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Black & White

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SEMBRAVA CI AVESSERO LASCIATO, CON I LORO DUBBI E RICERCHE DI IMPROBABILI RISPOSTE… MA DA QUANDO  SONO RICOMINCIATE LE PUBBLICAZIONI DI QUEI FAMOSI E SINGOLARI TESTI A DUE MANI DI: Black & White… SEMBRA SI SIANO CARICATI DI NUOVA ENERGIA. VI PRESENTIAMO ADESSO UN ENNESIMO LORO DIALOGO DI RICERCA PERSONALE NELLA CONTINUA BATTAGLIA DELLA VITA… SICURAMENTE OGNI ATTENTO ED ARGUTO LETTORE AVRA’ LA PROPRIA INTERPRETAZIONE SU TUTTO IL CONCETTO… ED ALTRETTANTO CERTAMENTE OGNUNO FORSE, CI RICONOSCERA’ UNA PARTE DI SE STESSO.

TESTO A “DUE MANI” DI: Black & White

White: Ciao, da un po’ di tempo ci sentiamo spesso, eh?

Black: Ciao, non posso certo smentirlo… ma credo sia un buon segno se ci sentiamo… forse significa che ... “ci siamo”?

White: Certo, forse più di quello che potrebbe anche sembrare, se non sapessimo che forse non abbiamo mai smesso di sentirci, perché quel sentire è anche ciò che siamo, ma non solo.

Black: Forse quel sentire è tutto ciò che siamo… Anche se non solo!

White: Comunque sia lo sentiamo… è qualcosa che scorre tra di noi, al di là di ogni situazione voluta o no, che sia.

Black: Anche… ma non solo credo…

White: In ogni caso... c’è, e se è così allora questo flusso non potrebbe mai interrompersi, perché noi sentiamo di essere naturalmente assonanti, e per quanto la vita potrebbe distrarci, sembra che siamo legati da qualcosa di ignoto, qualcosa che sfugge ad ogni tentativo della mente, legata al pensiero, di portarlo nel conosciuto, nel noto.

Black: Finchè siamo.. non credo possiamo smettere facilmente di sentici come tali...

White: Penso proprio che neanche volendolo, potremmo smettere...
Così questo non conosciuto non può essere afferrato, imparato, perché, per sua definizione, il conosciuto è qualcosa di finito, mentre ciò che sentiamo fluire e che potremmo chiamare empatica assonanza dei nostri Esseri, attiene, forse, all’inconoscibile dalla mente, ma che si può intuire, forse, solo quando conosciamo il pensiero, cioè la sua struttura…

Black: Mi sembra si spazi dal filosofico al tecnocratico oggi ehh? Che vinca il migliore e buona fortuna!

White: Si, mi piace essere così come mi senti… per cui credo di poter dire, senza per questo escludere di potermi sbagliare, che il tempo non cancella ciò che è stato, perché sento che quello che è stato è quello che è, altrimenti non sarebbe stato quello che era, ma solo quello che credevamo fosse.

Black: Potrei dirti che quello che è stato ora non lo è più.. ed anche se quello che è stato prima… sembra lo stesso di adesso.. già per il fatto di paragonare due cose ben distinte… sono due stati ben definiti anche se apparentemente uguali.. ma forse solo molto simili ed apparentemente… uguali!

White: Ascolta… Se quello che è stato fosse legato al tempo, allora rientrerebbe nel campo del conosciuto, del pensiero, come lo è il tempo. Quindi non potrebbe essere l’ignoto, l’inconscibile, l’incommensurabile che per sua definizione non appartiene al tempo… e senza tempo ciò che è stato lo è ancora. Questo è un fatto.

Black: Si.. se escludessimo il tempo… ciò che è stato lo è ancora!

White: Beh, fino qui sembriamo esserci… Andando avanti possiamo dire che negare che ci sia ciò che è, è ammettere che non era… giusto?

Black: Giusto arrivandoci dal tuo ragionamento, ma non semplice comprenderlo con il proprio… fammi prendere un po’ di fiato!

White: Allora prendiamo un caffè, ma quando avremo finito…
così, anche ciò che non è stato detto allora, non può essere detto adesso, perché non poteva essere detto quello che era… il non conoscibile, l’incommensurabile, il quale se era ciò, non può non esserlo ancora, perché esso non ha inizio e non ha fine… è sempre stato ciò che è… il fluire della Vita.

Black: Vedo che non hai pietà e vai dritto alla meta… ma allora il tempo lo consideriamo o no? Questo esiste o no? lo escludiamo o no? Non possiamo certo considerarlo quando più ci fa comodo ed escluderlo quando ci è d’intralcio alle ipotetiche deduzioni indotteci.

