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IN QUESTO BELLISSIMO ARTICOLO DI EDOARDO TRISCOLI, ABBIAMO UNA SEMPLICE E COMPRENSIBILISSIMA PANORAMICA DELLE 10 MAGGIORI SCRITTURE, USATE NEL MONDO.

Etnografologia: Le magnifiche 10

Di: Edoardo Triscoli  (etno-grafologo pirografista Libraio in Trieste)
 tratto da  

La scrittura esiste solo in una civiltà e una civiltà non può esistere senza scrittura

Così come “l’uomo scrivendo descrive se stesso” (M: Pulver) altrettanto accade per un popolo: la stessa forma delle lettere è la storia dei popoli stessi.

Viaggio, alla scoperta delle magnifiche 10

E’ in questa prospettiva che si pone questo nostro viaggio tra le principali scritture del mondo attuale: un excursus inevitabilmente parziale che cercherà di cogliere “da dentro” le particolarità di un popolo analizzando le sua uniche ed irripetibili scritture.

Lontano dal voler essere una storia della scrittura e delle sue particolari derivazioni, questo breve e riassuntivo viaggio nelle principali scritture del mondo, non tiene conto delle scritture scomparse (anche se vi faremo inevitabili riferimenti) ma solamente di quelle più diffuse e a tutt’oggi ancora in buona salute linguistica e culturale.

Le nostre magnifiche 10 compagne di viaggio, ordinate alfabeticamente, sono le scritture:

  • ARABA

  • CINESE

  • CIRILLICA  

  • DEVANAGARI

  • EBRAICA

  • ETIOPE    

  • GRECA  

  • LATINA  

  • THAILANDESE

  • TIBETANA     

Le scritture, per evitare fastidiose classifiche di importanza, vengono qui proposte in ordine alfabetico che, data la natura dell’ opera, ci è sembrata la scelta più adatta e meno soggetta a sterili (e dannosi) campanilismi linguistici di cui le storie della scrittura sono purtroppo spesso piene.    

Scrittura ARABA

Derivata dall’ antico alfabeto aramaico, la scrittura araba è uno dei tre moderni alfabeti semitici (insieme all’ ebraico e al siriano). Diffusa anche fuori dei paesi arabi (in Iran, Afghanistan e Pakistan) questa scrittura oggi è parlata da più di 200 milioni di persone e include oltre 30 varietà linguistiche (egiziano, algerino, marocchino, maghrebino…). L’ alfabeto arabo, composto da 28 lettere base, si scrive da destra verso sinistra, un segno grafologico legato all’ introspezione, al passato, all’ attaccamento alla propria origini e alla diffidenza per il nuovo. Le lettere si presentano fluide, legate l’ una all’ altra da un filetto che lo scrivente può prolungare a suo piacimento. Grafologicamente questo permette un’ espressione continua e “libera” della propria energia, senza stacchi che interrompano il fluire dell’ azione. E’ una scrittura altamente sinuosa che ricorda i segni lasciati sulla sabbia dalle creature del deserto (non potrebbe essere diversamente) e che somiglia graficamente ad un orizzonte formato da dune incessantemente scolpite dal vento. E’ una scrittura che rivela un carattere nervoso e sicuro, forte ma elastico al tempo stesso.

Scrivere in arabo significa dover possedere un dinamismo grafico (segno di grande vivacità mentale e fisica) che ha bisogno di mano ferma e sicura dotata di una grande qualità del tracciato. Gli insuperabili maestri calligrafi arabi ne sono uno straordinario esempi: guerrieri con la penna al posto della spada. La ricca varietà grafica dei vari stili calligrafici della lingua araba ci mostra una  scrittura con svolazzi, ricci e tratti extramodello, tutti segni che indicano passionalità, energia da spendere e amore per il gesto enfatico, a volte eccessivo ma che serve a sottolineare il discorso. Rigore e misura coperti da fantasia e passione.

