Il pugno
Testo a due mani
di: Black & White
Su cosa sia un ”pugno”, almeno dal punto di vista
anatomico funzionale o biomeccanico , è relativamente semplice da apprendere.
Ci sono testi in cui si possono trovare informazioni certamente più dettagliate
ed esaustive… (oltre che autorevoli) di quelle che potrei qui esporre.
Se quindi anatomicamente e fisiologicamente sappiamo (o
pensiamo di sapere) cosa sia un pugno, forse non è altrettanto vero per quello
che riguarda “cosa” è un pugno.
Questa… potrebbe essere la differenza tra il pensare di
“sapere” una cosa e “conoscere” una cosa… una la si sà per averla
appresa cognitivamente attraverso una serie di nozioni e deduzioni che
astrattamente ci portano e “pensare di sapere il come”… e quindi
conoscere il funzionamento di una cosa… l’altra la si ha, con l’ausilio e
solo per mezzo della “conoscenza diretta e reale” dell’oggetto, attraverso
tutte le sue implicazioni e ripercussioni, siano queste biomeccaniche (fisiche)
che psicologiche ed emozionali... (psichiche) altrettanto importanti, se non
superiori, quando il soggetto in questione è l’uomo!
E’ stato detto, non da me, ma certamente da chi è venuto
prima di me, altrimenti non avrei detto “è stato detto”…. una ormai
famosa frase che recitava all’incirca: “Prima di conoscere le arti marziali
credevo che un pugno fosse soltanto un pugno… poi, praticando le arti marziali
ho capito che un pugno… è un pugno…! Adesso, dopo anni di
studio delle arti marziali… sono arrivato alla deduzione che un pugno… non
è nient’altro che un pugno”…! ...Eh già… che altro poteva essere…?
Strana frase, direte… sembra dire la stessa cosa. Sembra
non ci sia differenza tra passato presente e futuro, quello che credeva di
sapere nel passato è quello che ha imparato di sapere adesso.
Proviamo a pensare ad un semplice meccanismo ad ingranaggi
che faccia muovere qualcosa…
La semplicità del meccanismo ci fa comprendere
astrattamente l’ azione cinetica del suo funzionamento… non è
difficile capirla! Ma proviamo a pensare di costruirlo noi quel semplice
meccanismo, trovando via via le soluzioni e modifiche migliori ad espletare il
suo funzionamento d’insieme… Sicuramente adesso, forse…avremo una maggiore
“conoscenza” del marchingegno meccanico… ne avremo addirittura forse…
“coscienza” del funzionamento! Conoscendo persino il significato di ogni
piccolo tentennamento e forzatura funzionale, dovuto forse a nostre conosciute
imperfezioni di assemblaggio o costruttive. Forse per molti… niente è
cambiato nelle proprie conoscenze… e forse non hanno torto… Evidentemente
“sanno” (o credono di sapere) le stesse cose… ma hanno “conosciuto”
quello che pensavano di sapere… quindi forse, ora ne hanno “coscienza”!
Ma proviamo a chiederci cosa c’è in mezzo? In mezzo c’è
lo studio del kung fu. Si certo, nel kung fu si studiano i pugni, si studiano le
tecniche di pugno, come portare un pugno.
Và anche detto però… ad onor di cronaca e per iniziare
forse, a capirci qualcosa… che con il termine “pugno” negli intendimenti
tradizionali(comunemente interpretati) spesso si intende “attacco”o
“lotta”… qualsiasi tipo di attacco o colpo (non necessariamente,
esclusivamente un pugno) Perché proprio con il termine pugno?... Non
saprei…Ma se ci penso un attimo…Se cerco una risposta possibile… forse
perché (il pugno) è l’immagine più rapida nel nostro inconscio ed istintivo
metodo di catalogazione per la ritenzione delle informazioni,
attraverso un sistema associazionstico di idee e concetti, con il quale
associamo un sentimento conseguente azione aggressiva dell’
uomo, come soggetto e oggetto dell’azione!
Ma se ci fermiamo a questo punto, rimaniamo alla
superficie. Lo studio delle tecniche di pugno è certamente un passaggio
importante nell’apprendimento, ma ben altra cosa è il kung fu e quanto ad
esso legato. Kung fu per dire un modo di intendere il lavoro. La radice stesa
del termine kung fu ci aiuta a comprendere questo. Kung fu = lavoro (di squadra,
di gruppo, di un insieme) ben fatto (fatto al massimo delle proprie possibilità,
cura ed intendimenti). E qui potremmo anche discutere su cosa intendiamo, su
cosa possiamo pensare sia un lavoro ben fatto. Un pugno… chiudo la mano,
stendo il braccio.. ed ecco un pugno.