White: Esattamente come dici… il tempo, quello psicologico serve per quello che è la memoria, ma forse non ha senso per ciò di cui stiamo discutendo.
Ciò che è incommensurabile non può venir meno, se venisse meno non sarebbe incommensurabile, dal momento che sarebbe finito e quindi anche conoscibile dalla mente, addirittura manipolabile dal pensiero e passibile di interpretazioni soggettive, perché il conoscibile non è altro che l’accumulo delle nostre esperienze, e quindi memoria.

Black: Ma se l’incommensurabile è infinito e perciò inconoscibile... come possiamo noi definirlo… ne possiamo solo parlare e nel parlarne, esserne solo leggermente impregnati.

White: Possiamo parlare, forse, solo di ciò che non è, e quindi del conosciuto, da cui forse impregnarci leggermente di ciò che è... ignoto.
Continuando possiamo dire che, al contrario, tutto ciò che vorremmo fosse può cambiare, può venir meno, può… estinguersi, proprio perché non è ciò che deve essere.

Black: Niente che non conosciamo può cambiare!

White: Appunto… allora mi stai ancora seguendo…
Ciò che vorremmo, funziona in quella modalità tipica del fare, dell’Io, quello che più volte nelle nostre discussione abbiamo indicato come condizionamento.

Black: Quello che vorremmo riflette sempre le nostre aspettative e convenienze credo…

White: Certo, si può dire anche così. Per cui ciò che è, quello che deve essere, si riferisce all’Essere, alla natura, al sentire, quel sentire che non è filtrato dal nostro pensiero, ma è la spontanea risposta alla situazione, senza il giudizio del pensiero, e quindi del condizionamento, del ricordo, del tempo.

Black: Quello che E’… potrebbe non corrispondere a quello che vorremmo fosse.. da questo paragone nasce credo il concetto del cambiamento o insoddisfazione…

White: Ci stiamo arrivando…
E’ evidente che a certi livelli è indispensabile il processo del pensiero, ma nelle relazioni, forse questo crea quantomeno qualche difficoltà se non addirittura falsa tutto ciò che è, e quindi non permette la comunicazione spontanea da Essere a Essere… ciò che è il guerriero.

Black: Spesso le persone nelle loro relazioni, imparano a comunicare tenendo inconsciamente conto delle loro aspettative e di quelle dell’altro… a volte sfruttandole persino a proprio vantaggio…o ritenendole svantaggiose per loro. Spesso si finge di ignorarle persino… ma sovente tutto questo si tramuta in una sorta di apparente incomunicabilità.

White: L’incomunicabilità che sembra esserci, credo sia generata dal conflitto tra ciò che sentiamo di essere e che quindi esiste, e quello che crediamo di dover avere per cui crediamo, e ci convinciamo, anche di sentire.

Black: Qualcuno potrebbe dirti che è la via maestra per la correzione della giusta rotta da mantenere nella vita sociale.

White: Non abbiamo ancora finito, aspettiamo che questo qualcuno legga anche il resto...
Proviamo dunque a domandarci se esiste una linea di demarcazione tra quello che sentiamo di essere e quello che crediamo si sentire, se esiste un elemento che ci consenta di sentire e non di credere di sentire

Black: Non so.. ma sarebbe bello potesse esistere…

White: Forse se ci pensiamo, è proprio quando nasce il conflitto, quella sofferenza, afflizione interiore per cui possiamo dire di non stare bene.

Black: Giusto… allora lo abbiamo… ma parrebbe non doverne gioire troppo a quanto pare..

White: Certo, per qualcuno può significare doversi mettere in discussione e come sappiamo… solo i migliori riescono a farlo e quindi ad essere.
Così quello che vorremmo avere, e che ci siamo convinti sia ciò che è giusto, deve negare l’incommensurabile che sentiamo, altrimenti ciò che non è misurabile, sarebbe ciò che vorremmo avere.

Black: Credo sia la differenza tra ciò che vorremmo divenire e quello che constatiamo di essere…

White: Si, è come dici… Per cui già il fatto di volerlo avere, di voler divenire, è una relativizzazione dell’incommensurabile, è un ridurlo a qualcosa di finito. E’ l’espressione di una nostra necessità, di un nostro desiderio e quindi è un pensiero, una rappresentazione di uno schema dato.

Black: Forse.. meglio dire la rappresentazione di un bisogno?

