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Kung Fu

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Una lezione speciale di kung fu

di: Franco Piccirilli

Una lezione speciale di kung fu?. No, direi proprio di no. Piuttosto direi semplicemente kung fu.

Perché questa occasione? Per una nostra esigenza? Se per esigenza intendete dire piacere allora siamo d'accordo. Sì, è proprio per il piacere di dire e fare ciò che ci piace. E se ci piace stiamo bene (io e Roberto). Se (io e Roberto) stiamo bene trasmettiamo energia positiva e quindi non possiamo che farvi star bene per il fatto che noi stiamo bene.

Non c'è male come inizio, vero? Aspettate il resto prima di ridere….. o piangere, dipende da come state.

Non c'è un argomento specifico di cui parlare se non quello di cui parleremo e che siamo certi vi interesserà.

Da un po' di tempo abbiamo percepito l'esigenza vostra di confrontarvi sui temi della Vita (della serie: kung fu arte di Vita) e questo ci ha quindi stimolato queste nostre riflessioni, se mai ce ne fosse stato bisogno….

Voi tutti siete qui per imparare il kung fu. Ok! Bene.

Siete venuti con una certa idea di cosa potesse essere il kung fu. Vi siete iscritti ed avete cominciato a fare kung fu: una serie di tecniche e movimenti per la difesa personale.

Bene, vorremmo dirvi, senza offesa, che tutti voi, compresi gli anziani (che sono tali solo perché da più tempo in palestra) non state facendo kung fu, e quello che fate lo fate anche male, senza passione. (Aspettate a replicare e tenete bene a mente quello ho detto).

Perché vi diciamo questo? Non certo perché noi facciamo meglio di voi. Anzi… come avete potuto vedere in palestra, a volte siete stati migliori di noi nel trovare le tecniche. E allora perché? Perché qQuello che voi fate non è il kung fu per il quale siete venuti in questa scuola e che pensate sia tale. Pensate a cosa è per voi il kung fu. Bene. In realtà voi fate altro.

Vi domanderete: non facciamo kung fu? E allora cosa facciamo?Cosa? Voi fate kung fu per quello che non pensate sia, ma per quello che il kung fu veramente è. (ricordatevi questo, è importante). Forse non lo sapete, ma possiamo assicurarvi che è così. Vi vediamo sentiamo muovere, vi sentiamo vediamo parlare, vi percepiamo emotivamente.

E quindi vi chiederete: ma allora cosa è il kung fu che ci insegnate? Se vi domandate questo allora è bene che ascoltate e riflettete attentamente il seguito.

Ci siamo chiesti qual'è veramente il motivo per cui siete qui e continuate a rimanere qui. Non sono certo le tecniche di kung fu. Ma è certamente altro dalla tecnica.

Ma cominciamo dall'inizio. Come siete capitati in questa scuola? Semplice:, amici, passaparola, ecc.

Questo in una visione superficiale. Ma in una visione più profonda le cose non sono sempre ciò che sembrano appaiono.

Se credete alla casualità, il fatto che siete qui può esserne una conferma. Casualmente un amico vi ha parlato della palestra, casualmente avete visto un volantino, ecc.

Ma noi pensiamo che siate qui per ben altro motivo che non la semplice casualità. Siete qui per una causalità. Casuale e causale sembrano simili ma sono profondamente diversi. E' questa causalità Ed il motivo per il quale noi siamo entusiasti di voi, e per il quale ci piace stare con voi.

Immaginavate forse il contrario?

 Pensate al perché vi piaceva il kung fu quando siete venuti in palestra. Voi eravate in viaggio verso la palestra ben prima di arrivare in palestra. Cosa vogliamo dirvi con questo? Che avete cominciato ancor prima di venire in palestra a sentire qualcosa. Questo qualcosa ha poi preso la forma del "mi piacerebbe fare kung fu". Ma il "mi piacerebbe…" è partito prima, e non crediamo di sbagliarci dicendo che forse è sempre stato dentro ognuno.

Ognuno di noi è sempre in cerca di qualcosa. Ma cosa è questo qualcosa? Forse è sempre la solita cosa, ma in ognuno assume poi forme diverse, emerge con espressioni diverse. Ma è sempre la stessa sostanza, o meglio la stessa sensazione.

Ognuno è un cercatore. Noi come voi. Voi come noi. L'uomo in quanto tale non si è mai fermato pur avendo quello che ha sempre voluto avere. Si è sempre mosso verso qualcosa, spesso in modi diremmo innaturali (per usare un eufemismo). Non è mai stato fermo, non è mai arrivato. Non possiamo dire che non sia così. Vero? Tutti  voi sentite un qualcosa dentro che si agita, a volte più forte altre volte meno, ma comunque si agita. Si agita perché non siete siete consapevoli di cosa sia. Se ne foste consapevoli non vi agitereste, ma agireste. E siccome non lo conoscete, allora si cerca cercate di calmare questa agitazione con dei surrogati che sono poi tutte quelle cose esteriori di cui voi vi circondate (sia oggetti sia anche persone). Ma questa agitazione, questo latente senso di insoddisfazione, rimane.

