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Karate

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Oltre l’ordinaria coscienza

Di: Giuliano Delle Monache

“…A volte, mi chiedo se esista un confine fra il piacere di uno studio personale e la volontà di evidenza ricercata non solo per chi ne percorre la via come lavoro e se questa volontà nel tempo e nella ricerca di un “compenso” a volte possibile solo attraverso  compromessi non incida in negativo nell’originalità di un arte  . La domanda  nasce dopo aver notato nel corso degli anni nell’ambiente del karate, comportamenti oggettivamente diversi da quanto viene detto o anche scritto in articoli che riportano le intenzioni di allievi,maestri,Scuole e Federazioni che “coltivano” in questa passione . Durante questa notevole divulgazione molte volte per ricercare o confermare riconoscimenti, emergono predominanti “scuole di pensiero”che in certi casi per contenere le aspettative riescono (non sempre) con abili giochi di parole a confondere interessi diversi accomodandosi con  compromessi, alimentando così una confusione  di  valori ereditata  di conseguenza ,da chi si avvicina  o  ha percorso una parte di questo mondo senza averne compreso alcune verità rese sfuggenti .

Questi comportamenti sono ormai una cornice condizionante e in alcuni casi, mantenuta nella sua forza su la base  di una credibilità garantita dalla  presenza negli appuntamenti di numerosi praticanti , ma questa che non è sempre un avallo di verità, può spesso rivelarsi come accade per chi partecipa (per vari motivi) a stage  ecc… priva di contenuti, perché solo un mezzo per promuovere la propria professione facendo“cassa”, o politica, massaggiando l’ego di qualcuno che in qualche modo può contribuire… Questa  linea d’azione spesso è nascosta dietro una invitante disponibilità in precario equilibrio su una mezza verità in alcuni casi resa poco chiara nei suoi  argomenti e nella sua esteriorità con intenzioni provenienti da altri studi proposte  come proprie, “offerte” sommariamente tramite affermazioni dai profondi significati che ne indicano spesso dietro un offuscamento la provenienza formativa , lo scopo e il livello di  coscienza,indicando con il tempo,a chi osserva con obbiettività il vero pensiero a volte parzialmente in “buona fede” di chi le espone … Ad esempio l’idea di appartenenza a una tradizione Budo  se osserviamo quanto” lasciato” da i maestri di questa memoria , non  viene da loro legittimata dal  fatto che la pratica sia per tutta la vita, perché sia affrontato lo studio del bunkai o perché solo in alternanza ci si occupi della versione sportiva , pur essendo impegni di ricerca che possono arricchire il  praticante,questa condizione non posseduta a volte è evidenziata  con affermazioni poco chiare,una di queste ad esempio manifesta nella sua sintesi quanto segue:“la competizione nella ricerca della vittoria  esprime il senso del karate tradizionale, rappresentandone grazie a tecniche controllate, uno scopo del Budo …”

Un principio classico del Budo

Shu Ha Ri (attribuito da alcuni a Sekiun Harigaya, samurai  del XVII secolo) per  la cultura Giapponese descrive il processo di comprensione di un keiko-nin, uno “studente” che all'inizio segue il suo insegnante, copiando i movimenti al fine di imparare le forme indicate. Anticamente attinente alle abilità dei samurai, ma oggi,visto come un processo rilevante  di un percorso per tutte le arti tradizionali giapponesi,in quanto rappresentazione di uno schema graduale che può  “accompagnare”più volte e a un livello diverso un individuo che ricerca  con la pratica di una disciplina tramandata attraverso le epoche, le mete dell'illuminazione  .

”Shu” rappresenta un  carattere che può anche essere pronunciato come “omamori”, un omamori è un amuleto fatto da un sacerdote scintoista e letteralmente significa “protettore”,dunque Shu significa sia protezione ed anche obbedienza… Questo processo di apprendimento è somigliante a quello della tradizione artigiana, quando ad esempio da apprendista  al principio,  ci si  occupa soprattutto della parte della pulizia della bottega e del posto di lavoro,  anche se specialmente le prime volte sembra che questo abbia poca attinenza con l'arte che si vuol imparare ,  poi ,piano piano, osservando , copiando e cercando di rendere sua la forma originale che gli viene trasmessa  ,  l’apprendista crea le basi che formeranno l’ anima dell'arte che vuole conoscere  … Shu nel Budo, rappresenta la prima fase della pratica svolta seguendo l’insegnante senza  essere esposti a” rischi” esterni, in questa fase lo  studente cerca di imitare anche nel più piccolo dettaglio il maestro concentrandosi verso le forme che gli vengono insegnate .

