|
DRAGHIdal sito http://www.tuttocina.it/Tuttocina/Simbologia/drago.htm
In occasione delle festività, in città la gente del popolo si diverte a nascondersi sotto a lunghi draghi fatti a bruco, di carta dipinta, che spaventano i bambini. In breve, il drago è onnipresente ed è pane integrante della vita quotidiana cinese. Una creature benefica
D'altronde, negli ultimi secoli, il drago venne anche associato al potere imperiale: divenne “l’animale emblematico dell'imperatore", detto "Figlio del Cielo", ma anche "Volto di Drago". In questo caso il nostro animale soprannaturale simboleggiava la funzione, che spettava all'imperatore, di assicurare i ritmi stagionali e lo scorrere armonioso della vita. L'Imperatore era garante dell'ordine e della prosperità dell'universo.
Così, in Cina, nonostante il suo aspetto fantastico, il drago non ha mai assunto quelle caratteristiche paurose e bellicose che gli conferirono i nostri artisti, opponendolo a San Giorgio o a San Michele, per esempio. A1 contrario, in Cina lo vediamo spesso bonario, che gioca con un compagno a rincorrere una perla infiammata, il "rubino magico", una specie di pallina irta di una voluta, che si riteneva richiamasse la folgore e il rombo del tuono. Per altri, questa "perla lucente", spesso rossa, rappresenterebbe la luna, o ancore il sole, o perfino l'uovo cosmico, che si ritiene contenga tutta l'energia umana condensata. Di fatto, la voluta raffigurata su questa palla, riproduce il segno figurativo del tuono nella scrittura arcaica. Ed è indiscutibile che il drago fosse del resto strettamente connesso alla pioggia, all'acqua e alle nuvole. Di natura essenzialmente acquatica, il drago compariva regolarmente nel mezzo di nuvole o di flutti, e se spesso si contorce con veemenza, è più per manifestare la propria forza, foga e vitalità, che per esprimere aggressività o furore. In Cina veniva percepito come un animale bonario e giocherellone. Nelle raffigurazioni dei combattimenti tra draghi, questi non si mordono e non si dilaniano mai come si può invece vedere in Iran, nei manoscritti o sulle ceramiche. In Cina la loro fugace apparizione annunciava la pioggia o qualche felice avvenimento politico, per esempio la nascita di un futuro grande imperatore. II drago e la pioggiaLa maggior parte dei cinesi credeva all'esistenza di queste creature e, ancora all'inizio del nostro secolo, in occasione di un'inchiesta, si è scoperto che quattro persone su cinque condividevano fermamente tale convinzione. Padre Huc, un lazzarista della metà del secolo scorso, nel suo famoso libro “L’Empire chinois" ha raccontato che la gente implorava il drago affinché ponesse fine a una siccità catastrofica. Il mandarino della regione sinistrata, inizialmente emise un proclama per invitare i suoi amministrati a osservare una rigorosa astinenza. Poi ognuno fu invitato ad appendere sopra all'ingresso della propria abitazione delle strisce di carta gialla con scritte formule incantatorie, e ornate con una rappresentazione del drago della Pioggia. Infine, come ultima risorsa, se la siccità persisteva, c'era la consuetudine di organizzare processioni burlesche e stravaganti, nel corso delle quali, accompagnati dal rumore di una musica infernale, si portava per le strade e per i campi un immenso drago fatto di legno e di carta. La pioggia si ostinava ancora a non cadere? Allora, in preda all'esasperazione, a male estremi, estremi rimedi, e le preghiere si trasformavano in maledizioni e, dagli ossequi, si passava alle invettive. E il nostro drago da quel momento veniva "sbeffeggiato e fatto a pezzi dai suoi adoratori inferociti". Un comportamento estremamente significativo, che rivela alcuni aspetti della religiosità cinese. Durante il regno di Jiaqing (1796-1821), nel corso di una siccità persistente, nessuna cerimonia in onore del