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IL “DUO” ORGANIZZATIVO FORMATO DA  CLAUDIO ALBERTON E MAX GRECO, HA RIPROPOSTO AL PALALIDO DI MILANO UN'ALTRA SENSAZIONALE SERATA DI KICK BOXING E MUAY THAI. CIRCA 3.000 GLI SPETTATORI ACCORSI DA TUTTA ITALIA PER GUSTARSI I BELLISSIMI MATCHES PRESENTATI.  LA SERATA RIPRESA DA ITALIA 1, E' ANDATA ’ IN ONDA MARTEDI 10 APRILE IN TERZA SERATA… A MEZZANOTTE E VENTI! PER ADESSO LEGGIAMOCI LE IMPRESSIONI RICEVUTE DAL PRESIDENTE FALSONI SULL’INTERA SERATA… MA ANCHE NOI STIAMO PREPARANDO UN ARTICOLO PIU’ APPROFONDITO DELLA NOSTRA REDAZIONE, CHE USCIRA’ TRA BREVE.  CONTINUATE A SEGUIRCI…

THE KING OF KINGS 3

Di: Ennio Falsoni

    

Ho sempre sostenuto che se gli ingredienti sono sani e giusti, e si sanno miscelare bene, ne viene sempre fuori un buon cocktail. La stessa cosa dicasi per la riunioni di kickboxing. Se il budget a disposizione di chi deve fare il match-making è adeguato e ci si può permettere ottimi atleti, è chiaro che lo spettacolo che ne scaturisce è di grande qualità . Non si sbaglia.

    

Ancora una volta, Claudio Alberton e Max Greco, i pilastri della University of Fighting di Milano (una delle palestre più note in fatto di sport da ring) si sono impegnati – e molto – in questa loro terza edizione, e hanno saputo deliziare il buon pubblico presente con tutta una serie di incontri validissimi.

     

Hanno aperto le danze Alfredo Di Palma, un atleta di 30 anni e con una trentina di match alle spalle, della University of Fighting e diretto all’angolo dal noto duo, che era opposto al romano Manuel Gatti, di soli 21 anni, allievo di Davide Ferretti , noto maestro anche di vale tudo , di free fight e shoot boxe.

     

Il match è stato molto equilibrato, ma assai spettacolare e avvincente. Alla fine, il giudizio è stato salomonico: una parità che in fondo ha fatto piacere a tutti.

    

Il secondo match vedeva di fronte le uniche donne della serata, due donne d’hoc, due vere campionesse: una era la bergamasca Barbara Plazzoli, campionessa del mondo di low-kick nei 56 chili e una delle atlete più titolate della FIKB, allenata da Massimo Rizzoli ch’era al suo angolo. L’altra era la romana Sonia Mirabelli, della Pro-Fighting Gym di Roma del maestro Alessio Smeriglio, un’atleta assai nota nella Thai Boxe che predilige rispetto alla “kick”. Plazzoli, per contro – o per rendere il favore - saliva di categoria avendo accettato di confrontarsi a 60 chili.

    

Il match ha visto la bergamasca partire in quarta e salire subito in cattedra, almeno per le prime due riprese. La Mirabelli sembrava un po’ sorpresa delle capacità pugilistiche della Plazzoli, ma a partire dalla terza ripresa, ha cominciato a ritrovare il bandolo della matassa, ha cominciato a ribattere colpo su colpo riuscendo a prendere le misure all’avversaria, e finendo davvero in crescendo. Il giudizio vedeva Barbara vincente, ma credo che Sonia, con un allenamento più specifico, possa mettere in difficoltà la campionessa bergamasca. Insomma, è stato solo il primo incontro di quello che mi auguro diventi una serie tra le due, perché sono entrambe molto brave.

    

Terzo match della serata, ed ancora un duello, un confronto di stili diversi. Alfonso Vella, di 28 anni, anche lui della University of Fighting, era alle prese col romano Marco De Paoli, campione italiano “pro” nella categoria kg.64.600, allenato da Giorgio Perreca.

    

Vella è un picchiatore, un atleta che entra duro e che ama lo scontro fisico, il faccia a faccia. De Paoli , atleta più tecnico, invece non ama proprio quel tipo di strategia. Anzi colpisce pedalando all’indietro, combatte non stando mai fermo sul posto, insomma non avendo una grande potenza, mette sempre gli incontri sul piano del fraseggio tecnico.

    

Al termine dell’incontro, il romano veniva decretato vincitore per 2 giudizi a 1. Ma sembra che al tavolo dove erano stati consegnati i cartellini, sia stato fatto un errore, ma troppo tardi.

    

La serata stava per entrare nel vivo col primo incontro internazionale della serata, quello che vedeva di fronte il francese Albert Chay

    

(un atleta di 24 anni che pratica certamente Muay Thai, perché si era presentato coi classici pantaloncini e tutto unto), che veniva opposto ad un altro famoso atleta della University of Fighting, Lorenzo Paoli, già campione europeo Wako-Pro di low-kick nei 60 chili.

    

Occorre subito dire che Lorenzo è un atleta laureato che campa facendo il traduttore simultaneo (ha una sua piccola agenzia). Certamente il lavoro che fa non gli consente di allenarsi come un tempo, e i risultati purtroppo si vedono. Già in Russia, nel tentativo mondiale contro il russo Arthur Tozlyan, aveva subito una dura lezione che deve avere lasciato il segno.

