UN AUTOREVOLE ARTICOLO DEL DOTT. ERMANNO VISINTAINER
SULL’ORIGINE DELLA RAZZA TAI CON LE SUE DERIVAZIONI E I LEGAMI DI QUESTA CON
QUELLA CINESE. UN BELLISSIMO INTRECCIO TRA STORIA, CULTURA, ARTI E RELIGIONE.
Thai and Altai
Di: Ermanno Visintainer
tratto da
Elder brother of the Chinese?
Ovvero: “La razza Tai, sorella maggiore della cinese?”
Il titolo un po’ provocatorio dell’articolo in questione,
l’abbiamo scelto, parafrasando quello dell’omonimo celebre libro, pubblicato
postumo a Bangkok nel 1923, opera di uno studioso, un etnologo sui generis,
considerato un’autorità sull’argomento, Dodd William Clifton, il cui intento era
quello di sviscerare le nobili origini, fin allora avvolte nel mistero, di
questo popolo stanziato nel Sud-Est del continente asiatico, ovvero il popolo
thailandese.
Il titolo originale del libro è: “The Tai race, elder brother
of the Chinese”, ovvero “La razza Tai, sorella maggiore
della
cinese”, nella cui stessa formulazione, non sfuggirà l’allusione ad un certo
nazionalismo.
Visto l’interesse che il libro suscitò in Thailandia, nel
1934 gliene succedette un altro, di un noto scrittore nazionalista, Chamrat
Sarawisut, intitolato: หนังสือเรื่องชาตไทย-Nangsüü rüang
chat thai, Libro sulla Nazione Tailandese.
Al lettore avvezzo tali argomentazioni non potranno fare meno
di evocargli due importanti figure storiche coeve: quella del feldmaresciallo
Phibunsongkhram, anche detto Phibul Songkhram, primo ministro e dittatore della
Thailandia dal
1938 al
1944 e dal
1948 al
1957, nonché quella dell’intellettuale ideologo suo mentore, Luang
Wichitwathakarn o Wichit Wathakan, ministro della propaganda, entrambi assertori
di un forte sentimento nazionalista, ลัทธิชชาต -latthi
chu chat e di una riveduta identità thailandese, per lo più, di ispirazione
giapponese (il riferimento va al concetto di 和魂洋才-wakonyosai,
spirito giapponese e tecnologia occidentale), ed entrambi caratterizzatisi per
le simpatie filo-Asse (italo-tedesco-nipponico) e filo-kemaliste
(turco-nazionaliste).
Il primo fu, fra l’altro, artefice, nel 1939, del cambiamento
del nome del paese da Siam-สยาม in Thailandia-ประเทศไทย,
e contrassegnò il suo mandato politico per una strenua politica imperniata su di
un etnocentrismo di stampo anticinese, (a questo proposito ricordiamo che il
precedente nome “Siam”, con cui era designata la Thailandia, denotava un
atteggiamento più tollerante nei confronti di altre componenti etnolinguistiche),
un aneddoto curioso è che egli commissionò allo
scultore
italiano,
Corrado Feroci, molte opere importanti, tra cui la
realizzazione del monumento alla Democrazia di Bangkok.
L’altro, invece, fu importante per i contatti con l’elite
culturale giapponese, nella fattispecie per gli articoli sul 武士道-Bushido,
ed i suoi rapporti con il professor Inazo Nitobe.
Onde inquadrare meglio lo scenario storico, non possiamo
esimerci dal fare una menzione a re Mongkut IV, Phra Mongkut Klao Chaoyuhua,
พระบาทสมเด็จพระมงกุฎเกล้าเจ้าอยู่หัว, ritenuto
l’antesignano della modernizzazione del paese, il quale intraprese la via di un
avvicinamento con l’Occidente al fine di preservarne l’indipendenza politica,
culturale e spirituale. A tale scopo egli impose una modifica dello stile di
vita, negli abiti, nell’architettura, favorendo lo studio della lingua inglese e
l’acquisizione della tecnologia occidentale.
Da parte nostra, prendendo spunto da questi studi cui
–precisiamo- facciamo riferimento per puro spirito di documentazione storica,
dissociandoci pertanto dalle implicazioni ideologiche ivi contenute, interessa
piuttosto identificare i motivi essenziali su cui si fonda la storiografia di
questa nazione non prescindendo comunque dai suoi sostenitori. Attribuiamo,
altresì, un’alta considerazione ai dati qui menzionati che ci sembrano
interessanti al fine analizzare esaurientemente sia la genesi e l’arcaicità
degli stessi, che la presenza di eventuali apporti alloctoni sulle discipline
tradizionali, come la danza, le arti marziali e nella fattispecie il massaggio,
oggi esistenti nel paese, cui noi integreremo alcune considerazioni di carattere
filologico.