 

Il normale superamento di questa  “ conoscenza necessaria”ed il conseguente passaggio nella fase “Ha”, nelle discipline tradizionali  può richiedere parecchi anni,anche se per molti, non è così scontato  entrare in questa nuova fase. Questo passaggio non può  avvenire tramite l’acquisizione di un ” titolo”o  restando ancorati essenzialmente sulla tecnica, anzi molte volte questi aspetti perché valutati male ,hanno la capacità di  ospitare alcuni sentimenti come l’invidia,l’opportunismo l’egocentrismo ,arroganza ecc…. creando con questo un esempio molto evidente osservando le “molteplici espressioni” lontano e contrario dagli scopi formativi dell’arte,questa conseguenza  ha  contribuito con il tempo alla crisi delle arti marziali in generale  determinando la perdita di alcune delle verità  originali provenienti dalla tradizione del Budo oltre che a favorire una scarsa comprensione dell’opera dei suoi  maestri ,ormai in via di estinzione … Dunque, il passaggio successivo dell’apprendimento tecnico formale, in cui il profondo significato presente nelle forme comincia a emergere è definito” Ha,” e  rappresenta  l’apertura oltre l’ordinaria coscienza per entrare nel “regno” dell’ 'illuminazione o satori, questa consapevolezza a seconda dell'individuo, può affiorare in ogni momento, ed aprirsi attraverso una approfondita riflessione anche verso  periodi di frustrazione, talvolta causati da eventi in grado anche di liberare conflittualità e emozioni che hanno la capacità di accompagnare questo passaggio  con sentimenti talvolta di inutilità ,di  certezze contrastanti o dissolte ,espresse con sentimenti di ribellione e di critica,questa non è comunque solo una fase dall’impressione negativa, "Ha" rappresentando un tempo di profonda riflessione è anche un periodo,  in cui  si può imparare “esplorando in onestà e verità”  nella propria esperienza, dunque  anche saper ammettere i propri errori  è una qualità da perseguire per non sciupare questa occasione di riflessione semplicemente accomodandosi nell’ “io sono” ,rischiando di esprimere una diversa azione tra quanto detto e nella evidente realtà fatto, quindi non deve intimorire se in questo ambito convinzioni o regole che hanno accompagnato per anni decadono per lasciare spazio a nuove visioni,non è che finisce una cosa, ma è un'altra che inizia, tutto questo anche per non rimanere come spesso avviene,prigionieri di noi stessi…