Scrittura CINESE

Priva di alfabeto e usata da più di un miliardo di persone, quella cinese può vantarsi di essere una delle scritture più antiche del mondo: troviamo tracce di pittogrammi cinesi già  6.000 anni fa. Dal disegno all’ idea, dal pittogramma all’ ideogramma, il passo non fu breve ma, soprattutto grazie alla scoperta della carta con conseguente uso del pennello, la scrittura cinese venne codificata  nei primi secoli dopo Cristo, quando la Cina, per ovvie questioni politico-amministrative, impone ai suoi sudditi (quelli che potevano e sapevano scrivere) una scrittura comune che resisterà immutata sino ai giorni nostri.  Derivata da scritture magico-oracolari scritte su ossa piatte (scapole di bovino) o gusci di tartaruga, la scrittura cinese restò fedele a sé stessa garantendo così l’ unità linguistica della Cina. E’ curioso notare come i cinesi parlino centinaia di dialetti diversi ma usino un unico modello scritturale.

La Cina fu per secoli un enorme paese agricolo dal potere fortemente centralizzato, chiusa nei suoi immensi confini.  La direzione della scrittura è infatti verticale, e le colonne così ottenute vengono allineate da destra verso sinistra. Grafologicamente il significato è uno scavo interiore e individuale (rappresentato dalla prevalente dimensione verticale della scrittura) che però resta chiusa nell’ ambito della sua cultura (direzione sinistrorsa). Questo atteggiamento viene rafforzato dal modello calligrafico di base: tutti i caratteri cinesi devono venir inscritti in un quadrato perfetto (simbolo grafologico di stabilità e sicurezza) al cui interno l’ ideogramma deve essere equilibratamente eseguito con tratti morbidi che non devono somigliare né a bastoni nè a chiodi. Abbiamo perciò CINESEuna scrittura basata su tanti quadrati che al loro interno “ospitano” rapidi e vivacissimi caratteri: un immenso condominio formato da appartamentini regolari e tutti uguali ma abitati da inquilini che non stanno mai fermi e che differiscono l’ uno dall’ altro. Ogni singolo carattere cinese ha poi una rigidissima gerarchia  nel venir tracciato: prima il tratto orizzontale e poi quello verticale, prima il tratto discendente sinistro e poi quello ascendente destro e via gerarchizzando. Tutte queste regole non depongono certo a favore della spontaneità della scrittura cinese che diventa così espressione di un atteggiamento trattenuto, non immediato e piuttosto complesso. Ma ancora una volta l’ arte viene in soccorso della libera espressione (grafologica) dell’ uomo: i calligrafi cinesi erano lodati ed onorati per le loro splendide calligrafie (quasi sempre illeggibili) solamente da un punto di vista estetico. In questo modo essi potevano esprimere tranquillamente la loro personalità permettendosi di ignorare i modelli ufficiali e statali di scrittura. La libertà dello spirito in alternativa alla rigidità del potere. E’ solo dopo la seconda Guerra Mondiale che la Cina “occidentalizza” la sua scrittura adottando la direzione orizzontale e destrorsa: il drago non scruta più solo al suo interno ma comincia a guardarsi attorno, oltre i suoi confini. La Cina è vicina.

Scrittura CIRILLICA

CIRILLICA

Due fratelli,Metodio e Costantino (che prima di morire prenderà i voti con il nome di Cirillo), ricevettero dai principi di Kiev l’ immane compito di unificare la Russia  partendo da un punto di vista linguistico-religioso. Questo enorme paese aveva due anime: quella occidentale che scriveva in greco e quella slava che si esprimeva con l’ antica scrittura glagolitica (presente in Croazia quasi  sino alla fine del 1.800).

