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DOPO LA CONQUISTA
DEL
TERZO TITOLO MONDIALE, NELL’ARCO DI SOLI TRE MESI, DA PARTE DI UNO DEI SUOI
ALLIEVI RECENTEMENTE TORNATO ALLA RIBALTA DELLE CRONACHE, ABBIAMO PENSATO BENE
DI INSERIRE UNA INTERVISTA CON IL M° MASSIMO RIZZOLI. QUESTO PER PRESENTARLO A
QUANTI NON AVESSERO ANCORA AVUTO MODO DI CONOSCERLO, MA ANCHE PER CHI VOLESSE
SAPERNE DI PIU’ SUL SUO CONTO. RINGRAZIAMO IL WEBMAGAZINE www.fightordie.it
PER
INTERVISTA A MASSIMO RIZZOLIDi: Gian Paolo DorettiHo avuto modo di sentire Massimo per congratularmi della conquista della 3° corona di Thai - a Belgrado - di Daniele "Pedro" Petroni, alfiere della scuderia Balistic/Rendoki Dojo. Massimo, protagonista di alcuni dei migliori match della Resa dei Conti, è un fighter vero, verace e limpido, che ha dato molto alla kick-boxing e dove ha ricevuto molto. Cogliamo quindi l'occasione per conoscerlo meglio e saperne di più sul Rendoki Dojo. GPD = Gian Paolo
Doretti MR = Massimo Rizzoli GPD: Ciao Massimo e ben trovato su FOD
MR: Ciao Gian Paolo, grazie. Il
piacere di "parlare" sul tuo sito è tutto mio. GPD: Innanzitutto, complimenti per questo titolo a Daniele….e complimenti
anche a te per il lavoro svolto, poiché un campione non nasce senza preparatori…
MR: Certo. Un campione ha bisogno di un allenatore che
sia capace di fargli sviluppare i suoi desideri, le sue tendenze e le sue
potenzialità. Evitando proiezioni di desideri personali. Ma soprattutto un
campione ha bisogno di una scuola, solida, con compagni d'allenamento che
credano e sviluppino il desiderio comune di diventare "tutti" grandi
campioni. Qualcuno ci arriva e qualcuno no, qualcuno prima e qualcuno dopo, ma
tutti sulla stessa strada e nella stessa direzione. Anche se Pedro merita una
menzione speciale. Combattere è nella sua genetica, è nato campione. GPD: Massimo, i tuoi dati personali (data di nascità, città, altezza, peso
e i più importanti titoli conquistati)
MR: sono nato il 22 Dicembre del 1965. Per l'altezza ed
il peso si fa presto, GPD: Parlaci del Rendoki Dojo, l'Accademia dove tu insegni. Come nasce, chi
è il fondatore…
MR: nasce da un progetto della scuola madre, l'Akiyama
di Patrizio, mio fratello. Aprire scuole in società per renderle
successivamente indipendenti. E così è stato. Dal "Salice", in
società con Patrizio e Massimiliano Leone, ho aperto il Rendoki che è la
scuola che ho fondato. Abbiamo cambiato tre sedi, crescendo ogni volta. Oggi
vediamo un sogno realizzato. 450mq di tatami da ju jitsu diviso in due sale con
trentadue sacchi e infinite coppie di paou e focus, un ring a quattro corde di
5,50 x 5,50, una sala pesi completa di circa 180 mq, spogliatoi grandi e tutto
nuovo e ben arredato. Abbiamo fatto il salto di qualità sotto l'aspetto della
struttura conservando la voglia da tana delle tigri. Un paradiso per amatori e
agonisti di questi sport popolato da campioni ed insegnanti di prima qualità
(perdona il promo, ma ce lo meritiamo). La chiamiamo scuola perché per noi è
il posto dove, attraverso il ring e gli allenamenti che portano ad esso, si
valorizza ed apprezza la vita quotidiana e si forma il carattere e la
personalità per starci bene dentro. Puoi avere mille titoli, ma essere un
insoddisfatto. Per noi è più importante vivere bene. GPD: Uno degli scopi dell'Accademia è quello di dare una preparazione
multi-disciplinare ai praticanti?
MR: dobbiamo distinguere. Gli amatori fanno sport.