Questo è forse il motore con il quale siete arrivati qui.

Ancora una volta qui pensate di trovare qualcosa che acquieti questa agitazione:, difesa personale, meditazione, compagnia, ecc.. Ma al contrario avete invece percepito qualcosa che non pensavate consciamente, ma che avete sentito andare a toccare l'oggetto del cercare.

Quello che noi diciamo durante il corso di kung fu ha toccato ognuno di voi, non perché la pensate come noi, ma perché va oltre quello che ognuno di voi pensa sia.

Non sapete perché, ma in qualche modo ne siete rimasti affascinati. (abbiamo del fascino, potete negarlo, ma noi sappiamo che è così….).

Qualcuno più sensibile ha poi cominciato a comprendere questo processo, questo viaggio. Ma per la maggior parte rimane in superficie. Perché?

Conoscete la storia della tazza di tè? Se non la conoscete fatevela raccontare da chi la conosce.

Vorremmo adesso semplicemente portare l'attenzione sulla vostra mano: provate a stringerla, come un pugno e domandatevi: posso afferrare ciò che voglio?

Adesso provate a tenere la mano aperta e domandatevi: posso afferrare ciò che voglio?

Le risposte sono semplici, vero? Eppure in queste risposte c'è un oceano di verità che non riuscite a cogliere.

Cosa rappresenta il pugno chiuso?

Cosa rappresenta la mano aperta?

Il pugno chiuso è chiusura mentale, è reagire con schemi mentali (condizionamenti, regole morali, regole sociali e culturali), è illusione, è attaccamento, è paura, tutte cose per le quali le persone non sono disposte a cambiare, bensì a lottare per quel modo di pensare.

La mano aperta è disponibilità mentale, è disillusione, è contatto, è relazione, è disponibilità a mettere sempre in discussione le nostre idee, ad andare oltre gli schemi mentali… è libertà.

E' solo una rappresentazione metaforica. Bene, razionalmente ci arrivate a capire (contenere), ma questo non vuol dire che avete compreso (prendere fino in fondo) il concetto. La comprensione è ben altra cosa.

Potere dire, ma poi senza comprensione non potrete mai fare.

Solo dopo aver compreso potete muovervi in maniera naturale, essere consapevoli di ciò che sentite e non pensare per poi sentire.

Così le pure tecniche di kung fu rimarranno tali se non c'è comprensione.

Non preoccupatevi più di tanto (forse) ma questo fa parte del cercare.

Noi non possiamo insegnarvi cosa cercare, anche se lo sappiamo…., ma, forse, possiamo dirvi come cercare.

Cosa cercare è ciò che è dentro ognuno, non possiamo dirvelo noi. Ognuno deve arrivarci per proprio conto. Solo allora avrà compreso. Il modo è una tecnica, è una strada da percorrere.

Ed è quello che state facendo con noi.

Durante il nostro cammino entriamo in relazione con altri esseri, chiamateli persone se volete, anche se come avete sentito non sono la stessa cosa.

A volte si tratta semplicemente di un saluto, altre volte si può percorrere una pezzo di strada insieme, quanto lungo non si può dire. Dipende.

Ma non è questo che interessa. Quello che ci interessa è come si entra in relazione: con i modi regolati da questa società?, oppure per ciò che sentiamo?

Nel primo caso , cioè attraverso i modi regolati da questa società, sono le situazioni con tutte le regole e tutti i pregiudizi che abbiamo. Ogni situazione suscita in noi qualche emozione, ma solo dopo aver pensato alla situazione, cosa ci guadagniamo e cosa ci perdiamo. Facciamo un confronto , valutiamo la convenienza di fare o non fare, in relazione a quanto l’altro ci sta dando.

Il secondo caso, cioè attraverso quello che sentiamo, rappresenta il modo di relazionarsi che è espressione di ciò che sentiamo e non di quello che la situazione ci fa sentire. Va oltre la situazione, per il piacere della relazione in se con l’altro Essere, per il piacere di dare, sicuri che se sentiamo di dare è perché anche l’altro ci sta dando qualcosa di suo.

Ne cogliete la differenza?

Il primo caso (i modi regolati dalla società) rappresenta il modo di vivere razionale, mentre il secondo (per quello che sentiamo) è il modo di vivere la spontaneità, la naturalezza, l'armonia. La vera relazione tra esseri.

Per giungere a questo c'è bisogno di andare oltre la situazione sociale, morale, culturale.