Possiamo imparare molti modi di “tirare un pugno”, ma
non sarà mai un pugno se manca di “comprensione”.(Io mi spingerei
addirittura a dire: sentimento)
Non spaventatevi, sto solo cercando di comprendere con voi
quello che può esserci oltre il pugno (o prima del pugno… o nel pugno
stesso).
Si, oltre il pugno intendo qualcosa in più del comune modo
di pensare ad un pugno.
Per quanti praticano arti marziali, pensare al pugno viene
alla mente la mano chiusa che colpisce.
Forse alcuni di voi potranno pensare che oltre il pugno,
avanti, c’è il nostro obiettivo, il nostro avversario da colpire.
Ma proviamo a pensare… prima di colpire cosa c’è?
(niente!... o forse tutto?). Niente se pensiamo di sapere,
ricordate la storia della tazza di te?. Tutto se non pensiamo di sapere, ma
stiamo cercando… di capire se c’è qualcosa.
Oltre intendo dire, forse adesso lo capite, dentro ognuno
di noi prima, o meglio nell’istante in cui il pugno nasce e poi
successivamente si sviluppa.
(da dove e perché nasce?)
Quindi adesso la nostra attenzione si è spostata
all’interno. Ci stiamo chiedendo da dove nasce il pugno, e poi non meno
importante perché nasce un pugno.
Penso che siate tutti d’accordo nel dire che un pugno non
nasce dalle dita che si richiudono su se stesse. Per capire allora cosa è un
pugno proviamo a vedere dove nasce…
Si certo, nasce nella nostra testa, lo penso, e quindi il
nostro apparato neuro muscolare esegue il comando, ecc.
Pensate che un pugno sia qualcosa di razionale, di
cosciente? Per molti è (o almeno pensano che sia…) così: voglio tirare un
pugno, tiro un pugno. Il volere, l’io voglio, è il pensiero cosciente. Quindi
prima penso e poi faccio…
Ma se all’esterno il pugno è il risultato della chiusura
della mano, cosa c’è dentro il pugno? Voglio dire… come nasce un pugno. Non
come nasce il pugno meccanico, ma cosa accade dentro di noi l’istante prima
che il pugno sia in viaggio verso il nostro bersaglio. Qual è il lungo
complesso, vario e variabile, quanto articolato processo, che porta alla nascita
del pensiero cosciente di voler sferrare un pugno od un attacco qualsiasi?
Proviamo a pensarci, proviamo a calarci in una situazione
in cui abbiamo la necessità di eseguire una tecnica di pugno, di tirare un
pugno. Cosa avviene dentro di noi?
Non sentiamo un impulso, un qualcosa che si agita dentro e
che si trasforma in un movimento, in un pugno che deve colpire?…
Cosa è quel qualcosa? Cosa è quel qualcosa che dentro di
noi ci fa mettere in movimento una serie di impulsi nervosi e muscoli che
producono il nostro pugno? Riuscite a sentire che non è qualcosa che parte dal
cervello, ma che arriva forse al cervello. Quindi non è il cervello il luogo in
cui nasce il pugno, ma da dove nasce arriva al cervello. E’ qui che poi,
forse, questo qualcosa viene elaborato, e quindi produce (una risposta:
l’azione) i movimenti del pugno.
Dove nasce il pugno. Nasce da un’altra parte e quindi
arriva al cervello.
Se riflettiamo insieme possiamo provare a vedere che in una
situazione in cui abbiamo la necessita di utilizzare il pugno il nostro stato
d’animo non è certo sereno e tranquillo, ma solitamente mostra un certo grado
di tensione. La situazione ha modificato il nostro stato d’animo per cui noi
in qualche modo reagiamo a questa situazione, ad esempio tirando un pugno.
Lo stato d’animo che in quel momento ci fa reagire (nel
senso che l’emozione provoca dentro di noi una serie di azioni-reazioni… che
si trasformano e reagiscono-agiscono esteriormente in una azione-reazione) è
quello che comunemente viene definito come emozione. Si, un’emozione. Una
modificazione del nostro stato interiore, dei nostri sensi (del nostro umore,
stato d’animo, forse dei sensi interiori e non quelli comunemente conosciuti
ed intesi in questi casi…. Anche se una forte modificazione dei primi indurrà
sicuramente una modificazione significativa di percezione negli ultimi)
Un’emozione produce (tra le tante altre implicazioni psicofisico e organiche
a tutti i livelli) una serie di cambiamenti fisiologici che predispongono il
nostro corpo ad una certa reazione. Il tipo di reazione dipende dal
condizionamento che il cervello ha avuto.
Alcune emozioni sono naturali e quindi anche istintive,
altre solo istintive, e quindi apprese in seguito.