CIRILLICAMetodio e Cirillo (da cui il nuovo alfabeto prenderà il nome) attraverso le sacre scritture misero le basi per unire linguisticamente la Russia e i paesi di cultura slava. La storia farà scegliere ai paesi vicini all’ area cattolico-romana  il latino, mentre i restanti adottarono il cirillico, ancor oggi usato da 257 milioni di russi e da 160 milioni di persone di altre etnie (serbi, macedoni, bulgari…). Modellato sul greco ma con “debiti” anche latini, l’ alfabeto cirillico si fa subito notare per la sua maestosità: una frettolosa occhiata lo potrebbe scambiare per il latino inciso sui monumenti con cui divide una certa solennità grafica, ma non è così, la somiglianza è ingannevole (la loro B corrisponde alla nostra V e la P è la nostra R, ad esempio).

E’ un alfabeto con prevalenti segni diritti (simbolo di volontà) e verticali (indizio di autoaffermazione); presenta anche linee curve, quasi sempre però accompagnate da un tratto dritto. In una analisi grafologica, trovandosi davanti alla presenza contemporanea di tratti curvi e rettilinei, sappiamo che lo scrivente “ospita”allo stesso momento sensibilità e rigore, dolcezza e durezza, sentimento e volontà: La letteratura russa, una delle più famose ed importanti del mondo, ne è una magnifica testimonianza.

 

Le lettere dell’ alfabeto cirillico presentano quasi tutte un piedino, un trattino finale che “stoppa” le aste, terminandole bruscamente: è un segno di grande e costante autocontrollo, di una volontà che sa (spesso dolorosamente e con sforzo) quando fermarsi per impedire agli impulsi di tracimare. E’ l’ anima russa, buona e triste, forte e tragica, espressione di un popolo che ha sofferto ma senza mai perdere la sua grandezza.   

Scrittura DEVANAGARI

Attualmente la scrittura devanagari (letteralmente la scrittura della città di Dio) serve a trascrivere  l’hindi, la lingua ufficiale e più diffusa dell’India (che ospita più di 500 idiomi diversi) parlata oggi da mezzo miliardo di persone. Appartenente alla grande famiglia delle lingue indiane settentrionali e derivante dall’ antica brami, la scrittura devanagari viene anche usata per trascrivere il sanscrito, la lingua essenziale della cultura indiana. Un po’ come il nostro latino, il sanscrito fu usato in passato per DEVANAGARIscrivere i testi religiosi, filosofici e letterari della sapienza indiana. Da sempre culla di civiltà l’India ha dato (e continua a dare) al mondo gli straordinari frutti della sua cultura (quelli che noi chiamiamo numeri arabi sono in realtà indiani); il suo misticismo, oramai patrimonio dell’ intera umanità, continua ad attirare milioni di persone in cerca di risposte spirituali. La scrittura devanagari si riconosce immediatamente per una sua curiosa caratteristica: ogni parola inizia con un marcato trattino orizzontale detto mantra (potenza) sotto a cui si traccia il resto della lettera, dando così l’ impressione che le parole siano “appese” al rigo (e non “appoggiate” come le nostre). Simbolicamente il rigo rappresenta il confine tra conscio ed inconscio, tra socialità e istinto, è la porta sull’ abisso delle nostre pulsioni irrazionali e sconosciute.

La struttura della grafia devanagari, così simile alle radici di un albero, rappresenta perfettamente la spiritualità indiana: uno scavo interiore, un percorso individuale (pensiamo allo yoga) che l’uomo fa nella incessante ricerca di sé. E’ uno scendere DEVANAGARIdentro le oscure profondità della nostra anima per capire e raggiungere la nostra vera essenza. L’abbondanza di tratti curvi indica che la strada non è facile e rettilinea, bisogna aggirare gli ostacoli e le trappole del nostro pensiero (la mente che mente, diceva Osho) , ma questo impegnativo viaggio va intrapreso per raggiungere quella coscienza di sé che ci renderà perfetti e poi maestri in grado di portare gli altri al nostro stesso livello. E’ questo il grande messaggio di pace e di fratellanza della cultura indiana, di quella sapienza che Gandhi definiva “antica come le montagne”.   

