Abbiamo
raccolto dal sito del Wing Chun Verona questo interessante articolo
su alcune considerazioni in merito al significato di arte marziale,
cercando di fare maggior chiarezza in questo mondo composto da
diversi e variegati stili, soprattutto con riferimento a come la
disciplina viene praticata. Leggiamo quindi cosa ci dice l'autore.
Arti marziali un mondo sconosciuto
Un
osservatore attento noterà una cosa; e cioè che praticare Judo,
Karate o Tae Kwon Do non è assolutamente la stessa cosa che
praticare Aikido, Tai Ch’i, Kung Fu o Wing Chun.
Perché?
Perché le prime hanno tutte le caratteristiche e
le carte in regola per essere semplicemente degli sport marziali;
esse impegnano soprattutto il corpo, richiedono una certa attenzione
e sono sottoposte ad un rigido regolamento sia per quanto concerne
l’allenamento che le competizioni alle quali per lo più si
rivolgono. Ciò giustamente anche per limitare i danni che altrimenti
potrebbero anche essere pericolosi e ridurrebbero il numero degli
affiliati allo sport.
In questo contesto sono state completamente
eliminate tutte quelle pratiche di meditazione, medicina
tradizionale ed introspezione che un tempo erano parte integrante di
queste discipline oggi rovinosamente trasformate in semplici sport
competitivi. Il combattimento eseguito nel rispetto di un
limitantissimo regolamento, con il tempo produce quello che viene
definito riflesso condizionato. In caso di reale autodifesa l’atleta
si comporterà istintivamente in modo da rispettare il codice di
regole del suo sport marziale per cui probabilmente tirerà solamente
un certo tipo di tecnica e non a contatto totale. Il suo corpo
abituato a trattenere i colpi senza affondarli, conosce già la
misura esatta per fermarli alla distanza giusta tale da non arrecare
danno. Inoltre ogni tecnica che si esegue deve essere
necessariamente iscritta in quel codice limitante chiamato Kata o in
cinese Kuen, Lu o Tao.
Nell’Aikido,
come del resto per quasi tutti gli stili cinesi del Kung Fu - Wu Shù,
il discorso cambia leggermente. In questi, infatti, sono rimaste
molte delle caratteristiche antiche quali la meditazione, le forme
di respirazione ed anche tecniche di medicina tradizionale, ma
purtroppo il bisogno di rimanere in carreggiata con tutti gli altri
sport marziali che sono più diffusi e praticati le sta velocemente
degradando al livello di questi ultimi. Oggi giorno il Wu Shù
tradizionale va scomparendo sostituito da quello moderno proposto e
divulgato a fine prettamente agonistico dalla Repubblica Popolare
Cinese. In quest’ultimo tutte le forme e gli stili tradizionali sono
stati sostituiti da moderne concezioni stilistiche, tese ad esaltare
al massimo grado l’aspetto estetico di questo sport che
sinceramente, per quanto bello esso possa sembrare, assomiglia
moltissimo ad una tecnica di ginnastica artistica a sfondo marziale.
Se non può essere certamente discussa la sua bellezza estetica,
certamente può essere discussa la sua efficacia reale. Da qualche
anno soltanto è stato reintrodotto il combattimento libero in forma
molto limitata e regolamentata chiamato Sandà. E’ altresì da notare
che moltissimi atleti del Wu Shù moderno non hanno mai fatto un
combattimento libero a mani nude e men che si dica con le armi.
Anzi, dal momento che non si può fare bene le due cose occorre fare
una scelta: forma, stile o combattimento libero che vengono
praticati ed insegnati come due cose totalmente distinte.
A mio avviso in questo modo abbiamo raggiunto
l’apice dell’abisso, la disintegrazione del concetto stesso di Arte
Marziale. Rimango alquanto stupito che molti praticanti non se ne
rendano minimamente conto.
Bruce
Lee chiamava tutto ciò “inutilità organizzata” che riempie ed
appesantisce la testa del praticante portandolo, marzialmente
parlando, in una sola direzione: il basso!
La costante ripetizione di modelli organizzati di
movimenti e tecniche spesso eccessivamente “fioriti” e inutilmente
complessi, non diventa più uno strumento di liberazione individuale,
né una spinta creativa, ma solamente una barriera, un filtro in più
che rallenta e cristallizza mortalmente, le nostre risposte a una
situazione di reale emergenza.
