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ECCOVI, UNA BELLISSIMA RECENSIONE, OLTREMODO RICCA DI PARTICOLARI, DI UN INTERESSANTE LIBRO CHE PONIAMO ALL’ATTENZIONE DEI NOSTRI UTENTI. E’ QUESTO INFATTI UN SERVIZIO IN PIU’ PER LORO, RESOGLI DALLA ATTIVA COLLABORAZIONE MESSA IN ATTO DALLA NOSTRA REDAZIONE, CON ALCUNE CASE EDITRICI.Sangue di serpente“una storia di rabbia e amore”Di: Francesca MapelliAmbientato nel mondo del pugilato, Sangue di serpente (Armando Curcio Editore) è un romanzo intriso di nobili sentimenti: l’amicizia, l’amore, la solidarietà, ma anche la tenacia, la voglia di vincere e di riscattarsi da un destino ingrato. Nato dalla fervida fantasia di Italo Gasperini, scrittore e sceneggiatore, il romanzo è in parte autobiografico. Originario di Parenzo (Pola), quando l’Istria faceva ancora parte dell’Italia, Gasperini ha vissuto per quattro anni sotto gli slavi, nel periodo in cui era in atto la pulizia etnica contro gli italiani, vivendo in prima persona un momento drammatico della nostra storia. Rientrato nella madrepatria ha vissuto per otto anni in campi profughi del nord, patendo terribili privazioni e dovendo lottare per vivere. Ed è proprio in quel periodo che nasce e cresce in lui la passione per la boxe. Anche se determinante per l’approfondimento delle tecniche del pugilato è stato l’incontro con il campione olimpico (medaglia d’oro pesi gallo alle Olimpiadi di Berlino, 1936) Ulderico Sergo, profugo come lui a Mantova. Fu lui a insegnare a ‘tirare di boxe’ al piccolo Gasperini, allora tredicenne, usando guantoni fatti di tela e fieno. La rabbia di quell’infanzia Gasperini se l’è portata dietro tutta la vita, ed ora ne parla nel suo nuovo libro. Scritto con un linguaggio corrente, della vita quotidiana, con dialoghi serrati e immediati, il romanzo riflette l’esperienza di sceneggiatore dell’autore, che utilizza uno stile incalzante e l’espediente del flash-back per far rivivere l’infanzia del protagonista e la sua vicenda. “Camminiamo per strada e qualcosa fa scattare in noi un ricordo, così ci troviamo a vivere su questo doppio piano della vita presente e della vita già vissuta.” Sangue di serpente è in distribuzione da ottobre 2006 in tutte le librerie. Il libroRay è un giovane pugile deciso a eguagliare sul ring il mito del padre. Marcèl è un anziano allenatore che accetta la sfida di renderlo grande per onorare una vita dedicata alla boxe. Léon è un ex pugile la cui carriera è stata stroncata per sempre da un grave incidente motociclistico. Le loro vite si intrecciano in una storia fatta di emozioni forti e sentimenti sinceri, che attraversa con l’energia pulita dell’amicizia un mondo pugilistico dal sapore acre, reso duro da un’umanità senza scrupoli mossa dalla logica del successo a tutti i costi. Una logica violenta, che romperà tragicamente anche gli equilibri più sacri. La storiaPorto di Marsiglia. Sotto una pioggia fitta e incessante un ragazzo dai modi misteriosi entra in un bar. Coinvolto in un’accesa discussione fra tre malviventi e una prostituta, il giovane cerca invano di difendere la donna, ma è ferito. Viene accudito nella stanza di lei, dove i ricordi prendono il sopravvento... Ray Reggiani, figlio di un ex campione di pugilato prematuramente scomparso, torna nel luogo in cui il padre divenne mito con la speranza di riuscire nella sua stessa impresa. Sarà lo “zio Marcèl”, anziano allenatore in una palestra malridotta di periferia, a rendere questo sogno possibile. Con la storia del pugile, inizia il racconto di un’amicizia eterna e di un amore vero. In palestra Ray conosce