Considerazioni estive
di un Maestro di kobudo
M° Aureliano Bruno
Siamo
in pieno periodo vacanziero, le palestre tutte chiuse, le città
deserte, il mondo sembra disabitato. Regale solitudine dove l’Io,
intendo l’ Atman, respira e ascolta se stesso. Ma quanto è profondo
l’Atman? Tanto profondo quanto inascoltato, inesistente per la
maggioranza di noi. Sentirsi non compresi è terribile e allora
cerchiamo consolazione nei “valori” conclamati come la Religione, il
Misticismo, l’Arte o lo Sport. Per un po’ stiamo meglio, come quando
cambiamo posizione nel letto, poi un sottile malessere ci pervade.
Che fare? Una cena con gli amici, una sigaretta, un boccale di
birra? Una volta soli quel sottile malessere ricomincia.
Questa è stata per lunghi anni la mia
intima esperienza, fino a quando, per puro caso, ho incontrato il
Tao Te King. Un libricino di Lao Tze dal titolo enigmatico: “ Il
libro del principio e della sua azione”. Il Principio era il
“Tao” e l’Azione o virtù il “Te”.
Dal libro di Lao Tze al Buddismo
Mahayana alla filosofia del Tao, allo Zen, avevo compiuto un viaggio
di molti secoli.
Ritenevo di aver compreso in un colpo
d’occhio la verità della realtà, l’essenza della coscienza dell’
“Io”, il superamento di “Maya”, il “Nirvana” che ci libera dal “Samsara”,
la ruota di nascita e morte. Il senso d’intensa liberazione è durato
a lungo.
Ritenevo di aver compreso la vita e
l’essere, di potermi confrontare con la realtà e controllare questa
realtà e di conseguenza controllare il mio Io. Non potevo sapere che
ciò era impossibile e che questo Io è una convenzione e che
individualmente non va da nessuna parte, come bene dice il Sutra di
Gotama: “esistono le imprese nessuno che le compie”.
Forse la realtà è semplicemente il rifiuto dell’egocentrismo.
E così si ruppe un altro periodo di
relativa pace e il sottile malessere si ripresentò. In principio io
credevo di aver trovato la soluzione al mio problema esistenziale,
ma non era così. Indagando dentro il mio essere feci allora una
nuova scoperta. Il dilemma era forse riflettere sulla vita di tutti
i giorni pensando al passato e il futuro, ma non concentrandomi
sull’unica realtà possibile: il presente.
Forse è proprio questa la realtà:
concentrarsi sul presente, quello che in oriente chiamano “l’infinito
presente” e che io ho trovato personalmente praticando le arti
marziali. Attualmente il sottile malessere è scomparso. Fino a
quando? Non so fino a quando, ma la mia trentennale esperienza la
pongo a disposizione dei miei tanti allievi a tanti dei quali la
offro a titolo gratuito. Il compenso? Riuscire a cogliere nei loro
occhi un lampo di comprensività.
Questo, è il Nirvana! |