Volendo comunque addurre un nostro contributo alla ricerca
intrapresa da Dodd circa l’origine dei thailandesi, ci rediamo conto che dare
una risposta esaustiva a tale quesito, vista l’esiguità delle fonti, non è
un’impresa semplice.
In generale affermeremmo che, analogamente a quanto concerne
circa l’etnogenesi dei giapponesi, le componenti sono essenzialmente due: l’una
continentale, simbolicamente legata all’inviolabilità ed alla ieraticità delle
vette, ascrivibile alla medesima cui si rifanno la maggior parte dei popoli
indoeuropei, quelli altaici e anche paleoasiatici, in ultima analisi, come lo
stesso Dood asserisce, alla civiltà sumero-mesopotamica (in verità egli postula
l’origine babilonese per mediazione ugro-altaica dell’intera civilizzazione
cinese) mentre l’altra, nettamente opposta, legata all’elemento marino, alla
sacralità delle acque e alle civiltà del Sud-Est, all’area del Pacifico, forse,
anche, ai misteri connessi con la piramide sommersa di Yonaguni.
Riguardo
a questa seconda ipotesi citeremo un altro libro: “NAGA, Cultural Origins in
Siam and the West Pacific” di Sumet Jumsai, ma un cenno spetta anche al noto
studioso di fama internazionale, Mircea Eliade.
Secondo quanto afferma Dodd William Clifton nella sua opera,
peraltro avallato da vari storici e studiosi thailandesi, fra cui il principe
Damrong Rajanubhab, สมเด็จพระเจ้าบรมวงศ์เธอ
กรมพระยาดำรงราชานุภาพ, considerato uno dei precursori della storiografia
thailandese, uno dei più influenti intellettuali del suo tempo, pare che gli
antenati di questa nazione, detti Ai Lao, menzionati nelle antiche cronache
cinesi, che sarebbero i progenitori di tutti i popoli tailandesi, siano
originari dalle pendici meridionali dei monti Altai, nel Sud-Ovest dell’attuale
Mongolia. Questi, in seguito dall’Altai si spostarono verso il Sud della Cina,
dove fondarono il regno di Nan-chao, corrispondente alle odierne province dello
Yunnan, di Guang-xi e alla regione di Canton. -Il resto è storia documentata-
L’affermazione è audace in quanto, questa dell’Altai, è
un’area d’etnogenesi di moltissimi popoli, in primis gli omonimi altaici, quindi
i turco-mongoli-tungusi, ma anche dei samoyedi, dei paleoasiberiani e chissà di
quant’altri, pensiamo ai Wu-sun, popolo europide che nel II secolo a.C. si
affaccia su queste regioni.
La linguistica, che finora non è stata presa in
considerazione, ci pare certamente costituire un elemento determinante al fine
di porre luce sulla veridicità dei dati in questione.
A tal proposito va detto che il thailandese,
ภาษาไทย-phasa thai, è una lingua tipologicamente monosillabica tonale,
appartenente alla famiglia linguistica detta: tai-kadai, in cui vengono inclusi
molti dei linguaggi del Sud-Est asiatico, come il laotiano, la lingua shan di
Myanmar, e svariate lingue della Cina meridionale, come la lingua degli zhuang,
dei bui del Guangxi e del Guizhou, nonché altre favelle dello Yunnan, tutte
catalogate come lingue tai, onde distinguerle dall’idioma nazionale della
Thailandia.
A
proposito di ciò, ricordiamo che la grafia dell’etnonimo, utilizzata in italiano
per designare la Thailandia: “tai”, da cui poi deriva l’omonimo aggettivo
“tailandese” è inesatta, in quanto così sprovvista dell’acca (che poi non si
pronuncia) si riferisce al menzionato più vasto gruppo linguistico, lao, shan
etc., piuttosto che alla lingua nazionale, così come fu riformata ed epurata dal
precedentemente citato ministro, Pibhul Songkhram.
Dunque il tailandese, in senso lato, appare essere una lingua
composita con substrati e sedimenti di vario genere. Per inciso essa ha anche
rapporti di parentela con le lingue austronesiane da un lato e forse
sino-tibetane dall’altro.