Questi sport, ma sport. Abbiamo i corsi pieni di praticanti che si
"divertono" con la semplice ora tre volte a settimana e per questi
"soci" deve essere così. I soli corsi femminili coordinati da Elena
Bugli hanno intorno alle cinquanta presenze. Forse qualcuno di loro
successivamente penserà all'agonismo e la filosofia cambierà. Anche perché
passeranno sotto le grinfie mie personali. Per i fighters e gli aspiranti tali
vale il principio della libera scelta. Si avvicinano ad una specialità,
probabilmente perché è quella che conoscono di più, ma dopo, quasi
automaticamente iniziano a praticare tutte le altre e fanno gare in tutte le
discipline. Chiaramente sono loro a decidere la priorità di gara, ma io
"spingo" nella direzione del combattente completo e nel vero senso
della parola. È chiaro che ci vuole tempo, ma credo che debbano essere in grado
di colpire come di atterrare, di effettuare il "ground and pound" come
di finalizzare. Comunque, per i combattenti di classe A e gli insegnanti è
obbligatoria la frequenza del corso di Ju Jitsu. Questo corso è orientato verso
la shoot, il valetudo e il combattimento da strada (che è diverso da quelli con
regolamenti..). voglio che gli atleti che indossano i nostri colori non si
trovino in difficoltà con "specialisti" di ogni tipo. GPD: Rimanendo in tema MMA….come ti sei avvicinato, o interessato, alla
pratica del Vale Tudo e ai suoi molteplici aspetti? Voglio dire, solo nei primi
anni '90 si cominciò a parlare del Vale Tudo. Come affrontasti questa
incredibile "visione" dei primi tornei UFC?
MR: Nel 1980 mio fratello Patrizio presentò
all'interno di una manifestazione organizzata da Roberto
Fragale di Pisa un combattimento mai svolto fino ad allora. Il regolamento
era semplicissimo, si colpiva sempre e si lottava colpendo. La chiamò Kick
Jitsu. In palestra abbiamo sempre fatto allenamenti indirizzati al combattimento
totale e quando vedemmo il primo UFC fu un mix di felicità e delusione. Puoi
capire il perché. Onore ai brasiliani per aver finalmente aperto il mondo del
valetudo. Personalmente, come combattente mi è sempre piaciuto, ma spostandomi
sugli spalti ho avuto dubbi sin dall'inizio sulla riuscita di pubblico. Non
eravamo abituati a vedere due uomini che si pestavano a terra, ma oggi si inizia
a vedere un discreto interesse. GPD:
Prima ancora di partecipare ai Vale Tudo in "terra nostra", ti
cimentasti nella Kick-Jitsu, è vero? Credi che possa essere una esperienza
valida per formare atleti per poi lanciarli verso una ring o una gabbia?
MR: In Italia non esisteva nessuno che volesse fare
estreme fight e GPD: Quanti match hai sostenuto di Vale Tudo e con quali risultati?
MR: tre incontri. Il primo ad Oktagon Millenium contro
Francesco Lepore della scuola di Davide Ferretti. I giornali pomparono la cosa
come una sfida lanciata da Davide alla nostra scuola ed io arrivai veramente
determinato a quel match. Non capivo perchè una persona che neanche conoscevo
facesse pronostici in totale naturalezza e questo mi irritava molto. Mi sentivo
una grande responsabilità, ma ne ero onorato. Credo che in molti mi vedessero
"finalizzato" in breve tempo, ma invece dominai il match e vinsi prima
del limite. Dopo, parlando con Davide, scoprii che loro non avevano nessuna
responsabilità nella campagna di "tensione" svolta dai giornali e da
allora siamo in ottimi rapporti, anzi approfitto per salutarlo. Nel secondo
match ho sostituito ad una settimana dall'incontro un mio allievo che si
infortunò. Contro un ragazzo giovanissimo di Brescia che veniva dal Wing Chun.
Vinsi in poco tempo, ma senza infierire assolutamente e il suo maestro mi fece i
complimenti. Nel terzo match ho incontrato Edmar Jacobina, del team di Fabricio
Nascimento. Anche in quel caso dissero che avrei rifiutato la "lotta"
per stare in piedi e colpire, ma io come uno sciocco raccolsi la sfida. Mi
allenai molto con Roberto Galardi, il miglior lottatore che l'Italia abbia
conosciuto, per mettere il match sulla lotta. E così feci. Pensa che a metà
incontro mi rialzai e iniziai a calciare Edmar che era a terra, ma dopo
pochissimo mi infilai di nuovo nella sua guardia. Jacobina è veramente molto
forte al suolo, ma credo di aver dimostrato che anch'io me la cavo
discretamente. Il match finì pari, a mio parere giustamente e sia io che Edmar
accettammo il verdetto con tranquillità, facendo le classiche foto post match.
Dopo nacque una polemica, ma io preferisco mantenere in buoni rapporti che ho
con Jacobina, che adesso conosco e rispetto come grande atleta. GPD: Come gestisti l'emozione di tali match? Scaramanzia, un forte senso del
dovere, un richiamo troppo forte, volontà nel fare esperienze nuove….
