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Karate

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Dallo stesso Gichin Funakoshi ripercorriamo i primi passi della diffusione del Karate in Giappone attraverso questo suo racconto ripreso dal sito www.irimi.it, il webmagazine con il quale questa redazione da tempo sta collaborando per una maggior diffusione e conoscenza del karate.

di Gichin Funakoshi
tratto da «Karate-do: My Way of Life»
Ed. Kodansha International

Ripercorriamo, seguendo il racconto del M° Funakoshi, i tempi dell'introduzione del Karate-do in Giappone.

Fu, ricordo, verso la fine del 1921 che il Ministro dell'Educazione annunciò che nella primavera seguente si sarebbe tenuta una dimostrazione di antiche arti marziali giapponesi, presso la Scuola Normale Superiore Femminile (allora situata ad Ochanomizu-Tokyo). La prefettura di Okinawa fu invitata ad intervenire alla dimostrazione, ed il Dipartimento dell'Educazione mi chiese di dimostrare la nostra locale arte del Karate nella capitale giapponese. Io, naturalmente, accettai immediatamente e cominciai a fare progetti.

Dato che il Karate era allora poco conosciuto fuori da Okinawa, e dato che le persone a cui doveva essere presentato ne sapevano poco o niente, pensai che ci fosse bisogno di qualcosa di piuttosto drammatico nella maniera di presentarlo. Ciò che feci, di conseguenza, fu di fotografare varie posizioni, kata, movimenti delle mani e dei piedi, e di ordinare le foto su tre lunghi rotoli. Li portai con me alla capitale. L'intera dimostrazione si rivelò un grande successo, ma penso che lo fu particolarmente per la mia presentazione dell'arte di Okinawa alla popolazione di Tokyo.

Avevo programmato di tornare alla mia isola nativa immediatamente dopo la dimostrazione, ma posticipai il mio ritorno quando il defunto Jigoro Kano, fondatore e presidente del Judo Kodokan, mi chiese di tenere una breve conferenza sull'arte del Karate-do. Dapprima esitai, non ritenendo di essere sufficientemente all'altezza, ma poiché Kano era così convinto, accettai di dimostrare alcuni kata per lui. Il posto doveva essere il Kodokan stesso, ed io avevo pensato che solo un piccolo gruppo, probabilmente lo staff degli insegnanti più anziani, sarebbe stato presente per la mia esecuzione. Con mio grande stupore trovai invece oltre un centinaio di spettatori ad attendermi.

Come partner nella dimostrazione avevo scelto Shinkin Gima, che allora studiava alla Tokyo Shoka Daigaku (ora Università Hitotsubashi). Gima era un karateka di prim'ordine che aveva praticato intensamente prima di lasciare Okinawa. Molto impressionato, Kano mi chiese quanto tempo si sarebbe impiegato per approfondire il kata che avevamo dimostrato.

«Almeno un anno», risposi.

«Ah, è troppo», disse. «Potreste insegnarmene solo qualcuno dei basilari?»


1930 - Dojo dell'Università di Keio
Il M° Funakoshi ed i suoi allievi dimostrano Heian Nidan

Da semplice insegnante di provincia quale ero, mi sentii molto onorato per questa richiesta da parte di un grande maestro di Judo quale Jigoro Kano, e così, naturalmente, accettai.

Qualche tempo dopo, stavo nuovamente preparandomi a ritornare ad Okinawa quando una mattina fui chiamato dal pittore Hoan Kosugi. Egli mi disse che quando visitò Okinawa qualche tempo prima per una spedizione di pittura, era stato profondamente impressionato dal Karate e voleva imparare l'arte ma qui a Tokyo non riusciva a trovare n&ecaute; insegnanti né manuali. Volevo io, chiese, considerare di rimanere a Tokyo un po' di più per istruirlo personalmente?

Così, ancora una volta, rimandai la partenza e cominciai a dare lezione ai membri di un gruppo di pittori di cui Kosugi era il presidente. Dopo alcune sedute, capii improvvisamente che se volevo vedere il Karate-do conosciuto in tutto il popolo del Giappone, io ero l'uomo adatto e Tokyo era il posto dove incominciare. Così scrissi ad Azato ed Itosu esponendo loro la mia idea, ed entrambi i maestri risposero con lettere di incoraggiamento, ammonendomi contemporaneamente che mi sarei trovato in un periodo difficile.

In ciò, come avvenne, essi ebbero più che ragione. Mi trasferii nel Meisei Juku, un ostello per studenti di Okinawa (situato nel quartiere Suidobata di Tokyo), dove mi fu permesso di usare l'aula di lezione come dojo temporaneo quando non era usata dagli studenti. Comunque, il denaro era un problema critico: non ne avevo di mio, la mia famiglia ad Okinawa non era proprio in grado di mandarmene, ed io all'epoca non riuscivo a trovare finanziatori, poiché il Karate era ancora virtualmente sconosciuto.