Per andare oltre dobbiamo saper riconoscere il modo con cui interpretiamo la realtà.

Si, perché tutti voi interpretate la realtà confrontandola con le regole morali, culturali, sociali, ed anche religiose, che vi hanno detto, insegnato. Come potete pensare di nascere con regole sociali, culturali, morali, e religiose. Se foste nati in un altro paese non occidentale, credete che avreste pensato allo stesso modo, visto la stessa situazione allo stesso modo? Pensate soltanto al conflitto del mondo occidentale e Islamico.

Allora siamo consapevoli di ciò che siamo? O Meglio: siamo ciò che siamo o siamo ciò che siamo diventati?

Certamente siamo d'accordo sul "siamo ciò che siamo diventati"

Bene. Allora, come possiamo dire di sentire, giudicare la realtà di ciò che viviamo? O peggio come possiamo dire di poter fare ciò che vogliamo se solo volessimo, dal momento che non siamo ciò che siamo ma siamo ciò che siamo diventati?

In realtà non vivete ciò che sentite, ma sentite ciò che vivete attraverso un processo inverso per cui la mente produce una serie di sensazioni, secondo schemi che altri vi hanno detto. La mente interpreta la realtà per quello che siamo diventati e non per quello che siamo.

Non vivere le sensazioni, comprendendo con la mente ciò che sentite è Essere ciò che siamo.

Dunque ciò che sentite c'è. Rimane lì. E’ dentro ognuno. E deve poter venir fuori in qualche modo. In che modo? Attraverso manifestazioni esteriori quali ad esempio rabbia, insoddisfazioni, somatizzazioni.

Volete vivere bene? Certamente tutti lo volete. Allora perché continuate a stare come state? Quando state male (intendendo uno stato di disarmonia interiore) è unicamente perchè volete stare male. In un certo senso vi piace stare male. E allora perché togliervi questo piacere se lo volete?

Direte: non lo vogliamo. Ma allora come si fa a stare bene? La domanda in sè in realtà è posta male... non ha senso. Non è come si fa a stare bene, non c'è una tecnica da apprendere, ma un processo mentale da comprendere.

Potete riconoscere che di stare male? e per cosa si state male?.

Riflettete: come potete cambiare ciò che non riconoscete? Per cambiare qualcosa dobbiamo prima conoscerlo e forse poi possiamo cambiarlo. In ogni caso se non riconoscete che state male e non conoscete per cosa, cosa potete cambiare? Vuol dire che state bene come state, va bene così. Ma continuate a stare male, a vivere in disarmonia, in contraddizione con voi stessi.

Riconoscere di stare male è guardarsi dentro, è ammettere, è vedere quello che forse non volete vedere. Perché non volete ammettere di stare male? Perché ammettere questo vorrebbe dire mettere in discussione tutto ciò che credete e su cui avete impostato il vostro modo di vivere e di giudicare la realtà. Cosa succederebbe se buttaste via tutto quello su cui avete creduto fino ad ora?

O vi impiccate (e credete, a volte capita) oppure cercate di comprendere il processo per il quale: siamo ciò che siamo diventati.

Allora potete ammettere questo? Se pensate di stare bene allora non ha senso che siate qui adesso. Ma pensiamo che per il solo fatto che siete qua è perché sentite in qualche modo questa esigenza, sentite che c'è altro da quello che state vivendo, che se vissuto vi farà essere ciò che siete, in armonia con voi e con il mondo. Mondo inteso come natura e non come società organizzata con proprie regole culturali, sociali, morali ecc., ma, come elementi di questa natura, ci muoveremo in maniera spontanea, seguendo ciò che sentiamo.

Certamente le domande che vorrete fare sono tante. Ma più che domande vi invitiamo a riflettere su quello che abbiamo detto, liberamente, con la mano aperta. La mano aperta implica abbandono, abbandono dai pregiudizi e condizionamenti per cui state come state. Dall'abbandono emerge il nostro modo naturale di esprimerci, i nostri veri bisogni, il piacere vero della relazione con l'altro Essere. Entrare in una forma di comunicazione non verbale con l'altro Essere, in empatia con esso. Andare dentro l'Essere, non verso la persona.

Questo implica parlare di sentimenti, ciò che di più intimo abbiamo e che offriamo in maniera aperta (ricordate la mano aperta?). Quando? Quando sentiamo che l'altro Essere prova le stesse sensazioni, per cui può comprendere le nostre. La comprensione dei sentimenti è priva da ogni forma di giudizio, e pregiudizio. In questo stato empatico ci sentiamo a nostro agio in unacondizione di armonia con l'altro Essere, tanto da poter dire di essere uno con l'altro. Possiamo allora condividere le sensazioni con l'altro Essere proprio perché comprendiamo le nostre emozioni che sono le emozioni dell'altro Essere con cui entriamo in relazione. Percepiamo l'altro non più come persona ma come Essere.