Léon, un ragazzo la cui passione per le moto compromette la sua carriera pugilistica a causa di un grave incidente. I due diventano inseparabili, “fratelli siamesi”, uniti nelle esperienze belle e nei giorni duri della povertà. In breve tempo, Ray riesce a far parlare di sé, la sua fama è sempre più brillante e i fans aumentano a dismisura. Uno in particolare lo osserva da vicino: si tratta di Mirò, un ricco malavitoso dalle intenzioni poco chiare. D’un tratto, il sogno di un successo sfolgorante è messo in crisi da un problema alle mani. Per far fronte a questa difficoltà, il giovane pugile e il suo inseparabile amico si trasferiscono nella casa in campagna di Marcèl, dove conoscono le sue figlie: Lena è una ragazza vivace e prorompente, Michèle è una donna bellissima ma rimasta intellettualmente bambina a causa di un trauma subito anni prima. Nasce l’amore, fatto di passione per Ray e Lena, di purezza per Léon e Michèle. Ma l’idillio viene spezzato dall’arrivo di Mirò. L’uomo cerca di violentare la bella Michèle e solo il tempestivo intervento di Léon riesce a salvarla. Passa del tempo e il giovane campione è di nuovo pronto a incrociare i guantoni. Alla sfida per il titolo mondiale l’arena è gremita di gente e dopo un’avvincente serie di round critici, l’incontro viene vinto da Ray. Ma tra la folla esultante Michèle scompare, rapita da uno scugnizzo di Mirò. Léon si fa largo tra la folla. Sa già dove trovarla e grazie all’aiuto di uno spericolato tassista la raggiunge nella villa del boss, che la tiene in pugno. Léon è accecato dalla rabbia, un “gorilla” gli sferra contro una coltellata, ma la dolce Michèle gli fa da scudo, sacrificando per lui la sua innocente esistenza. Preso dalla disperazione, Léon si uccide, trascinando Ray nel baratro del dolore: il campione cade nella morsa dell’alcolismo e un giorno qualunque scompare dalla scena, portandosi dietro il desiderio di vendetta. Dopo tre anni Ray è di nuovo a Marsiglia, in un bar mal frequentato del porto. Non impiega molto a uccidere Mirò, ma viene a sua volta ferito. Nel frattempo, allertati dalla notizia del suo ritorno, Lena e Marcèl lo cercano disperatamente. Lo troveranno, agonizzante, su quel ring dove tutto era iniziato. Una letturaLa pioggia cadeva fitta e insistente. A intervalli, sotto le improvvise raffiche di vento, si creavano delle ondeggianti barriere d’acqua che la luce dei lampioni metteva ancora più in risalto. Le vetrine sfavillanti di luci e le scritte al neon rivelavano una città in festa. Ray camminava con passo spedito, facendosi largo tra i passanti protetti da impermeabili e ombrelli. Si riparava alla meglio dall’inclemenza del tempo, rasentando la parte interna del marciapiede. Un pesante giaccone da marinaio con il collo rialzato lo proteggeva, solo parzialmente, dalla pioggia che gli bagnava i corti capelli e il volto marcato. Portava sulla spalla destra una sacca da marinaio che faceva tutt’uno con il suo corpo, scattante e robusto. All’angolo di una galleria, una vecchia dal volto scarno vendeva dei mazzetti di fiori di campo cresciuti artificialmente in serra. Si riscaldava rubando il calore che usciva da una grata metallica sul pavimento. “Fiori... fiori belli! Signori, comprate i bei fiori!” Passandole vicino, Ray parve scuotersi dal suo isolamento psicofisico: tolse dalla tasca del denaro e si fermò davanti a lei. La vecchietta, con un sorriso dolcissimo, gli porse il mazzetto di fiori che riteneva più bello. Il tempo passava in fretta. Sotto la paziente e attenta guida di Marcèl, Ray acquistava sempre maggiore esperienza e