White: Meglio, sì… il bisogno che crediamo sia rappresentato, attraverso il desiderare di divenire, di avere.
Per sua natura l’incommensurabile non si può avere, non può essere posseduto, per cui ciò che crediamo di dover avere non potrà mai essere quello che per definizione… è non misurabile.. e il non misurabile non è contenibile, non può essere tenuto, esso può solo…. essere. E’ così?

Black: Si.. ma potremmo dire che quello che desidereremmo essere potrebbe essere contenuto in quello che invece… è!

White: Credo sia naturale questo, ma non vedendo l’incommensurabile quel desiderare diventa quello che crediamo sia. Quindi chiudiamo le porte della torre dove ci siamo rifugiati, forse perchè temiamo che possa sfuggire qualcosa che non vogliamo che venga fuori, per cui dobbiamo tenere le porte chiuse. Altrimenti, se non temessimo che possa sfuggirci, non dovremmo tenere le porte chiuse, ma le lasceremo aperte proprio perché non uscirebbe niente di quello che già sappiamo di essere. Ma dobbiamo nascondere qualcosa, altrimenti perché chiudere le porte? Perché questa incomunicabilità?

Black: Bhè… forse potremmo non essere d’accordo con quello che sentiamo di essere anche…inoltre… oltre a quello che ci sforziamo di divenire e voler  mostrare di essere.

White: Ma il fatto di non essere d’accordo… non elimina l’essere. Ecco quindi come pur non vedendo questo, la struttura del nostro pensiero… ci isoliamo dall’altro, ma forse penso, ci isoliamo soprattutto da noi stessi per il fatto di negare, di nascondere a noi stessi ciò che siamo e quindi ciò che sentiamo.

Black: Ma se siamo quello che facciamo… perché indurci a pensare di essere qualcosa di diverso?

White: Si, sono d’accordo, siamo quello che facciamo. Ma quello che facciamo è forse per non dover ammettere qualcosa?
Quando ammettiamo o non ammettiamo qualcosa? Non è solo quando esiste?

Black: Non credo potremmo non ammettere qualcosa che non esiste.. per il semplice fatto di definirlo… pur negandolo!

White: Altrimenti il problema non ci sarebbe, vero? Quindi il fatto di non voler ammettere qualcosa… è forse perché vorremmo che non fosse, è così?

Black: Può darsi… ma non siamo forse tutto e proprio quello che vogliamo essere?

White: Certo, e quindi, forse, anche ciò che non vogliamo per il fatto di volerlo…
Proprio quando vogliamo dare il nostro giudizio di ammissibilità su qualcosa, facciamo partire necessariamente il confronto con lo schema dato, con quanto si è accumulato dentro di noi a seguito dei condizionamenti.

Black: Certo.. i condizionamenti sono nostri.. li abbiamo messi noi no? Quindi ci facilitano la vita forse… ci evitano di pensare sempre alla stessa cosa… con la stessa soluzione… o no?

White: Forse… ma so che non lo credi…
Proprio questo non voler ammettere è ciò che ci fa vedere che esiste, ma che volontariamente, deliberatamente, rifiutiamo. Ma chi è che rifiuta se non quella parte di noi condizionata e che crede di sapere cosa sia giusto o non giusto? cosa sia ammissibile o non ammissibile?

Black: Bhè… chi meglio di noi può mai sapere che cosa è giusto o non giusto, ammissibile o non ammissibile… per noi? Il nostro stesso pensiero ce lo dice!

White: Già sempre quello… il nostro pensiero che per sua intrinseca natura è condizionato. Mettiamo quindi in atto una repressione verso ciò che esiste in noi, ma ciò che esiste in noi è anche ciò che siamo, non è così?

Black: Se quello esiste in noi… noi siamo anche quello.. certo!

White: E quindi quella repressione non è altro che verso noi stessi, quell’isolamento è solo verso noi stessi. Ma questo come dovremmo chiamarlo? Già, l’ormai famoso festival del masochismo?

Black: Ma… c’è chi la chiama autoeducazione, autoregolazione, autocontrollo.. e chi più ne ha più ne metta… se tu vuoi chiamarlo così non c’è problema.. basta intenderci su cosa si intende con questa o quella definizione…se il risultato è lo stesso… no problem!

White: Una definizione positiva ci fa accettare meglio questo che è un fatto, ma che vedendolo meglio potrebbe non essere come lo abbiamo sempre voluto vedere, per cui avendolo visto… potremmo temere di essere i protagonisti di questo… festival.
Cosa mai potrà produrre questo “festival del masochismo”? Pensiamo davvero che possa produrre quella felicità che per nostra natura ricerchiamo, ma che sembra facciamo di tutto per evitare di raggiungere?

