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SI ERA DATA MOLTA ENFASI ALL’AVVENIMENTO E FORSE SEMBRAVA ADDIRITTURA ESAGERATA, MA I FATTI HANNO SICURAMENTE SMENTITO QUANTI LO AVEVANO FORSE A TORTO SOSTENUTO… PUNTUALE CI INVIA L’ARTICOLO RECENSIVO ENNIO FALSONI IN PERSONA. QUESTE LE SUE IMPRESSIONI A CALDO SULLA SERATA.

“Night Fight  Project” al Palalido di Milano

AGOSTINO PAVESI: UNO STOICO  EROE BATTUTO IN VOLATA

In una intensa giornata di gare,vedere il match tra lui e  il croato Marko Tomasovic  è stato  come assistere in diretta alla scalata di una terribile montagna .

Di: Ennio Falsoni

Agostino Pavesi, classe 1970, è stato un bravo ciclista dilettante  prima di appendere la bici al classico chiodo ed entrare in una palestra di arti marziali a Treviglio. Fu subito un   nuovo grande amore che  Agostino, sposato e con due splendidi figli che sembrano la sua fotocopia, ha coltivato con la solita  determinazione e pazienza.

Alto un metro e ottantotto, magro e dinoccolato, Agostino ha cominciato col semi contact per passare quasi subito al light contact dove, senza essere un fulmine di guerra, vista anche  l’età in cui ha cominciato a praticarlo seriamente, ha conseguito diversi titoli italiani prima di approdare alla maglia azzurra. Ha continuato ad avere grandi soddisfazioni anche internazionalmente, collezionando nel light contact alcune medaglie di metallo pregiato (bronzi e argenti) sia a livello europeo che mondiale. Non è mai riuscito a conquistare un oro, ma è sempre stato tra i primi. A forza di prendere però qualche cazzotto di troppo dal polacco o dal tedesco finalista di turno, Agostino ha cominciato a fare un pensiero sul full contact, disciplina che lo attirava enormemente. Da Treviglio ha cominciato a sobbarcarsi qualche kilometro  andando a cercare qualcuno che lo preparasse in questa specialità, visto che il maestro Giorgio Mazza con cui è nato sportivamente era uno specialista di semi e light contact. Così  è approdato alla University of Fighting di Claudio Alberton e Max  Greco   che hanno avviato Pavesi ai segreti del ring. Agostino ha militato inizialmente negli 89 chilogrammi quando tirava di semi e light  contact, ma ultimamente faceva fatica a rientrare in quel peso  e ha preferito  gareggiare nella categoria superiore pur concedendo, a volte, qualche chilo ai suoi avversari (la categoria ha il limite di 94 chili, dove notoriamente trovi atleti che normalmente sono intorno ai 100 chili e poi scendono nella categoria inferiore per avere qualche chances di vittoria in più).

La categoria dei massimi è tra le più dure, ma ciononostante Pavesi   continuava a macinare i suoi avversari italiani, sicché è stato inserito   negli azzurri di full contact che hanno gareggiato negli Europei WAKO di Lisbona del novembre scorso. Purtroppo la trasferta non fu molto sfortunata perché Agostino incappò in un brutto destro dell’ungherese Balasz Vargas e fu messo fuori al primo turno. Nonostante quindi i suoi pochi match in questa per lui nuova e dura disciplina, Pavesi ha però colto l’occasione di provare l’emozione, a 36 anni suonati, di sfidare il campione d’Europa in carica nella categoria massimi, il croato Marko Tomasovic.

L’occasione gliel’ha offerta il duo Omar Vergallo e Gianluca Merati della Ludus Magnum di Milano, organizzatori di  “Night Fight Project”, manifestazione che si è svolta  nella consueta cornice del Palalido lo scorso 20 gennaio (al termine dei campionati regionali che hanno visto 370 atleti in lizza),   d’accordo con Claudio Alberton e Max Greco. Era una sfida molto rischiosa vista la poca esperienza  di Agostino e soprattutto conoscendo la potenza dei pugni del croato che nel suo paese gareggia anche nei tornei K1 e tira di low-kick.