Scrittura EBRAICA

Parlato a tutt’ oggi da oltre dieci milioni di persone l’ ebraico affonda le sue radici nella lingua dei Fenici che, grazie alla loro abilità di navigatori e mercanti, imposero la loro lingua (facile da capire e da scrivere) come la lingua commerciale di tutto il Mediterraneo antico. Estinto poi nel 250 a. C. con l’ EBRAICAadozione dell’ aramaico (la lingua degli Aramei, carovanieri dediti ad attività commerciali),  l’ ebraico sopravvisse solamente come lingua letteraria e liturgica fino al XIX secolo in cui ritornò come lingua degli ebrei di Palestina. Un rarissimo caso di resurrezione linguistica che testimonia la fedeltà culturale del popolo ebraico verso le proprie radici. La grafia della lingua ebraica, infatti, è rimasta inalterata per venti secoli con variazioni stilistiche ma non strutturali. 

Orientata da destra verso sinistra (caratteristica grafologica rivelante grande attenzione e difesa della propria identità culturale), la scrittura ebraica viene usata anche per trascrivere altre lingue come lo yiddish (lingua indoeuropea tedesca) e il ladino (lingua neolatina spagnola) dimostrando la fortissima capacità di adattamento degli ebrei, caratteristica che ritroviamo nella grande sinuosità dell’ ebraico corsivo. Completamente diversa e più nota esteticamente è la forma tipografica della scrittura ebraica, detta quadrata, che in effetti quadrata non è, essendo inscrivibile in un rettangolo verticale. 

Ci troviamo di fronte ad una scrittura solenne, scandita da un ritmo regolarissimo (come la musica ebraica e le litanie religiose dei fedeli davanti al Muro del Pianto).

E’ una scrittura che non ha maiuscole (anche se sembra tutta maiuscola) e che non spezza le parole in fine riga. Nell’ ebraico la parola è sacra ed ha un valore assoluto: Dio crea il mondo con la Parola. Espressione di una cultura forte ed antica dagli intensi contenuti esoterici, la scrittura ebraica sembra “fiammeggiare”: le lettere presentano tutte un segno più o meno lungo con una piccola punta che si dirige decisamente verso l’ alto, segno di una insopprimibile e costante tensione verso lo spirito e il divino. Ricorda il roveto ardente dove Dio diede a Mosè le Tavole della Legge, scritte sulla pietra, scritte per durare in eterno: la parola di Dio che viene consegnata all’ uomo attraverso la scrittura.

Scrittura ETIOPE

La scrittura etiope, o meglio, i suoi caratteri (detti fidel) servono trascrivere il tigrigna (la lingua dell’ Eritrea), il ge’ ez (lingua dell’ Abissinia) e l’ amarico (lingua dell’ ETIOPEEritrea). E’ proprio negli antichi territori dell’ Eritrea dei primi secoli dopo Cristo che, grazie soprattutto all’ influenza dei greci, i monarchi di Axum vollero modificare la loro scrittura , staccandosi dai modelli semitico-meridionali dell’arabo del sud per creare questa originale forma scritturale che chiameremo per comodità scrittura etiope (anche se non è linguisticamente corretto). Complessivamente usata da quasi quaranta milioni di persone, questa scrittura presenta 32 consonanti a cui, per ottenere le vocali, vengono aggiunte lievi modifiche: cerchietti, piccole appendici, “bandierine”, allungamenti di alcuni tratti. E’ un sistema ingegnoso che, oltre ad avere una indubbia gradevolezza estetica, rivela l’attitudine di questi popoli a “infiorettare” e “decorare” le loro abitudini: è come aggiungere in casa soprammobili, quadri e altri oggetti che, pur non alterando la struttura di base, ne raffinano e completano l’ assieme.