Vi è poi un altro importante concetto da chiarire
ossia: cosa significa realmente fare Arte Marziale?
Nell’apprendimento di qualunque disciplina che si
possa chiamare Arte, sia essa musica, disegno, scultura o
composizione poetica vi sono delle regole precise cui nessuno si può
sottrarre, queste sono:
-
Mimesi.
-
Immedesimazione.
-
Interpretazione.
Facciamo pure un esempio banale, voglio
apprendere l’Arte del disegno.
-
Mimesi: imito il mio insegnante ed
apprendo da lui la tecnica pittorica, copio centinaia di ometti
per imparare a disegnare nel rispetto delle forme e delle
proporzioni la figura umana, imparo a miscelare opportunamente i
colori e copio dipinti e immagini fatte da altri artisti di
successo, cerco di copiare la natura e gli oggetti che vi sono
nella realtà. Sto facendo Arte? Sicuramente no!
Sto solamente apprendendo una tecnica e forzandomi di
assimilarla bene.
-
Immedesimazione: mi sforzo di
diventare una cosa sola con l’oggetto che mi sto sforzando di
copiare, mi rendo conto che solo calandomi nell’oggetto delle
mie intenzioni riesco a renderlo bene, quanto più simile alla
realtà, quanto più vero. Ma questo non significa fare ancora
Arte, poiché l’Arte è creatività all’atto pratico, è un
espressione libera di me stesso ed io in questa fase sono ancora
legato ad una forma esterna a me con la quale sono però in
intimo rapporto edificante.
-
Interpretazione: questo è lo stadio
della vera Arte. Appresa la tecnica pittorica correttamente,
dopo aver provato e riprovato, dopo aver imparato a sentire la
realtà dentro di me ed essere riuscito a metterla per imitazione
ed immedesimazione su un foglio di carta, finalmente posso
prendere una tela bianca e creare. Il risultato potrà essere
anche qualcosa di completamente diverso da tutto ciò che ho
fatto finora, ma sicuramente rappresenta i moti più liberi del
mio animo, sarà l’espressione sincera della mia personalità, del
mio spirito ispirato.
Per
quanto concerne le Arti Marziali è la stessa identica cosa; è
sorprendente constatare che la maggior parte dei praticanti non
riesce a superare il punto 1) ma, ciò nonostante sia così fermamente
convinta di fare Arte, mentre non sta che apprendendone la tecnica.
Già sono molto rari i praticanti che arrivano al
punto 2). A questi praticanti noi ci riferiamo già come a dei famosi
Maestri; ma neppure questi realmente fanno “Arte” Marziale.
Pochissimi e per lo più sconosciuti sono quei
rari individui che hanno raggiunto il punto 3); alcuni di loro si
possono identificare con i grandi padri fondatori di uno stile o di
una nuova Arte Marziale.
Alcuni
di questi sicuramente sono stati: il Maestro Yip Man per lo stile
Wing Chun, il Maestro Ueshiba, fondatore dell’Aikido, il Maestro
Wang Xiang Zhai fondatore dell’Yi Quan e molti altri.
Come Ueshiba affermò: “Non ho mai eseguito due
volte lo stesso identico movimento, ogni volta che mi muovo è come
se fosse la prima volta; un’esperienza completamente nuova”.
Parole pressoché identiche le udii dalla voce del
mio Maestro di Wing Chun Nino Bernardo, a confermare che
l’esperienza illuminatoria è uguale per tutti.
Per tutte quelle persone assetate di verità che
scendono all’interno delle Arti Marziali, per carpirne il cuore,
l’essenza, la verità è una sola ed ha carattere oggettivo. Alla fine
spariscono tutte le distinzioni stilistiche. Qualunque disciplina
uno pratichi, giunto alla verità, si muoverà e si comporterà in
accordo con tutte quelle persone che pur seguendo stili diversi sono
giunti ugualmente all’essenza dell’Arte Marziale.
Per compiere questo cammino è necessario
spogliarsi, togliere tutto ciò che è superfluo, che appesantisce.
Chi si ostina ad accumulare forme, kata ecc… cammina nella direzione
sbagliata, opposta a quanto vado dicendo, in quanto non fa che
acquisire modelli stereotipati, organizzati ed irrigiditi che
aggiungono detriti su detriti aumentando lo schermo tra noi e
l’avversario e così contribuiscono ad aumentare la confusione e
l’incertezza nel lottatore. |