Da un punto di vista tipologico, come abbiamo detto, sebbene
sia morfologicamente che sintatticamente se ne differenzi alquanto, essa è
simile al cinese, ma ad esempio possiede, come nelle lingue indonesiane, la
caratteristica del plurale iterato. Per quanto riguarda il lessico, invece, è
preponderante l’influenza indiana (sanscrito-pali) e khmer.
Malgrado tutte queste premesse, a noi, sembra di aver
identificato nel lessico del thailandese standard la presenza di alcuni
loanwords altaici, di indubbia apoditticità, soprattutto per quanto riguarda il
primo, i quali potrebbero suffragare l’ipotesi, circa l’etnogenesi
sino-settentrionale, innanzi proposta da Dodd e dai nazionalisti thailandesi.
La voce più rappresentativa ma anche la più contraddittoria
è, senz’altro, quella che si riferisce al mare: ทะเล-talay,
pron. talee. Ebbene questo termine è due volte importante: innanzitutto perché
il fonema sembra essere di palese derivazione antico-turca e mongola, infatti
tale voce dalay in cinese non esiste, per intendersi è la stessa parola che
funge da epiteto onorifico del Dalai Lama. In secondo luogo la presenza di una
parola straniera per designare un ambiente con cui i thailandesi, da secoli
convivono: il mare, rivela presumibilmente che il loro habitat originario non
conosceva questo elemento, per cui lo mutuarono da altri popoli vicini.
Il fatto richiama alla mente un poco il motivo per cui gli
ungheresi, popolo continentale per eccellenza, quando videro per la prima volta
il mare lo chiamarono istintivamente: tenger, in origine “cielo”, che è un
termine alternativo in antico turco per designare l’immensità dell’elemento in
questione.
Stranamente,
anche i greci utilizzano un termine alloctono per designare il mare,
etimologicamente abbastanza vicino alla radice altaica, θάλασσα-thalassa, che,
come ricorda Senofonte nell’Anabasi mutuarono da popoli stanziati nella regione
caucasica. Va aggiunto che tale ipotesi, tuttavia, proprio in virtù di
quest’ultima implicazione, discredita la veridicità circa l’etnogenesi dal mare,
come sarebbe possibile altrimenti che un popolo originantesi in un ambiente
marino non conosca nella propria lingua un termine atto a designarlo?
Peraltro esistono altri termini che potrebbero vantare
un’ascendenza altaica, ad es. เงิน –ngön, мөнгө
-möngö, denaro e argento, เป็น-pen, байна -bain,
มี -mii, бий -bii, essere, esserci, มาก-maak,
маш maash, molto, คน- khon, хvн khun, uomo, persona, etc.;
per ragioni di spazio, ci limiteremo a questi alcuni laconici accenni.
Un successivo elemento che potrebbe ulteriormente documentare
un contatto proto-tai-altaico è dato dalla presenza, nella cultura thailandese,
del calendario dei 12 animali, che, come afferma il sinologo Bazin, non è
d’origine cinese, bensì turca. Inoltre l’animismo, il culto degli spiriti, se
non proprio lo sciamanesimo tout court professato in molteplici aspetti della
religiosità quotidiana, ma anche questo è un argomento che non possiamo
affrontare esaustivamente in questa sede. Infine potremmo disquisire sui modelli
cosmologico-architettonici dei templi di Bangkok, evocanti reminiscenze
continentali del monte Meru, in Wat Arun, ma questa è di sicuro un’influenza
indiana, quindi più tarda.
Detto
ciò, nella consapevolezza che poche parole non siano decisive per costruire una
teoria linguistica o etnologica, conveniamo nel ritenere essenziale anche
l’altro influsso, quello pacifico-meridionale, legato alla sacralità delle
acque, ai serpenti, ai dragoni e ai Naga e, perché no, alle lucertole nazionali,
descritto da Eliade e Sumet Jumsai, di cui soprattutto quest’ultimo è un
convinto propugnatore.
Il nostro parere in merito alla questione è che tale
influenza non sia dissociabile dalla cultura e dal carattere thailandesi, nel
senso che pur ammettendone una genesi alloctona, si può dire che, nel corso dei
secoli, essa si sia tramutata in una sorta di presenza sintropica e
catalizzatrice dello spirito di questo paese.
Soprattutto il simbolismo del Naga, il serpente, stilizzato
in quella nota immagine iconografica raffigurante il Buddha avvolto da un cobra,
in thailandese งู-ngoo, (verosimilmente dal sanscrito
naga), oppure dai due draghi decoranti la scalinata che conduce al Doi Suthep,
nella città di Chiang Mai.