Le forme della scrittura etiope sono forti e decise, spia di un atteggiamento risoluto ed energico. Simile a diverse altre forme grafiche africane, la scrittura etiope è tracciata con evidentissimi segni verticali che terminano con una piccolissima direzione verso destra (la direzione anche della scrittura etiope): un segno di grande autoaffermazione che però non resta chiusa in sé stessa ma che si orienta verso l’ altro, tenendone conto. E’ l’ antica eredità orientale dell’ ospitalità, è il guerriero che rispetta e onora il nemico.   

Scrittura GRECA

Ad ulteriore riprova che non sempre un popolo numeroso (o che abita in un vasto territorio) ha una influenza altrettanto grande sulla civiltà, i greci, abitatori di una piccola area del Mediterraneo orientale, sono riusciti ad essere uno dei popoli culturalmente più importanti del mondo occidentale. La loro influenza su filosofia, letteratura e linguaggio dell’ intero Occidente è fondamentale. Dopo una fase iniziale in cui la Grecia era composta da varie etnie (e quindi varie lingue) influenzate dalla civiltà fenicia, i greci, esattamente nel 403 a. C. imprimono alla storia della scrittura una svolta decisiva: stabiliscono per tutte le città della Grecia l’ adozione di un alfabeto comune, detto ionico. Scompaiono così dialetti, lingue locali e i greci diventano un unico popolo che parla la stessa lingua. Il loro alfabeto è un capolavoro di efficienza e semplicità: “inventando” le vocali i greci  creano una scrittura estremamente precisa, duttile e capace di trascrivere ogni sfumatura del linguaggio, parole nuove comprese (in una commedia Aristofane scrive una parola di ben 78 sillabe). Prendendo i due classici piccioni con la non meno classica fava, i greci superano le difficoltà delle lingue sillabiche (che non scrivevano le vocali) trasformando alcune consonanti in vocali e assegnando un suono ad ogni lettera. Questa assoluta precisione nel trascrivere il linguaggio parlato fa sì che il pensiero greco possa venir scritto in tutta la sua straordinaria interezza e complessità. L’ influenza della cultura greca è enorme, i modelli estetici, culturali e politici dei greci vengono “esportati” in tutto il Mediterraneo. La loro scrittura è destrorsa (segno di espansione), sapientemente equilibrata tra segni curvi (in leggera prevalenza) e segni dritti, indici grafologici di dolcezza e rigore, di materia e spirito che coesistono senza prevalere l’ uno sull’ altra in un dualismo che ancor oggi è presente nella nostra cultura. Inizialmente nella scrittura greca non c’ erano spazi liberi tra le parole (segno di grande continuità di pensiero e azione), ma poi la insopprimibile capacità di astrazione del popolo greco esplose prepotentemente separando le parole e lo spazio (tra parole) così conquistato è un indice grafologico di capacità rielaborative, chiarezza di pensiero e organizzazione. I fenici chiamavano le prime due lettere del loro alfabeto aleph e beth. I greci alfa e beta e le usarono per comporre la parola alfabeto, la loro più straordinaria invenzione, l’ultima e importantissima tappa della storia della scrittura.