Anche su questo argomento ci sarebbe forse qualcosa da dire
al proposito… (per cominciare a comprenderci meglio e quindi a poter
comunicare.)
Ecco quindi che in talune situazioni, l’emozione
scaturita produce in noi quelle modificazioni sensoriali e fisiologiche che
determinano quella reazione, in questo caso il pugno.
Siete adesso d’accordo se dico che il pugno è
l’espressione fisica e reale di una emozione astratta? ma questa emozione è
per noi estremamente reale. Tanto più sarà riconosciuta, compresa sentita,
tanto più sarà reale… perché possa essere realmente reale… dovrà essere
prima sentita… per poterlo essere al meglio dovrà prima essere compresa…
perché lo possa essere giustamente dovremo prima riconoscerla… per poterla
riconoscere senza ombra di dubbio… forse dovremo accettare l’idea che tutto
ciò di cui parliamo… esista! Ecco forse perché il parlarne… potrebbe
aiutare a migliorarne l’esecuzione!
Quindi nel pugno c’è la nostra emozione, c’è ciò che
in quel momento siamo.
E noi cosa siamo in quel momento? Basta vedere come
eseguiamo la tecnica di pugno.
Pensiamo di essere quello che siamo nella vita di tutti i
giorni? Quella persona educata, che si attiene alle regole, magari altruista,
buona e tutte le altre qualità che fanno appunto una persona rispettabile?
Può una persona così esprimere quell’emozione che
determina l’azione-reazione del pugno?
Se così fosse come pensate sia il risultato? Forse pensate
sia un pugno?
Ma forse non è proprio questa la domanda, a cui
rispondere, quanto piuttosto cosa dovremmo essere in quel momento? Nel momento
in cui dentro di noi si forma la reazione per cui il pugno si muove?
Se siamo tutti d’accordo quando diciamo che dovremmo
imparare ad essere ciò che siamo… se in quel momento siamo quella emozione…
se quella emozione induce e avvia tutto il processo che produce l’azione
fisica di un pugno… dovremmo forse incarnarle entrambe, essere interiormente
quella emozione ed esteriormente quella azione, essere il loro sunto…
l’insieme… l’unione… il completamento… la perfezione!Eh già… perché
come diceva Totò… è la somma che fa il totale! Una intensa e potente
emozione interiore senza la sua risposta esteriore si dice sia deleteria… non
penso che una risposta esteriore senza la giusta guida della sua emozione
interiore possa dare frutti migliori…Sembrerebbe quindi forse… siano
inscindibili… Be’ dovremmo almeno essere nella condizione emozionale
di voler tirare un pugno.
Ecco perché dico che basta vedere come tiriamo un pugno
per vedere come siamo. Capite che allora dovremmo almeno essere nella condizione
emozionale di voler tirare un pugno?
Può bastare questo per poter eseguire una tecnica di
pugno, o meglio per poter tirare un pugno?
Ho parlato prima di condizione emozionale, bene
domandiamoci allora cosa è questa condizione emozionale? Cosa intendiamo per
condizione emozionale?
Qui entriamo in un campo dove niente è oggettivo, ma tutto
diventa oggettivo solo per il soggetto.
Dobbiamo quindi prendere alcune immagini per rappresentare
quello che altrimenti chi non ha avuto esperienza consapevole di
quell’emozione non riuscirebbe a capire.
Guardiamo gli animali come si comportano. Avrete certamente
visto due animali che combattono, vero? Potete anche immaginare quali animali,
vero? Ma non ha importanza quali, quanto il come.
Che percezione avete di due animali che combattono? Per chi
è più sensibile nel guardare, certamente potrà percepire che non c’è
differenza tra l’intenzione, tra quello che esprimono e quello che fanno. Cioè
tra l’emozione (già anche loro hanno emozioni) che provano e quello che
esteriormente appare: appaiono ciò che sono. Quello che a noi ci colpisce è
aggressività con cui si lanciano nella lotta. Ma non dimentichiamoci che stiamo
parlando di animali… quindi è “naturale”. Vediamo la brutalità e
l’orrore del combattimento, portato spesso a conseguenze estreme. Nella nostra
mente accostiamo quindi l’aggressività a quello che vediamo e giudichiamo
(dei giudizi ne riparleremo…). Ad esempio, una tigre che combatte non è
nient’altro che una tigre, vero? Ma noi potremmo mai essere come la tigre?
Potremmo mai comportarci come un animale? Si, forse a qualcuno piacerebbe….
Potremmo mai avere emozioni tali da farci sembrare un’animale? E se le
avessimo, le vorremmo vivere?.. oppure… Pensateci a come giudichiamo un tale
comportamento e avrete la risposta.