Per concludere l’articolo intendiamo porre in evidenza la
sinuosità rappresentata del motivo del Naga che traspare, tracimante, fin dalle
più disparate modalità estetico-artistiche in cui s’esplicano il genio e la
cultura tradizionale thailandesi ovunque si posi l’occhio del viaggiatore
recantesi in questo paese, come ad esempio nei motivi ornamentali
dell’architettura dei wat, nelle volute spiraliformi della scrittura,
nell’esecuzione delle danze o nelle arti marziali e soprattutto nelle movenze
ondeggianti e flessuose del massaggio tradizionale thailandese, il celebre
นวดโบราณ-Nuad BöRarn.
Bibliografia:
-
Craig J. Reynolds,
National Identity and its Defenders Thailand 1939-1989, 1993, Chiang Mai
-
William Clifton Dodd,
The Tai Race, Elder Brother of the Chinese, 1996, Bangkok
-
Mircea Eliade , Lo Yoga, 1995, Milano
-
Sumet Jumsai, Naga,
Cultural Origins in Siam and the West Pacific, 1997, Bangkok
-
W. Eberhard, Uzak Doğu
Tarihi, 1992, Ankara
-
S. Campbell and Ch.
Shaweevongs, The Fundamentals of the Thai language, 1968, Bangkok
-
D.
Tömörtogoo, A modern
mongolian-english-japanese Dictionary, 1977, Tokyo
L’AUTORE: Chi è Ermanno Visintainer?
Asokananda's Authorized
Teacher senior della scuola: “The Sunshine Network”
vd.
http://thaiyogamassage.infothai.com/thaimassage.html
Nato
in Italia nel 1961, laureato in Lingue Orientali all'Università di
Venezia, con il massimo dei voti, è un’orientalista eclettico ed
appassionato, con un’autorevole formazione universitaria alle
spalle. Dal 1981 pratica Kung-Fu, Aikidō, Tai Chi Chuan, Chi Kung e
attinenti tecniche di meditazione. Nel 1986, analogamente alle arti
marziali, si interessa alle varie tecniche del massaggio. Durante un
viaggio in Thailandia, si accosta, per la prima volta, al massaggio
tradizionale thailandese, il Nuad Borarn, verso il quale avverte un
immediato e profondo coinvolgimento. In Italia, intraprende il
percorso di formazione e di studio riguardante varie tecniche
inerenti sia al massaggio che alla medicina naturale, che porta a
termine nell'anno 1991, con il conseguimento del Diploma triennale
in medicina naturale ed iridologia, presso l'”Accademia Galileo
Galilei”, a Trento. Nello stesso anno ritorna in Thailandia dove,
non dimentico del fascino, nonché dell'originalità, del massaggio
thailandese, si dedica allo studio del Nuad Borarn e
all’approfondimento dei segreti di quest’antica arte.
Segue
i programmi di varie scuole ed alla “Foundation of Shivago Komarpaj”
presso l'Old Medical Hospital di Chiang Mai, nel nord della
Thailandia, consegue il diploma. Al suo ritorno in Italia comincia a
praticare il massaggio Nuad Borarn e nel 1994 diviene allievo ed
amico di
Asokananda (Harald Brust), l'esponente di maggior rilievo a
livello internazionale di questa disciplina e autore di vari libri
sull'argomento, precursore e leader del Thai Yoga Massage in
Occidente. Nel 1997 consegue il “Certificate of Achievement” per il
livello di Istruttore autorizzato della scuola di Asokananda, la
“International Society for Traditional Yoga And Thai Massage”, con
sede a Chiang Mai, in Thailandia, e insegna il Nuad Borarn in
numerosi corsi di formazione, sia in Austria che in Croazia e in
Italia. Nel 2003 su invito di Asokananda, trascorre un lungo periodo
in Nuova Zelanda, presso la TYMANZ - “Thai Yoga Massage Association
of New Zealand” di cui è membro, e nelle città di Auckland e di
Rotorua, dirige l'attività di insegnamento per conto della
succursale neozelandese. Attualmente risiede tra Italia e Mongolia,
paesi in cui pratica ed insegna il Nuad Borarn. È Vice presidente e
Direttore Tecnico nonché socio fondatore di A.T.T.Y.M.I.
l’Associazione di Thai Yoga-Massage Tradizionale Italia
Sul nuovo sito di Ermanno
www.al-thai.com
mailto:ermanno@al-thai.com
troverai altre informazioni interessanti.
Dott. Ermanno Visintainer - Pergine Valsugana,
Trento -
erenvis@yahoo.it
Asokananda's Authorized Teacher senior
ermanvis@al-thai.com
- tel: 00393407667936 |
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