Però Agostino, che ha un grande coraggio, sapeva perfettamente che non on gli restavano molte chances di questo tipo e ha scelto di correre il rischio.

Nelle interviste di rito, rilasciate da Tomasovic a delle televisioni private, la vittoria era certa per il croato e per k.o. E anche che il match non sarebbe andato oltre la terza ripresa.

In verità Marko Zaja (ex campione del mondo Wako-Pro anche lui) , coach di Tomasovic, conosceva Agostino Pavesi per averlo visto tirare agli Europei e anche per lui il match era considerato “facile”.

Andando un po’ controcorrente, io invece ho dichiarato che se Pavesi   riusciva a passare indenne le prime tre riprese, il match sarebbe stato tutto da vedere perché Agostino è come una macchina diesel: si scalda lentamente e poi, raggiunta la velocità di crociera, non si ferma più. Ne ha vinti tanti di incontri basando tutto sulla sua “endurance” , ossia la resistenza alla fatica prolungata.

Credo che quella sia tipica propria dei ciclisti, quella resistenza che viene dall’affrontare  terribili dislivelli o prove di velocità prolungata. In quei terribili momenti dove devi arrampicarti o correre al massimo per lungo tempo, devi proprio raccoglierti su te stesso, pensare e parlare coi tuoi muscoli e i tuoi polmoni, cercando di rilassarti ma stringendo i denti, non mollando, anche quando la fatica senti che ti brucia dentro.

E’ quello che è successo sul ring del   Palalido di Milano nel match tra lui e Tomasovic.

Incontro previsto sulle 10 riprese, ha visto il croato schizzare dall’angolo e avventarsi su Pavesi come una furia demolitrice. Il croato sparava bordate terribili di pugno al tronco e al capo di Agostino che era chiuso a riccio. Francamente in quel momento pensavo che sarebbe finito presto il match. Bastava che  solo uno dei quei colpi andasse a segno al mento per porre fine all’incontro.

Invece improvvisamente Tomasovic si è trovato  prosciugato di tutte le energie, svuotato, direi stanco, forse vittima di una preparazione affrettata o approssimata (usciti dalle vacanze natalizie non si è mai al massimo della forma).Nella seconda Pavesi ha cominciato ad uscire dal suo guscio, a piazzare qualche calcio  al tronco, a muoversi sulle gambe. Vista la potenza dei colpi dell’avversario, chiaro che non avrebbe dovuto scambiare alla corta distanza, ma colpire e andare via, colpire e andare via, senza mai offrirsi da fermo.

Nella terza Tomasovic tenta ancora il colpo risolutore, ma Agostino è bravo ad uscire sempre indenne, anche dalle brutte situazioni. E dalla quarta comincia una sorta di miracolo. Improvvisamente il cielo, prima pieno di nubi, si apre e mostra uno sole splendente. Agostino sembra ,incredibilmente avere più energie del croato, comincia a toccarlo anche di pugno e va a segno con qualche bel calcio.Le riprese si snodano, e sembro aver indovinato l’andamento dell’incontro. Tomasovic non è più lui, tira il fiato, calcia poco (tanto che è richiamato anche dall’arbitro), non  sa come venire a capo della resistenza di Agostino. Ma più passavano le riprese, e più si vedeva che anche Pavesi aveva speso tantissimo. I pugni  che tirava  erano quasi al rallenty, li appoggiava, non li frustava. Era stanchissimo anche lui. Dal punto di vista tecnico, a quel punto l’incontro era quasi patetico, tecnicamente scadente. Ma quello che avvinceva era la fatica che i due stavano facendo per finire in piedi. Come scalare una terribile montagna. I coach all’angolo, io stesso, tutti incitavamo Agostino a più non posso. Avesse avuto un po’ più di birra in corpo, avesse avuto un po’ più di potenza nei pugni, avesse…Invece nelle ultime due riprese Tomasovic si è come ripreso da un coma profondo e le ha un po’ dominate. Questo ha fatto la differenza, e la vittoria è stata conseguita proprio sul filo di lana. Davvero peccato per Agostino Pavesi, perché quella sera ha fatto vedere di che pasta sono gli stoici eroi come lui. Complimenti vivissimi, comunque sia andata.