Scrittura LATINA

Graecia capta ferum victorem cepit et artis intulit agresti Latio (la Grecia conquistata conquistò il rozzo vincitore e introdusse le arti nel Lazio contadino). Con questa famosissima frase Orazio sintetizza perfettamente gli elementi fondanti della cultura latina: da una parte la raffinatezza intellettuale ed artistica del mondo ellenico e dall’altra la vitalità e la concretezza del mondo romano. L’ inarrestabile marcia trionfale della scrittura latina  (parallela e complementare a quella dell’ esercito romano) prende avvio nel IV secolo a. C. e dalle colline laziali si espande in tutta Italia (spazzando letteralmente via  gli Etruschi e la loro lingua) per poi dilagare in Europa  e in tutte quelle altre terre che costituirono l’ immenso territorio dell’ Impero Romano. Una storia della scrittura latina (e quindi quella del suo alfabeto) ,meriterebbe molto più spazio data la grandissima importanza culturale che riveste per L’ Occidente (e non solo), ma questa sintetica scheda vuole semplicemente mettere l’ accento sulle caratteristiche di un popolo attraverso le forme grafiche della sua scrittura. Ci limiteremo a dire che il latino (di cui molti di noi conservano ancora indelebili ricordi scolastici), la lingua ufficiale dell’ Impero Romano, fu uno dei primi esempi di interlingua dell’ antichità (un po’ come oggi l’ inglese) e che fu per secoli la lingua colta per eccellenza, la lingua della Chiesa e della scienza (Copernico, Newton e Keplero scrissero le loro opere fondamentali in latino), della letteratura e della medicina (insieme al greco , con cui divide la terminologia medica). Ancor oggi, nella parlata comune, troviamo motti e proverbi latini per tutte le occasioni. La fortuna dell’ alfabeto latino fu dovuta anche alla sua facilità d’ uso e alla sua estrema flessibilità linguistica: oggi, con quasi due miliardi e mezzo di utilizzatori, le lettere latine servono a trascrivere centinaia di lingue sparse in tutto il mondo (anche se non lo capisce, chiunque è capace di leggere l’ inglese, il francese, il norvegese, lo swahili…). Parallelamente alla cosiddetta capitalis quadrata (la lingua delle iscrizioni e delle epigrafi) che esprimeva forza, solennità e sicurezza, troviamo la scrittura latina corsiva, che corre: è veloce (i Romani inventano la stenografia e le abbreviazioni, simbolo di ingegno pratico), precisa e personale. Nel mondo romano si scriveva molto (gli annunci commerciali erano tracciati sui muri e sulle porte con il carbone) grazie ad una organizzata scolarità. L a scrittura latina corsiva, nata da esigenze funzionali (l’ incisione su pietra era troppo lenta e poco pratica), rappresenta uno dei pochi esempi di modello calligrafico “personalizzato”(come oggi), nel senso che ogni scrivente imprimeva alla scrittura (senza nuocere alla sua leggibilità) la sua personale grafia. E’ una grande libertà grafica che riflette la efficiente ed astuta libertà politica del cittadino romano. La legge va rispettata ma lascia sufficiente spazio di manovra al singolo individuo. Prima che l’ inevitabile decadenza la precipitasse negli oscuri secoli del medioevo la cultura latina era solare, terrena ma anche spirituale e morale: vi trovavano posto le oscenità dei poeti licenziosi e il rigore di Cicerone, la disinvolta morale di Orazio alla serietà dei codici della Legge. Tutta questa variegata gamma di elementi si ritrova nella scrittura latina: legata (simbolo di continuità di pensiero), rapida (pensiero veloce ed efficiente) e personale (indice di personalità evoluta), contrapposta  a quella grave ed austera delle iscrizioni monumentali (che ci rivelano rigore, autocontrollo e fermezza). Sono le due facce del mondo romano (e probabilmente anche del nostro): corpo e anima, natura e cultura, mens sana in corpore sano.  

Scrittura THAILANDESE

Orgogliosa della sua identità culturale, la Thailandia (l’ex Regno del Siam) stabilisce la forma della sua personalissima scrittura nel 1283 ad opera di un re che volle allontanarsi (anche graficamente) dal prototipo indiano giunto fin lì tramite il buddismo. Essendo una scrittura sillabica senza vocali il thailandese scritto ha bisogno di segni diacritici che indichino correttamente al lettore la pronuncia, operazione complicata anche dal fatto che è una scrittura tonale (è attraverso il tono del parlato che si distingue la parola). Questi piccoli segni che all’ occhio del profano assomigliano a lunette, “girini” e virgole, si trovano sopra e sotto il rigo e grafologicamente sono indicatori di piccole “trasgressioni”, di rapide fughe, di schegge che si staccano dall’ ipnotica regolarità del corpo scritturale (che è privo di allunghi inferiori e superiori).