Black: Forse ci potrebbe evitare dei problemi?

White: Se fosse veramente così, se non ci fossero problemi, allora saremmo già quello che inutilmente cerchiamo.
Forse possiamo crederlo e anche convincerci di crederlo per nostre convenienze, ma sappiamo che non potrà essere ciò che è, proprio perché viviamo continuamente questa nostra conflittualità interna. E nel conflitto per sua natura, è un fatto, deve esserci un vincitore e quel vincitore in realtà ha anche perso proprio perché comunque vada, il vincitore e il perdente sono la stessa cosa… noi.

Black: Qualcuno dice che se la vita fosse così semplice… sarebbe troppo bello e che la vita sia bella proprio perché problematica e tanto più è problematica più è bella e piena di vita!

White: Andiamoci a comprare un martello ciascuno…
Tornando ai nostri discorsi… volevo continuare dicendo che così in noi si crea una scissione tra ciò che crediamo debba vivere e ciò che riteniamo non debba vivere… e in questa scissione il nostro Essere ne risulta certamente indebolito, per cui ciò che facciamo è solo quello che i nostri condizionamenti ci hanno convinto di dover fare.

Black: Quello che il nostro autocontrollo ci ha indotto a fare… o negare… ma sempre e solo per il nostro bene… altrimenti per che cosa?

White: Può essere il nostro bene quello indotto dai condizionamenti e quindi ciò che altri hanno detto di voler essere? Non credo sia così, vero?
Ecco quindi che ciò che è illimitato, credo, non possa essere negato, esso è ciò che siamo, forse addirittura è l’esistenza stessa, la nostra esistenza, quella di guerrieri.

Black: I guerrieri combattono continuamente si dice… forse anche contro se stessi… o… forse anche e soprattutto ..”per” se stessi?

White: … quindi per l’esistenza, e l’esistenza può negare sé stessa?

Black: Credo di no… ma ne abbiamo già parlato no?

White: Nel caso qualcuno se ne fosse già dimenticato…
L’esistenza può essere negata solo dal momento che il pensiero giudica, compara, confronta, paragona, e quindi in definitiva quando il pensiero reagisce ad uno schema definito.

Black: Più che negarla.. la esclude… la evita… la scaccia… la reprime e chissà quanto altro ancora.. ma non credo significhi necessariamente negarla…

White: No, è vero… non può negarla, ma forse fa di tutto per poterla negare, anche attraverso quello che tu hai detto… E possibile invece che ciò che siamo possa coesistere insieme a ciò che vorremmo?

Black: Forse qualcuno potrebbe dirti che è… inevitabile?

White: Aspetta, aspetta, ci stiamo avvicinando …
Possiamo arrivare a prendere consapevolezza che ciò che vorremmo è un qualcosa di costruito dalla mente e che, proprio per questo, pur facendo parte del nostro vivere, non è la nostra vita, decidendo ogni volta per quello che forse ci è più conveniente fare, per cui non si pone il conflitto con ciò sentiamo di voler essere.

Black: Bhè.. si direbbe che questo è quanto alcuni nostri modelli, raccomandano sempre di fare nella vita…

White: Ma siamo sicuri che la convenienza non sia anch’essa figlia della mente?

Black: Direi.. sicuramente!

White: Cos’è in definitiva ciò che ci conviene? Non è forse il risultato di una puntigliosa analisi fatta dal pensiero tra tutti gli schemi che costituiscono l’intelaiatura della nostra mente

Black: Certo.. e che altro sennò?

White: La convenienza si potrebbe forse definire come la strada che la ragione indica come più opportuna per raggiungere un certo scopo, che vediamo dritto davanti a noi, posizionato esattamente lì dalla nostra mente.

Black: Esattamente ciò che ci prefiggiamo di raggiungere ed esserne capaci… o mi sbaglio?

White: Non so se sbagli, ma in questo caso saremmo in due…
Se invece con il termine convenienza si vuole intendere come un “venire insieme”, in pratica un accompagnare l’essere nel suo agire, cosicchè il fare diventa il modo di agire dell’Essere, in armonia con ciò che la Vita gli pone innanzi.

Black: Dopo questa tua definizione.. potrebbe essere anche così…

White: Se allora siamo d’accordo potremmo allora dire che saremmo così in grado di agire in base alla situazione, per cui il nostro muoversi sarà solo e soltanto quell’agire e niente altro… determinato dalla situazione e da ciò che sentiamo di essere.

