino che in Italia penso sia conosciuto
solo da Cesare Barioli e Claudio Regoli (li vidi giocare al Busen di Milano
negli anni 60!).
Antonio Espinos, presidente
della World Karate Federation, protestò pubblicamente contro il Consiglio
Direttivo del Gaisf quell’anno perché nessuno dei soci del club era stato
informato – come da Regolamento Organico- nei tempi e nei modi indicati.
Un certo nervosismo serpeggiò nell’aria, ci furono discussioni . Alla fine,
il Go passò per alzata di mano con una maggioranza risicata, ma subito dopo
- e sarebbe toccato alla WAKO -, i lavori furono sospesi perché il Consiglio
doveva ritirarsi in conclave. Di lì a una buona mezz’ora, “l’acting
president “ del Gaisf, Hein Verbruggen (Un Yong Kim è attualmente nelle
patrie galere per “corruzione”!) – buon ciclista belga a suo tempo -,
dichiarò sospesi i lavori perché il Consiglio aveva dato ragione a Espinos (li
mortacci ...!).
Fummo mandati tutti a casa.
La promessa era di rivederci nel
2005 a Berlino. Cosa puntualmente avvenuta. Ma mai avrei immaginato di trovarmi
di fronte a una vera e propria lobby: quella degli sport simili suppongo, che
avevano fatto comunella con gli “amici”.
A Berlino, contrariamente a
Losanna, le Federazioni che dovevano essere discusse venivano fatte entrare una
alla volta. Il rappresentante aveva 5 minuti di tempo per presentare il suo
sport. Io ho utilizzato un DVD. Dopo di che, c’era spazio per le eventuali
domande. Nessuna domanda mi è stata fatta. Quindi venivamo fatti uscire e si
votava segretamente pigiando su di un bottone elettronico. A Losanna avrei
potuto vedere chi alzava la mano e chi no.
Per ottenere il riconoscimento,
nonostante la WAKO avesse abbondantemente soddisfatto tutti i criteri per il suo
riconoscimento, criteri fissati dal Regolamento Organico del Gaisf, la WAKO
avrebbe dovuto ottenere il 75% dei voti dei presenti, che erano poco meno di 90.
Ha ottenuto solo il 38%,
percentuale troppo bassa.
Delle 6 organizzazioni ammesse a
Berlino (Kendo, Muay Thai, World Martial Arts Foundation – una specie di
karate -, più Dragon Ball a Practical Shooting, NESSUNA ha ottenuto i voti
necessari.
Morale?
Il Gaisf , che in 2 anni ha
accettato unicamente il Go, probabilmente o non vuole i casini che le Arti
Marziali si portano dietro (e questo purtroppo è un grosso problema, è un mea
culpa che dovremo recitare), oppure è solo un vecchio ed esclusivo club di snob
che non vedono di buon occhio gli sport moderni e a volte vincenti.
In entrambi i casi, è un vero
peccato, perché in questo modo si fa perdere tempo e denaro alle organizzazioni
come le nostre che comunque, a lungo andare, essendo delle realtà
indiscutibili, dovranno necessariamente essere ammessi tra i soci.
Il Gasif sembra per ora un muro
di gomma. Ma anche la gomma si usura. E noi siamo testardi.
La prossima volta sarà a Seoul
nel 2006 , nella tana del vecchio leone che, fortunatamente, per ora è ancora
in prigione.
Maggiori informazioni su: www.fikb.it
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