Vogliamo parlare di aggressività? Pensiamo sia diversa la
nostra aggressività interiore da quella di un animale? L’aggressività è
l’aggressività, una condizione emozionale…
In questa fase è ancora presente quella parte della mente
razionale che controlla la nostra reazione. Questo controllo, di fatto,
impedisce all’emozione di potersi esprimere per quello che è.
L’emozione è naturale… il controllo è istintivo… e
non è detto che tutto ciò che sia istintivo…. Sia anche naturale! Non certo
per il semplice fatto che tutto ciò che è naturale è anche istintivo!
Ma cosa è questo controllo? Non è forse ciò che pensiamo
dovremmo fare?, non è forse come pensiamo dovremmo reagire, alle eventuali
conseguenze, a quello che potrebbe accadere? Il controllo è tutto quello che
abbiamo accumulato nel cervello: i condizionamenti, le regole, in modi di agire,
le risposte, la cultura, la morale, l’etica...
Come possiamo allora credere di poter esprimere ciò che
sentiamo, la nostra emozione nel pugno?
No, non potremmo esprimere quell’emozione nel nostro
pugno se siamo ancora controllati.
Attenzione, controllati non voglio dire che in palestra,
durante gli allenamenti, non dobbiamo avere il controllo di quello che facciamo;
abbiamo di fronte non un avversario, ma un compagno.
Per esprimere una naturalità… dovremmo forse essere
naturali e non… solo istintivi! La nostra naturalità non potrebbe non
esprimere in questo contesto la nostra aggressività interiore… naturalmente
aggressività di forma e non di contenuto. Ma per poterla esprimere… dovremmo
conoscerla. Ma come possiamo conoscere ciò che non vogliamo accettare come
parte di noi in quel momento? Penso non sia possibile, vero?
Forse la comune e implicita classificazione negativa che di
solito gli connotiamo… non aiuta! La connotazione negativa attribuitagli… ci
viene istintivamente dai condizionamenti educativi ricevuti… nella naturalità
dell’azione questa dovrebbe divenire neutra. Né negativa… né positiva…
dovrebbe essere solo quella che è… un pugno… appunto!
Allora ci domandiamo, cosa esprimiamo nel pugno? Esprimiamo
ciò che siamo in quel momento.
Se riusciamo a comprendere le nostre limitazioni, saremo
forse in grado di poter andare oltre i nostri limiti. Se però non riusciamo a
comprendere le nostre limitazioni, come potremmo andare oltre? Non trovate sia
così?
La limitazione è quella cosa per cui il pugno non è
“solo un pugno” ma… “non è nient’altro che un pugno”.
Strana affermazione direte, ha ripetuto ancora la stessa
cosa. Si, forse è così come dite. Ho ripetuto la stessa cosa, ma non è la
stessa cosa. Tra la prima affermazione e la seconda riuscite a cogliere la
diversità?
Il ripetere la stessa cosa ma con significati “diversi”
è forse dovuto al fatto che l’intendimento di una frase può variare
soggettivamente a seconda del grado o livello di esperienza, di conoscenza o
umore che possediamo…Potrebbe darsi che per noi prima di praticare arti
marziali, un pugno fosse “soltanto un pugno” perché nell’enorme ignoranza
che ammantava l’argomento, quel “soltanto” indicava la poca e scarsa
conoscenza dell’argomento. Nello studio delle arti marziali si dovrebbe
prendere conoscenza e coscienza di tutto il macchinoso lavoro fatto di
implicazioni non solo fisiche ma soprattutto psichiche ed emozionali, contenute
in quello che ci appariva un semplice gesto fisico… e quindi “ il pugno”
acquisisce una importanza enorme nel vagliare tutte le sue accezioni e varie e
variegate particolarità. Con la “conoscenza” se ne dovrebbe acquisire
“coscienza”…( oltre agli istintivi automatismi) la quale potrebbe farci
capire che nella sua neutra polarità naturale… non è che un … niente,
assieme a tutti gli altri niente complementari i quali da soli non hanno
significato di esistere ed a questo potrebbe riferirsi il finale: “niente
altro” che un pugno… che altro poteva essere?”
Ecco quindi che la diversità diventa la comprensione,
mentre l’uguaglianza resta la limitazione di cui siamo prigionieri
inconsapevoli.
Una risposta giusta potrebbe forse recitare: <in quel
momento dovremmo essere addirittura…. “il” pugno!>
Ma le risposte non servono se non c’è comprensione, per
cui preferisco, per il momento esaurire qui questo intervento, non certo
esaustivo, ma che potrà, per chi si sente di provare, essere da stimolo per le
sue riflessioni.
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