Mi scuso per essermi dilungato a lungo su questo incontro, ma credo che, per la sua intensità emotiva,  sia   valso più di tutti gli altri insieme, anche se sono stati begli incontri.

Barbara Plazzoli, la “wonder woman” italiana,  chiamata a  giocarsi il titolo mondiale a 60 chili di low-kick contro la serba Miljanka Cenic , ci ha messo poco più di 2 riprese a sbarazzarsi dell’avversaria. In verità  la Cenic era partita benissimo, piazzando pregevoli tecniche di calcio e spostandosi armoniosamente nella prima ripresa, tanto che mi sembrava molto più allenata della Cenic vista ai recenti Europei di Skopje, in Macedonia. Ma  a partire dalla   seconda ripresa, ha cambiato ritmo, ha incalzato la serba da distanza più ravvicinata e ha cominciato ad essere più efficace. Ma il capolavoro lo ha fatto all’inizio della terza ripresa. Mentre Cenic stava arretrando, finta di destro e piazza un perfetto gancio sinistro alla punta del mento dell’avversaria. Miljanka cade , svuotata, a terra e si rialzerà solo dopo il conteggio finale. Barbara vince un altro titolo mondiale e per K.O.!

Tra i sottoclou, mi è particolarmente piaciuto l’incontro valido per il titolo italiano “pro” di low-kick (kg.-52,700)  tra il piemontese Ivan Sciolla (allievo di Silvano Casentino) e il vigevanese Filippo Berbiglia della KBT di Fabio Corsari. 5 riprese di grande tasso tecnico e agonistico, quasi interamente dominate dal più pimpante e potente Sciolla (già azzurro sia di light che di full contact – oro agli europei di Lisbona  lo scorso novembre)  che ha costretto l’avversario al conteggio in ben due occasioni.

Così come mi sono piaciute sia l’esibizioni di Musical Form di   Alberto Leopardi (nostro Dittì della specialità nonché campione di livello mondiale), sia l’esibizione di Capoeira che sempre lui ha sostenuto col fuoriclasse  brasiliano  Anderson  Da Silva.

“Night Fight Project”  è stata una bella serata e comunque “diversa” da quelle cui sono abituati gli spettatori milanesi, abituati ormai solo alla Thai Boxe o al K1, perché ha presentato  in maniera gradevole e tecnicamente valida anche le sue specialità principe che solitamente però vengono ignorate nei Gala: ossia, il semi contact e il light contact. Il semi è stato ottimamente offerto, vista la presenza di diversi atleti azzurri,  da un incontro a squadre tra una selezione Lombarda composta da Domenico De Marco, Andrea Ongaro, Fabrizio Gaverini e Gaia Vezzaro che ha affrontato   una selezione Veneta (poi risultata vincitrice per un solo pun to di scarto!) composta da Federico Pagan, Marco Nordico, Marco Tiozzo e Valentina Barbieri.  Il light  contact invece, ha visto un eccellente Fabio Castellini di Mantova battere ai punti Alessandro Borghi  di Corsico, e la bergamasca Adriana Tricoci  battere e aggiudicarsi il titolo italiano “pro” nei 55 chili contro la piacentina Serena Baio della Yama Arashi  Gianfranco Rizzi.

Vergallo e Merati erano alla loro prima manifestazione in qualità di promotori. Visto il successo della formula (uno spettacolo alternativo ai soli), c’è solo da sperare che non si scoraggino e ci riprovino l’anno prossimo.


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