conoscenza dei propri mezzi fisici. Si allenava con la stessa caparbietà ed entusiasmo dei primi giorni e quella carica riusciva a trasmetterla agli altri compagni di palestra. La sua costanza e determinazione si propagavano come una febbre. Ognuno cercava di fare meglio dell’altro, e questo portava ad un’emulazione generale. Simile all’ingranaggio perfetto di un orologio di precisione, l’aspirante campione macinava tonnellate di pugni. Il suo bagaglio tecnico diveniva ogni giorno più ricco. Marcèl gli insegnava tutte le sottigliezze del mestiere e Brandt gliele faceva verificare sul quadrato. “Con un avversario scorretto, non puoi metterti a fare dell’accademia!” diceva Marcèl. “Devi adeguarti, altrimenti rischi di perdere l’incontro. Anche se è più forte, un asino non può competere con una volpe. Ricordalo!” Dentro di lui covava cupa, violenta, bruciante, la rabbia: una rabbia cattiva, fatta di silenzio. Spesso spariva per più giorni, ma finivano sempre per ritrovarlo ubriaco dentro la grande arena, con lo sguardo perso nel vuoto. Chi gli voleva bene cercava d’aiutarlo, di essergli vicino; ma era solo una perdita di tempo. Egli rifiutava tutto e tutti. Voleva essere solo, solo con il suo dolore, solo con la sua rabbia. Le parole risuonavano martellanti nell’arena deserta, in un crescendo che si trasformò in un grido disperato: “Ray!... Ray!... Ray!...” Nonostante i molti anni trascorsi, la voce era la stessa. Ma lui non parve accorgersi della differenza. Raggiunse il ring quando esplose l’urlo della folla che lo consacrava campione del mondo: “Ray!... Ray!... Ray!...” L’urlo diminuì man mano d’intensità, fino a fondersi con quello di Lena che lo stava chiamando, mentre correva verso di lui seguita da Marcèl. Ma egli non la udì. Sorridendo felice, sollevò le braccia al cielo e salutò il suo pubblico. (Da Sangue di serpente)L’autoreItalo R. Gasperini è nato a Parenzo (Pola) nel 1937, quando l’Istria faceva ancora parte dell’Italia. È stato per quattro anni sotto gli slavi nel periodo in cui era in atto la pulizia etnica contro gli italiani. Rientrato nella madrepatria ha vissuto per otto anni in campi profughi del nord, dove ha praticato lavori “duri”, avendo come tetto vecchie caserme in disuso. È stato guardia del corpo di vari personaggi di fama internazionale. A partire dagli anni ‘60 si è avvicinato al mondo dello spettacolo, lavorando come attore e sceneggiatore per nomi quali Martin Ritt, Michael Apted, Rolf Thiele, Albert Cardiff, Richard Harrison, Rachid Benhadj e tanti altri. Attualmente vive a Roma, dove coltiva la sua attività di scrittore.
Conversazione con Italo R. GasperiniLa mia passione per il pugilato nasce dalle difficoltà che ho vissuto nei campi profughi fin da quando ero bambino. All’inizio era un modo per non subire la violenza altrui. Ma determinante è stato l’incontro, quando avevo 13 anni, con il campione olimpico Sergo, profugo come me a Mantova. Fu lui a insegnare il pugilato a me e al figlio, mio coetaneo, usando guantoni fatti di tela e fieno. La rabbia di quella mia infanzia me la sono portata dietro tutta la vita, ma ho cercato di indirizzarla nel migliore dei modi o avrei rischiato di diventare un delinquente. Vivevo in un collegio per poveri quando fui aggredito da 7-8 persone. Da quel momento iniziai ad allenarmi con le funi e con le corde per essere più forte, intrufolandomi nella finestra lasciata aperta di una palestra non lontana, mentre i miei compagni andavano in libera uscita. Ho ripreso ad allenarmi da adolescente, con un cugino pugile. Un giorno mi portò in una palestra, dove