Per pagare la minuscola stanza dove dormivo, intrapresi ogni sorta di lavoro saltuario alla pensione: sorvegliante, custode, giardiniere, spazzavo persino le stanze. A quel tempo avevo pochissimi studenti, così naturalmente le rette che mi pagavano non erano sufficienti a sbarcare il lunario. Per favorire la soluzione al problema di come avere abbastanza da mangiare, persuasi il cuoco dell'ostello a prendere lezioni di Karate, ed in cambio egli mi concedeva una riduzione sul mio conto alimentare mensile. Era una vita difficile, ma quando ci ripenso dopo tutti questi anni, concludo che fu anche bella.
Ed ebbe anche momenti piacevoli. In quei giorni, le interviste su giornali e periodici erano rare, ma un giorno apparve un reporter nell'ostello. Mentre si avvicinava ero intento a spazzare il viale del giardino e, ovviamente, mi scambiò per un domestico.
«Dove posso trovare il signor Funakoshi, l'insegnante di Karate?», chiese.

«Un momento, signore», risposi affrettandomi. Salii rapidamente in camera mia, indossai il mio kimono da cerimonia, e poi scesi verso l'ingresso dove stava attendendo il reporter.

«Come sta?», dissi. «sono Funakoshi.»

Non potrò mai dimenticare l'espressione di sbalordimento sul viso del giornalista quando si rese conto che il giardiniere ed il maestro di Karate erano la stessa persona!

Un'altra volta fui chiamato dal segretario del barone Yasuo Matsudaira, che abitava accanto al nostro ostello.

I Matsudaira erano, naturalmente, una famiglia importante, ed il barone e sua moglie erano genitori adottivi della principessa Chichibu.

«Sono venuto», disse il segretario, «per ringraziare l'anziano signore dell'ostello che spazza il terreno davanti al nostro cancello ogni mattina. Il mio padrone gli manda questo piccolo segno di gratitudine». Con ciò, mi porse una scatola di dolci.

L'epilogo della storia si verificò pochi anni più tardi, quando la stessa persona mi fece visita di nuovo per scusarsi per avermi chiamato «l'anziano signore che spazza il terreno». Egli continuò: «Allora, naturalmente, non avevo idea che voi foste l'illustre esperto di Karate, Gichin Funakoshi».

È vero che i giardini della casa dello studente richiedevano parecchia attenzione, poiché spesso i ragazzi venivano lì a giocare. Dopo un'ora di pulizia spaccaschiena a causa loro, talvolta li sgridavo dicendo che era giusto giocare in giardino ma non mettere in disordine i giardini.

Un giorno, uno di essi, un piccolo demonio dalla lingua tagliente mi chiamò «karasu-uri» (zucca vuota di serpente) e poi i ragazzi iniziarono il coro. Tutto mi sembrava misterioso e non capivo perché ero stato paragonato ad una zucca vuota fino alla sera in cui mi guardai nello specchio e scoppiai a ridere quando vidi la rassomiglianza. Sebbene io non beva alcolici, il mio colorito è piuttosto roseo , e poiché la mia pelle è anche estremamente liscia, potei capire come, nella mente di quel ragazzino, apparivo come un melone che diventa arancio chiaro quando matura.

Così, per i miei allievi ero l'esperto di Karate, per la famiglia Matsudaira ero solo un anziano spazzino e per la banda di bambini che giocava nel giardino ero ... una zucca di serpente. Trovavo tutto ciò estremamente divertente; ciò che trovai meno divertente furono i giorni di penuria in cui non riuscii a raccimolare abbastanza denaro per comprare il necessario per vivere.

Un giorno decisi che avrei dovuto impegnare qualcosa, ma la questione era: che cosa? Era improbabile che possedessi qualcosa degna di essere data in pegno. Alla fine trovai un vecchio cappello che avevo indossato ad Okinawa ed un kimono di Okinawa tessuto a mano. Li avvolsi con cura e mi avviai camminando con circospezione verso un'agenzia di pegno distante, poiché non volevo che qualcuno degli studenti dell'ostello sapesse della cosa.

Infatti, mi vergognai persino a mostrare i due oggetti al commesso dell'agenzia, poiché entrambi erano vecchi ed usati e, temevo, proprio indegni. Ma il commesso li portò in una stanza nel retro del negozio, dove udii due uomini (l'altro era, probabilmente, il proprietario del negozio) bisbigliare. Dopo pochi istanti, l'impiegato riapparve e mi porse una somma di denaro sbalorditivamente grande.

Fui molto confuso finché, in seguito, appresi che il fratello minore del commesso era un mio allievo. Anzi, ora che ripenso a quegli anni, ricordo numerosi gentili benefattori, fra i quali Hoan Kosugi e gli altri pittori del suo club, e per tutti loro provo un durevole sentimento di gratitudine.


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