Per poter riconoscere empaticamente l'altro dobbiamo aver fiducia. Avere fiducia, certo, ma non nell’altro, ma in noi stessi, in quello che sentiamo. Aprirsi all’altro per il piacere di farlo, consapevoli che se sentiamo questo piacere è anche perché l’altro ci sta dando a sua volta segnali in questo senso. Percepiamo questo scambio di energia con l'Essere. Non è possibile sentire di aprirsi all’altro Essere se questo a sua volta non si mettesse in contatto con noi, attraverso una serie di modi di comunicare i cui contenuti vanno oltre le parole, e che vanno a toccare qualcosa dentro, forse l'oggetto del cercare, che non appartiene al mondo sociale, ciò che siamo diventati, ma fa parte del mondo naturale, di ciò che siamo.

Ma abbandonarsi implica il perdere il controllo e "normalmente" non è bene perdere il controllo: potremmo fare e dire cose che non vorremmo che l'altro possa pensare di noi, o di cui potremmo poi pentirci, sentirci in colpa verso l'altro. Ma cosa è il senso di colpa? Pensate sia qualcosa di innato? Pensate sia questo il rispetto verso gli altri? Il rispetto verso gli altri pensate venga prima del rispetto verso se stessi? No, direte voi. Ma allora potete dire cosa è il rispetto verso se stessi? Se dite che proprio perché rispettiamo gli altri rispettiamo noi stessi, questo vuol solo dire che per rispettarvi avete bisogno di essere accettati dagli altri , e per essere accettati dovete rispettare gli altri. In realtà quindi siete quello che gli altri vi dicono di dover essere, non quello che siete veramente.

E allora potete dire che il rispetto verso se stessi sia l’essere consapevoli di ciò che naturalmente siete? L’essere consapevoli dei veri vostri naturali bisogni? Se pensate di poter dire cosa sia giusto e cosa sia sbagliato vi state solo preoccupando degli effetti e non del piacere di vivere il presente per quello che state vivendo. Ciò che siete, l'Essere, non vive nel passato, questo è già accaduto, non vive nel futuro, questo deve accadere. L'Essere vive solo e soltanto ciò che è, ora e adesso: il presente.

Così il guerriero quando combatte non è immerso nel passato alla ricerca di un qualche tecnica che ha studiato, non è immerso nel futuro per analizzare le conseguenze del suo comportamento. Il guerriero è nel presente, anzi diremmo che il guerriero è il presente.

La Vita (quella con V maiuscola) non è quella passata, e nemmeno quella futura, sembra ovvio dirlo, ma tanto è ovvio quando importante: la Vita è adesso, qui e solo ora!

Non prendete questi discorsi come un attacco nei vostri confronti. Non è come pensate. Se vi sentite in qualche modo attaccati dai nostri discorsi è solo perchè siete ancora pieni di schemi e condizionamenti per cui reagite semplicemente (con una sensazione quantomeno di disagio) a quello che sentite, invece di riflettere sui processi mentali che impediscono l'accesso verso ciò che siete veramente, verso l'oggetto del cercare, continuando a preferire essere ciò che siete diventati, invece di tornare ad essere ciò che siete veramente.

Noi? Noi stiamo come ci vedete, non abbiamo bisogno di dirvelo, lo vedete e… forse qualcuno lo sente… Giochiamo con le cose serie e prendiamo seriamente il gioco.

Ricordate quello che vi avevamo detto prima?: Voi fate kung fu per quello che non pensate sia, ma per quello che il kung fu veramente è.

Ma allora cosa è il kung fu? Tutto.

E cosa è quello di cui abbiamo parlato oggi io e Roberto? Tutto.

E quindi cosa è il kung fu?: Quello di cui abbiamo parlato!

Ma allora cosa è quello che facciamo in palestra?

A questo punto dovreste essere in grado di rispondere da soli, o meglio dovreste essere in grado di sentirlo.

E se non lo sentite proveremo a spingervelo meglio? Cosa? No, non avete pensato male, avete pensato bene! Quello che avete pensato è semplicemente quello che è, perchè anche quello è kung fu…., ma ne parleremo un'altra volta.

E noi? Dopo tutti questi discorsi su di voi, noi come stiamo? Noi stiamo come ci vedete, non abbiamo bisogno di dirvelo, lo vedete e… forse qualcuno lo sente… Giochiamo con le cose serie e prendiamo seriamente il gioco.

Siamo qui per confrontarci. Confrontarci non vuol dire imporre le nostre idee, ma mettere in discussione le nostre idee.

E lasciatemi dire un'ultima cosa:

"Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione. E ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannouser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia.
E' tempo di morire
"

(monologo del replicante Roy ormai morente alla fine del film "Blade Runner")

Allora… come vi sentite?

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