    

Il Lorenzo visto sul ring del Palalido è un atleta insicuro, che non ha fiducia nei suoi mezzi e soprattutto che non tiene molto i colpi. Chay non è un fulmine di guerra, ma è bastato che toccasse duro una volta il milanese, che questi è andato al tappeto e poi ha perduto per k.o. Peccato.

    

Col quinto match eravamo nel pieno della manifestazione che stava montando notevolmente di tono.

    

Sul quadrato un vero gentleman e un vero principe del ring: il bosniaco-serbo Ninic Drazenko, già apparso a Milano in un’edizione di “Kickboxing Superstar” promossa dalla Doria di Lino Guaglianone, che difendeva il suo titolo dagli attacchi del francese Youcef Braham di Parigi.

    

81 chili di peso, alto, longilineo, Drazenko ha una tecnica esemplare e una freddezza incredibile sul ring. Non spreca un gesto, non muove un muscolo della faccia in qualunque situazione, come un grande giocatore di poker. Ma cala sempre l’asso giusto al momento buono.

Il francese Braham, che è stato un ottimo avversario, nulla ha potuto nella quarta ripresa contro una serie a due mani ed è andato al tappeto. Ha saputo passare indenne la tempesta che si era abbattuta su di lui e seppur aperto, ferito e sanguinante in volto, ha portato a termine anche l’incontro che è stato vinto giustamente da Drazenko.

    

Il sesto incontro era molto atteso dal pubblico milanese perché vedeva protagonista una delle stelle del momento del K1, l’italo-armeno Gevorg Petrosian che si allena e abita a Gorizia, un atleta che ha vinto il torneo di Selvazzano (Padova) nel dicembre scorso e che, a soli 22 anni, è ormai molto di più di una promessa.

    

Contro di lui, un francese nerissimo a magrissimo, Stad Cissoko, niente male dal punto di vista tecnico, ma che mancava di potenza. Il nerissimo francese è durato due riprese dove ha cercato di vendere cara la pelle, ma nella terza è stato costretto ad alzare bandiera bianca. Petrosian lo ha steso in una paio d occasioni e l’arbitro centrale, Stefano Valenti, ha deciso che la punizione poteva finire lì.

    

Eravamo in un crescendo di emozioni pazzesco. Nel penultimo incontro della serata, con l’incontro tra Daniele Petroni, il nostro peso massimo più titolato di ogni tempo, e il bielorusso Sergey Guhr, ero anche coinvolto emotivamente.

Notoriamente di Daniele, che è livornese d’hoc, nato e cresciuto alla corte di Massimo Rizzoli, io ho seguito tutta la lunghissima e splendida carriera dai tempi in cui , a75 chili, non aveva avversari in Europa (formidabili le sue vittorie sul mito serbo Ivan Strugar agli inizi della sua carriera!). Daniele affrontava il pericolo bielorusso perché si era lasciato scappare con Carlo Di Blasi, una frase del tipo :” Combatto contro chiunque, purché sia conosciuto…”.

    

La ragione era che Petroni, dopo aver vinto tutto quello che c’è da vincere nel nostro sport, coltivava il sogno di partecipare ai famosi tornei K1 e cercare di trovare un suo posto al sole in quell’ambiente. Igor Yushko, coordinatore del K1 in Europa, gli ha trovato nientemeno di questo Guhr, vincitore del torneo Oktagon nel 2006, un atleta che ha fato parte anche della nazionale bielorussa ai Mondiali WAKO di Agadir 2005 dove conquisto la medaglia d’argento, insomma un campione vero.

    

I due pesavano entrambi 100 chili e ci si aspettava un match durissimo e spettacolare. Beh, devo francamente dire che il match non mi è proprio piaciuto, sia perché inframmezzato da autentiche scorrettezze di Guhr, sia perché dal confronto di questi due pur eccellenti atleti non è scaturita la scintilla della spettacolarità. Roberto Fragale, l’arbitro centrale, ha avuto il suo da fare a dividere continuamente i due, a richiamare Guhr per l’uso della testa bassa. Dalla prima all’ultima ripresa non è scaturito il colpo da k.o. e neppure c’è stato un dominio di questo su quello. Incontro anche noioso, si è concluso con la vittoria di Daniele che comunque ha dimostrato di sapergli sempre tenere testa.

    

Si arrivava così alla fine del bel cartellone con un altro atleta formidabile: il tailandese Kaopom Lek, 27 anni, della scuderia di Alessandro Gotti di Trieste, che affrontava il noto francese Johnny Tancray della scuderia di Didier Le Borgne.

L’incontro, nelle classiche regole di Muay Thai (gomiti inclusi) è stato molto piacevole per il tempo che è durato. Tancray, magro e duro come uno stecco di quercia, non aveva alcun timore reverenziale e ha dato filo da torcere a Kaopom Lek che non riusciva a centrare il volto dell’avversario coi suoi micidiali gomiti.

    

 Ma il tailandese ha cominciato a bersagliare il braccio sinistro di Tancray coi suoi formidabili calci circolari di tibia. E dai uno e dai due (si attua questa strategia per aprirsi successivamente un varco nella guardia dell’avversario), Kaopom Lek ha fnito per spezzar il braccio dell’avversario.

    


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