un boxeur – che sarebbe diventato un campione – mi prese in giro per il mio aspetto tranquillo, sfidandomi a salire sul ring. Fu lì, davanti ai sorrisetti ironici dei presenti, che infilai i guantoni sul serio. Ero rapido come un serpente e dovettero fermarmi, proprio come accade a Ray nella palestra di Marcèl... In realtà sono diversi gli elementi autobiografici presenti nel libro. Michèle, per esempio, ricorda una ragazza che ho conosciuto una sera per caso. Una donna bellissima, che intendevo corteggiare. Sua zia mi chiamò da parte, spiegandomi che nonostante l’età la nipote aveva l’intelletto di una bambina: una sua amica si era suicidata mentre era al telefono con lei e quel trauma le era costato una grave forma di regressione. Al di là di questo, tutta la storia è estrapolata dalla mia vita. Sono esperienze che ho vissuto sulla mia pelle, poi sistemate in forma letteraria come in un mosaico. Sangue di serpente non è una storia di pugilato. È ambientata in quel mondo, ma è una storia di valori alti, di amicizia sopra a tutti, ma anche di tenacia, di voglia di riuscire a ogni costo. Ed è una storia d’amore, di un amore che va al di fuori dei canoni normali, come quello tra Léon e Michèle, puro e innocente ma tanto forte da sfidare la morte. Nel libro il male viene punito, Ray uccide il mostro che ha distrutto le loro vite. Ma non per tutti c’è un lieto fine, alcuni dei protagonisti positivi perdono la vita o soffrono gravissimi lutti. Nonostante questo il mio non è un messaggio pessimista. La vita è come un rosa, è fatta di un solo fiore e di molte spine. E il libro è una rappresentazione realistica di questa vita, così bella ma anche così dolorosa. Se però l’esistenza dei singoli personaggi finisce nel dolore, i valori che li hanno guidati sono eterni e sopravvivono alla loro tragedia. La mia esperienza di sceneggiatore ha influito molto sul mio stile. Da essa ho imparato a capire il senso del ritmo e a eliminare tutto ciò che non è essenziale. In effetti la storia era nata proprio come sceneggiatura, prima che un importante giornalista e scrittore ne intravedesse le potenzialità come romanzo. Per questo chi legge il libro ha l’impressione di guardare un film: ho cercato di usare un linguaggio corrente, della vita quotidiana, le scene sono descritte da inquadrature visive, i dialoghi sono serrati e immediati... È stato naturale passare dalla sceneggiatura al libro. Ma il mio stile essenziale deriva anche dal mio stile di vita. Per un lungo periodo ho vissuto aggressivamente e questo ha senz’altro influito sul mio modo di comunicare. Il tempo è un elemento che mi affascina e nel libro ho dato ad esso un trattamento particolare: un incastro di ricordi e flash-back riportano indietro all’infanzia del protagonista, e l’intero romanzo si regge su una narrazione circolare per cui la storia finisce dove il libro inizia... Anche questo è solo in parte un gioco da regista. È la realtà di ognuno di noi. Camminiamo per strada e qualcosa fa scattare in noi un ricordo, così ci troviamo a vivere su questo doppio piano della vita presente e della vita già vissuta. Nonostante la violenza e il dolore rappresentati nel libro, il messaggio è chiaro: i valori più importanti sono l’amicizia e l’amore, che danno un senso a questa vita troppe volte difficile da capire. Info e contatti:Invitiamo a contattare l’editore per informazioni sul libro o per incontrare Italo R. Gasperini ai fini di eventuali presentazioni, interviste o approfondimenti sul tema. Francesca Mapelli, Divisione Libreria: f.mapelli@curcioeditore.it - tel. 06 22799669 |