La scrittura thailandese è formata da tante linee verticali (segno di forte volontà) che si arrotondano e curvano ai vertici rivelando così un grande senso dell’ altro e abilità diplomatica.

E’ una scrittura che ricorda la foresta e la canna di  bambù (elemento onnipresente nel paese) unita ad un “movimento” grafico sinuoso come quello di un serpente (grande e reale pericolo di quei luoghi).

Parente (perlomeno da un punto di vista grafico) delle scritture dei paesi contigui (Cambogia, Laos…) la scrittura thai presenta un caratteristico e ripetuto cerchietto ai vertici e a metà delle sue lettere: la grafologia ci dice che è un intenso segno di autoaffermazione, è una piccola e perfetta porzione di spazio che il thailandese ritaglia per sé, è una zona personale e inattaccabile della sua anima che non dividerà, mai con nessuno, è l’ Oriente ospitale e labirintico, raggiungibile ma mai completamente accessibile, che ci mostra tanto senza però mostrare tutto. Ed è proprio questo il suo fascino.    

Scrittura TIBETANA

La tradizione vuole che nel 630 d. C. il primo re tibetano convertitosi al buddismo inviasse nel Kashmir un suo primo ministro con l’ ingrato compito di “inventare” una scrittura  con cui il Tibet potesse tradurre i sacri testi buddisti. Nonostante la dolorosa diaspora a seguito dell’ invasione cinese nel 1950 il tibetano è utilizzato da oltre 6 milioni di persone stabilitesi in India ed in alcuni paesi occidentali. Pur conservando ancora qualche parentela grafica con il sanscrito, la scrittura tibetana  presenta per ogni sillaba una evidentissima linea orizzontale superiore da cui partono decisi segni bassodiretti e verso destra: è un soggettivismo marcato che però si direziona verso l’ altro, come uno studioso che approfondisce la sua cultura ma che poi la divide con gli altri.

 E’ la grande lezione del Buddismo: imparare per insegnare. Il tibetano ha una grafia che risente molto dello strumento scrittorio (cannucce di legno e/o bambù) e il suo andamento è destrorso, elegante ed appuntito. Ci parla di socialità ma anche di acutezza di pensiero, di autodisciplina e di controllo senza repressione. Il segno vocalico per scrivere la “o” è posto sopra il rigo ed assomiglia graficamente ad un uccello in volo dalle grandi ali spiegate. Grafologicamente indica lo spirito che si eleva, che esce dal quotidiano per raggiungere vette più alte, ideali più spirituali. Fedele come pochi al credo buddista il Tibet fu l’ unico paese ad applicare realmente il disarmo unilaterale (e infatti fu subito invaso) dimostrando che lo spirito può sfidare la spada, ma che la spada senza spirito è purtroppo vincente. Non sempre ne uccide più la penna che la spada.

Bibliografia essenziale

Esiste una sterminata produzione editoriale che riguarda la storia della scrittura, la linguistica e la grafologia. Nel maremagnum di questi libri segnaliamo quelle opere che sono fondamentali per la comprensione e lo studio della materia trattata:

  • Marco Cimarosti – Non legitur – Stampa Alternativa & Graffiti

  • Peter T. Daniels , William Bright – The world’s writing systems – Oxford University Press

  • David Diringer – L’ alfabeto nella storia della civiltà – Giunti

  • James G. Fevrier – Storia della scrittura – Ecig

  • Ignace J. Gelb – Teoria generale e storia della scrittura - Egea

  • Hans J. Storig – L’ avventura delle lingue –Vallardi

Per quanto riguarda la rete, ci limitiamo a riportare quello che a nostro avviso resta un imprescindibile sito per chi si occupa di scritture: www.omniglot.com

GIULIALIBRI S.a.s. la libreria de “Il Giulia”
via Giulia 75/3        tel.&fax 040-577661       34126 Trieste

giulialibri@virgilio.it

Edoardo Triscoli è co-autore con Carlo Chinaglia dei libri:


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