MR:
Prevalentemente è sempre stata la voglia di fare esperienze nuove nel mondo del
combattimento. Il senso del dovere è una delle ragioni che mi spingono ad
allenarmi al meglio e a preparare il match al 100%. La scaramanzia non mi
interessa. L'ho abbandonata agli esordi. La preparazione mentale è invece un
fondamento della preparazione. Credo che ad un certo punto un combattente debba
cercare le vere ragioni di quello che sta facendo. Se tali ragioni sono troppo
influenzate da agenti esterni vuol dire che c'è ancora da lavorare. Riguardo al
gestire l'emozione adotto un sistema. Lascio che le emozioni, paura inclusa,
procedano libere, senza frenarle ne controllarle. Compiono un cerchio che
ritorna alla tranquillità. Solo allora sento di poterle "gestire". GPD: Cosa ne pensi del Vale Tudo in Italia? E dicci se secondo te sarà una
pratica possibile oppure se punteresti più su altre discipline.
MR: Al momento, in Italia, vedo Alessio Sakara, che
però credo viva e si alleni all'80% in Brasile. Ha fatto una scelta di vita
molto difficile ed impegnativa e si merita la considerazione che sta avendo dal
circuito UFC. Dopo di lui si scende molto. Però ci sono altri atleti che vorrei
vedere o rivedere. Ne parleremo in seguito. Riguardo il "puntare", ti
ripeto che dovremmo credere di più nella Shoot come sport e finalizzare il
valetudo a main event di galà e a specializzazione di atleti predisposti.
Occorre dare alla maggioranza della gente che vede e pratica, uno
"sport" effettivamente "vedibile" e praticabile da tutti. Il
valetudo sta molto più vicino alla sopravvivenza. Inoltre oggi ci sono diversi
"modelli" di valetudo. Quello con i soli pugni a terra, quello senza
le ginocchia eccetera. Noi abbiamo un regolamento un po' al limite, ma spesso
dobbiamo adattarlo diminuendo le possibilità di colpire. Allora dico io, o
facciamo GPD: La "Resa Dei Conti" è uno degli appuntamenti fissi per ogni
fan e praticante di MMA in Italia. Credo siamo arrivati alla nona edizione!
Possiamo intuire (ma solo intuire) le difficoltà nell'organizzare eventi simili…ma
vogliamo conoscere invece le soddisfazioni ed i risultati che un simile evento
produce.
MR: Intuire le difficoltà non è complicato. Soldi.
Gli sponsor scarseggiano ed organizzare, invece, diventa sempre più costoso. In
questo momento poi, è veramente un dramma. La resa dei conti è un grande
evento e che piaccia o no è un vero evento di MMA. La soddisfazione è grande
nel veder questo evento considerato un grande evento. Pensa che adesso ci sono
molto atleti che ci inviano curriculum da tutto il mondo per poter partecipare.
Nell'ultima edizione a Lucca il pubblico ha partecipato con enorme entusiasmo. E
faremo sempre meglio. GPD: Ci puoi anticipare qualcosa sulla prossima edizione? State progettando
altri eventi?
MR: Appena avremo la data certa dal promoter lucchese
inizieremo a lavorare sul Match Making. Vorremmo proporre la rivincita tra
Nascimento e Florentin, che finì per sconfitta del brasiliano in ghigliottina.
Poi sono usciti altri nomi dal Galles e dalla Russia, ma per il momento non
posso anticiparti altro GPD: Grazie anche a tuo fratello (Patrizio Rizzoli) avevi gia' scoperto le
potenzialità del Jiu Jitsu, anche se quello tradizionale giapponese. Cosa ne
pensi della versione "Gracie"? Hai avuto modo di praticare il BJJ?
MR: Ho iniziato a praticare JJ a 10 anni. Mio fratello
ha subito cercato un JJ che fosse reale ed applicabile oltre che un ottima
ginnastica psico/motoria. Il nostro JJ, che si chiama "Octopus", non
ha ormai più niente a che vedere col tradizionale se non per la parte delle
tecniche pure. Ho fatto stage di BJJ con diversi insegnanti italiani e
brasiliani e mi sono allenato con alcuni rappresentanti del BJJ in Italia.
L'ultimo stage è stato con Roger Gracie a Torino. Mi sposto fuori dall'Italia
per andare ad allenarmi con quelli che ritengo i migliori nelle diverse
specialità. Credo che il BJJ sia nel combattimento a terra col gi quello più
efficace al momento e lo dimostra il fatto che i suoi rappresentanti vincono
anche nella submission nei tornei più importanti, tipo Abu Dhabi. C'è una cosa
che dobbiamo sicuramente alla famiglia Gracie e cioè di aver fatto conoscere il
nome Ju Jitsu a tutto il mondo. Nel valetudo occorre però, secondo me, un Ju
Jitsu più completo e lo dimostrano i nomi che vediamo dominare in questo campo.
Il sapere lottare al suolo è solo una parte del combattimento. Importantissima,
ma comunque una parte. Inizialmente i Gracie hanno dominato finalizzando a
destra e a manca, ma oggi i fighters di questa meravigliosa specialità sanno
fare tutto e diventa ancora più bello tutto il mondo che orbita intorno ad
essa. Dall'allenamento al combattimento. GPD: Ci sono anche altre discipline che potrebbero fregiarsi
dell'appellativo MMA (mixed martial arts):
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