drago era riuscita a produrre alcun effetto, perciò il sovrano ordinò di esiliare fino alle frontiere del Turkestan l'inflessibile drago che si ostinava a non far scendere la pioggia. Indubbiamente si trattava di un'immenso modellino conservato in qualche tempio (in Cina esistevano ovunque templi dedicate al Re dei Draghi, in cui il popolo pregava per ottenere abbondanti raccolti). Sconvolti per questa partenza in esilio e per la disgrazia di cui era vittima il paese, alcuni dignitari di Pechino intercessero presso il Figlio del Cielo, che si degnò di revocare la sentenza; e il drago, richiamato, fu reintegrato nelle proprie funzioni. Si ricorda che all'inizio del secolo scorso molti contadini si opposero alla costruzione delle vie ferrate, con il pretesto che i chiodi e le traversine indisponevano i draghi che vivevano nelle viscere della terra. Per loro, i draghi incarnavano le vene dell'energia cosmica percettibile, manifestatasi sotto forma di catene e di rilievi montani. Questi lavori, questi chiodi e queste rotaie, diceva la gente di campagna, importunano i draghi ferendo loro la spina dorsale. Di fatto, in Cina, ognuno, a seconda della posizione sociale e del grado di istruzione, aveva il proprio modo di percepire o di interpretare i draghi. Per l'uomo comune, della strada o dei campi, il drago era quindi, come abbiamo visto, una creatura benevola e di buon augurio, che annunciava la pioggia e la fertilità, e inoltre era l'emblema dell’imperatore. La sua natura yang, maschile, lo contrapponeva allo yin, di natura femminile e quindi alla fenice, l'emblema dell'imperatrice. Si spiega perché questa due animali emblematici molto spesso siano stati associati e riprodotti insieme.
Artisti e draghiQuesta intensità di vita, questa forza intensa non potevano fare a meno di affascinare gli artisti, e in particolare quelli che usano l'inchiostro e il pennello, gli specialisti del disegno a inchiostro monocromatico. Dal III secolo, Cao Buxing era stato il primo pittore di talento a specializzarsi in draghi, ma il più grande di tutti fu indiscutibilmente Chen Rong, attivo dal 1235 al 1260. I suoi straordinari Nove Draghi, dipinti (nel 1244) a inchiostro, su carta, oggi al museo di Boston, lasciano un'impressione profonda. Non si dimentica facilmente questa visione fantastica, gli animali unghiuti, dalla vitalità sorprendente, che si arrotolano e scompaiono parzialmente negli squarci delle nuvole notturne. Sembra che Chen Rong dipingesse in stato d'ebbrezza e si servisse, a mò di pennello, del suo berretto intinto nell'inchiostro; poi terminava i dettagli con il pennello. La sua opera è d'ispirazione nettamente taoista e, di fatto, ritroviamo spesso dei draghi nelle evocazioni del Paradiso taoista, in cui questa servono da cavalcature agli Immortali che viaggiano tra le nuvole (nuvole che nella maggior parte dei casi sono rappresentate da viticci). Secondo la tradizione, le raffigurazioni dei draghi a cinque artigli erano riservate all'imperatore (per i suoi abiti, il palazzo, il vasellame, il mobilio, ecc.). I principi di quarto e quinto rango avevano diritto soltanto a draghi con quattro artigli; agli altri restavano i draghi con appena tre artigli! Ma questa regola tardiva non è sempre rispettata e ha subito varie modifiche. Vengono chiamati draghi Kui i primi draghi raffigurati sui bronzi arcaici, le giade e la ceramica bianca della dinastia Shang. Da quest'epoca (secondo millennio a.C.), sono associati ai riti "di invocazione della pioggia". L'immagine del drago viene allora ravvicinata al tamburo - che effettivamente serviva a chiamare la pioggia -; si pensava che per magia imitatoria il fulmine prolungasse il tuono del tamburo. Quindi, l'alligatore cinese (Alligator sinensis), attualmente in via di estinzione, e che vive in caverne-tane nelle tre province