Black: Non so.. ma sicuramente saremmo più sereni forse…

White: E non mi sembra sia poco… se comprendiamo questo. Dovremmo allora anche aver compreso che l’armonia non potrebbe esistere in noi, se facessimo vincere una parte sottomettendo l’altra, negandola. Dal momento che l’una non nega l’altra, è forse possibile ritrovare quella grazia naturale che è la Vita: quella semplicità che è la naturale naturalità del nostro essere guerrieri.

Black: Teoricamente mi sembra che tutto torni… ma non mi sembra di aver compreso sia semplice che accada.

White: Forse perché non conviene comprendere…
Ma affinché questo possa accadere, questa scoperta della semplicità, questa grazia naturale, non credi che entrambe quelle entità debbano... vincere? Come? Forse comprendendo cosa esse siano e nella comprensione c’è la risposta, non nella soluzione che noi vorremmo.

Black: Solitamente si pensa che la risposta sia anche una soluzione.. o meglio la soluzione sia “la” e non “una”  risposta!

White: E la differenza fa il risultato, vero? Ma cosa dovremmo comprendere? Che forse l’una non può esistere senza l’altra in un giusto rapporto che forse possiamo definire come grazia o armonia. Infatti l’Io è quello che ci dice se sia opportuno o meno un nostro comportamento, consapevoli di ciò che sentiamo, per cui, senza ingannarci, decidiamo cosa in quel momento sia giusto fare.

Black: Bhè… non mi sembra una cosa così tanto brutta no?

White: No, non lo è se lo vediamo… Così il fare attiene all’Io, mentre l’essere, a ciò che siamo. Ed entrambi cooperano per stare come vogliamo stare. Così il nostro essere non viene represso, ma può vivere determinando il nostro stato di armonia interiore, in quanto l’armonia è lo stato naturale dell’essere, per il fatto che l’essere è ciò che siamo e ciò che siamo è ciò che è naturale e tutto in natura è armonia.

Black: Si.. ma se le due entità cozzano negli intenti.. non credo sia molto facile trovare una risposta armonica!

White: No, forse non lo è, ma siamo qui per comprendere se sia possibile...
Dal momento però che esiste questa scissione del nostro essere, in cui predomina l’Io, il fare, l’avere, l’armonia sembra mancare, ma forse manca perché non era mai stata? Può non esistere armonia se l’armonia è uno stato dell’Essere?

Black: L’armonia è un rapporto tra due o più cose… credo.

White: E’ uno stato… dal momento che esprimendosi in relazione alla situazione la sua manifestazione sarà naturalmente armoniosa. Ma questo solo se l’essere è libero di potersi esprimere per ciò che è. Se questa libertà viene negata cosa mai potremmo esprimere? Forse solo quello che crediamo di dover essere.

Black: Mi torna in mente un detto: prima il dovere e poi il piacere…

White: Il dover fare… e quindi forse ciò che crediamo di dover essere.. l’Io. Questo non vuol dire che l’Essere dovrebbe esprimersi sempre in ogni occasione, ma non negando l’Essere possiamo essere consapevoli delle nostre intime sensazioni e sentimenti che è ciò che siamo, sapendo che a volte la loro espressione risulterebbe inadeguata in certe circostanze.

Black: Ciò non toglie che potremmo essere consapevoli di quello che siamo... pur tentando di essere quello che riteniamo dovremmo essere no?

White: Si, questo è quello che penso anch’io. Ma è forse proprio questa consapevolezza di sentire di essere per cui possiamo adeguarci alla situazione se riteniamo inadatto mostrare ciò che siamo, senza mentire a noi stessi, senza ingannarci per il fatto di provare quelle sensazioni.

Black: Allora forse saremmo in armonia?

White: Forse… comunque sia però, ritengo che quando neghiamo a priori ciò che sentiamo, indipendentemente dalla situazione, ma perché ci convinciamo che comunque non debba essere, allora la scissione che si produce nel nostro essere a seguito della negazione dello stesso, produce disarmonia. E la disarmonia causa conflitto e quindi sofferenza.

Black: In questo caso.. indubbiamente!

White: Per cui le relazioni non saranno libere di esistere, ma esisteranno entro i limiti di questa disarmonia, saranno limitate dai modi che crediamo debbano essere, ingannando l’altro e forse soprattutto se stessi, scambiando l’inganno per quello che dovrebbe essere, forse, solo perché conviene sia così.

Black: Forse.. potrebbe essere!

White: Ecco perché, credo, il guerriero ha accanto a sè la persona speciale con cui poter esprimere ciò che essi sono… la naturale armonia della Vita.

Black: Se così fosse.. speriamo di trovarla presto!

White: Quel presto sento che è già…

Black:  Speriamo solo…. Non sia già passato!

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