del Basso-Yangtse (Jiangsu, Zheijiang e Anhui), probabilmente è servito da modello ai primi artisti. Lungo circa due metri, questo animale sverna da ottobre ad aprile per ricomparire in primavera, con il ritorno della vita attiva, della vegetazione e della fecondità. D'altronde la sua pelle veniva utilizzata per realizzare tamburi per il culto, che del resto ancor oggi sono detti "tamburi di Pioggia" nell'estremo sud della Cina e nelle attigue contrade montane (Laos, ecc.). Esiste quindi una sicura identità (in origine, almeno) tra il drago e l'alligatore. ll drago in tutte le sue formePadroni della Pioggia, manifestazioni delle forze celesti, si credeva che i draghi lasciassero i propri rifugi terrestri (come l'alligatore!) o le profondità degli oceani, in aprile, per salire in cielo e da lì far cadere la pioggia tra i lampi e il fragore del tuono. Così annunciavano il risveglio della natura e delle sue energie. Poi, all'equinozio d'autunno, ridiscendevano sulla terra, sotto terra e negli abissi oscuri dei mari. La denominazione "long" era riservata al drago residente nei cieli, il più potente, quella "li" al drago (allora sprovvisto di corna) che si nascondeva nell'oceano, e quella "jiao" al drago dalla corazza di scaglie che aveva la tana nelle paludi o nelle grotte delle montagne.
Così, per molto tempo, nel nord della Cina, i contadini sono stati incuriositi da strane ossa fossili che capitava loro di dissotterrare spesso e che, con la massima naturalezza, chiamavano "ossa di drago". Di fatto questi resti fossilizzati di dinosauri del trias superiore, che hanno da 70 a 225 milioni di anni, richiamano decisamente quelli degli attuali coccodrilli... Con l'unica differenza che il Phobosuchus del cretaceo superiore, per esempio, probabilmente raggiungeva i dodici metri di lunghezza! Si capisce la perplessità dei contadini davanti a ossa di tali dimensioni, quando le dissotterravano. Le ammucchiavano coscienziosamente per farne medicine e polveri magiche. Nelle leggende della mitologia antica, i draghi fungono da veicoli o da traino per le grandi divinità, per esempio il Padre d'Oriente e la Regina Madre d'Occidente. Huangdi, l'Imperatore Giallo, sovrano leggendario, avrebbe, per primo, realizzato un tamburo con la pelle di un drago. Questi tamburi dominavano il fulmine, e Pangu, il nano cornuto, colui che metteva ordine nel caos, che è rappresentato sulle mura di Dunhuang mentre è intento a fare il giocoliere in un cerchio di tamburi. Dunque simboleggia anche il tuono! Durante il periodo della "società primitiva", il drago fu il simbolo delle forze soprannaturali. Con il passare dei secoli, il drago nel Medio Evo assume una forma sempre più fantastica, e l'imperatore si impadronisce della sua immagine, facendone un suo antenato. Nella società feudale, divenne simbolo dell'autorità assoluta dell'imperatore. Lo si vedrà raffigurato su lingotti d'argento che servivano da moneta, e sul trono imperiale, chiamato precisamente "Trono del Drago". Dall'XI secolo, come si può osservare su alcuni affreschi di Dunhuang, viene inserito nei grandi dischi e quadri posti sul petto delle vesti, ricamato sugli abiti e sulle cappe di importantissimi personaggi, e sui flabelli e parasoli portati dai loro fedeli servitori. Il drago a tre artigli era già visibile sulle vesti Tang (618-907), e diventa un elemento costante durante la dinastia Yuan (1279-1367). Alcune leggi suntuarie, severe, promulgate nel XIV secolo, autorizzavano i nobili e gli alti funzionari a portare una veste decorata di draghi ricamati, riservando ai sovrani e a certi principi i draghi con cinque artigli. A partire dai Ming (1368-1644) e durante la dinastia Qing (1644-1911) soprattutto, queste vesti semi ufficiali, di gala, dette esattamente "vesti-drago", divennero sempre più frequenti. I Nove Draghi
|