In seguito, il superamento di questa condizione può  fornire una risposta : “Ri”, un tempo ad esempio, in cui il maestro può accompagnare  fino a un punto l’allievo invitandolo a proseguire da solo anche senza la sua costante presenza, incoraggiandolo (senza entrare in competizione con altri maestri dimostrando la sua vera umiltà) a fare esperienza altrove  per avere un diverso approccio nella ricerca che può aggiungere,esperienza e conoscenza,ciò significa che il suo viaggio di creatività è appena iniziato poiché ha recepito una parte dell’arte. Questa fase rappresenta un esempio di rispetto e  amore,  fondamentali  basi per costruire relazioni e per mantenere viva una prospettiva  con la quale è possibile guardare al futuro anche attraverso le arti marziali per  aiutare l’allievo ad essere libero ,creativo e speciale… Questa fase in molte occasioni, diviene un motivo di contrasto tra allievo e maestro forse perchè questa procedura tradizionale che dovrebbe fare parte del bagaglio formativo di ogni insegnante resta per molti una via sconosciuta … Con le parole del maestro Hiroyuki Aoki: è sempre impressionante accorgersi che le nostre abitudini,tabù,regole e pregiudizi,sono solo il prodotto di pressioni interiori e esteriori,veri resti irrigiditi di attività mentale,esauriscono la nostra energia e inaridiscono la nostra creatività… …Credo che una vita creativa consista in satori continui. La creatività non è un dominio riservato agli artisti . Se cessiamo di agire meccanicamente come nella vita di tutti i giorni ,se lasciamo andare gli eventi passati, se ci separiamo dall’ ”io” del giorno precedente ,possiamo quindi scoprire con un atto di volontà una vita di satori continui. Cercando di sviluppare una nuova mentalità, ci avvicineremo al nostro io sincero, scoprendo il significato profondo di una vita creativa…. “Budo” …Con la nascita di una idea “commerciale”  nelle scuole di  karate l’ ambiente di divulgazione  si adeguò creando una motivazione di più immediata e ampia comprensione  in cui potevano essere ordinariamente raffigurati tramite dei regolamenti,i kata e le strategie di combattimento attraverso metodi  espressi con  tecniche provenienti  dalla tradizione. Con il tempo  questa idea di confronto  e di “misura” è stata indirizzata sempre di più verso la ricerca di immagine e di una tattica  per la conquista del “punto”, adoperando in questo ambito la definizione di karate tradizionale per evidenziarne la differenza in campo agonistico da un'altra espressione sportiva definita come karate moderno,basato su dei regolamenti tecnici di studio e di gara incompatibili  dal  punto di vista dei tradizionalisti sportivi,comunque questa definizione è servita a mantenere una  parziale forma tecnica intrisa di una memoria proveniente dalla tradizione,anche se non è stata rappresentativa della Via di Funakoshi sensei e di alcuni maestri di Budo,  lontani  dal misurare le capacità attraverso una competizione,la quale benché condizionata da una  serie di fattori e riproducendo alcune situazioni, non  diffonde la globale condizione ricercata,nell’arte del  karate tradizionale Budo …

Nella foto Funakoshi sensei e gli allievi del club di karate della Università Waseda 1935

Nonostante questo, la rappresentazione sportiva del karate è stata in grado di far sviluppare tutta una serie di opportunità compresa quella economica, formando di conseguenza i suoi”figli”  i quali  omologandosi, hanno  realizzato percorsi di studio e divulgazione definiti da alcuni come tradizionale ,proprio perché sviluppati su una parte tecnica di questa memoria, determinando nei decenni a seguire, la  formazione di  ulteriori insegnanti, sempre  più  distanti quindi non rappresentativi dell’intenzione originale del  karate tradizionale,il Budo, ormai per i più una controcultura fuori moda… In questa  sequenza di volontà diverse è da notare come questa dimensione di tradizione sia utilizzata (come conosciuta e praticata) avendone in realtà una parziale o errata cognizione di cosa sia,da questo un fiorire di affermazioni , alcune con l’intenzione di unire in un'unica via, superando in alcuni casi senza la dovuta umiltà, quanto sostenuto da quello che è stato definito” non un tecnico  ma un maestro,” G.Funakoshi Sensei…    Quindi evidenziare correttamente il senso di appartenenza di “ tradizionale” riferito al karate sportivo (creato per sua affermazione da Nakaiama sensei)   e  tradizionale  del karate Budo potrebbe risultare( in parte) sufficiente per interromperne e chiarirne un ambiguità di  una divisione che non è certo una strumentale ideologica  opera dei nostri giorni , ma avvenuta con sofferenza e coraggio  oltre cinquanta anni  fa con la separazione tra i tradizionalisti  conservatori del pensiero Budo del maestro Funakoshi (ai quali fu impedito di praticare in tutti i club aderenti alla JKA) e questa nuova corrente sportiva  animatrice in Giappone delle prime due competizioni di karate in cui ,come ho accennato in un precedente articolo, morirono molti atleti, un dramma,causato anche per la formazione nel Budo dei partecipanti a questi eventi”sportivi” …

File:Hidetaka Nishiyama.jpgQuesto fatto, è utile per far riflettere su un perché della assoluta contrarietà del maestro Funakoshi  verso le competizioni e il kumite libero pur se effettuato con le protezioni e anche se oggi si continua volerne rappresentare l’eredità tramite gare, il maestro ci ha  lasciato con questa sua volontà una  testimonianza per comprendere come continuare un viaggio di rivelazione oltre il combattimento o il vincere o perdere di una  gara fornendoci con la sua opera  la vera Via  del karate tradizionale,suggerita  anche con alcune parole ( tratte dal libro” Kata per professionisti”) da Egami sensei,: possiamo affermare che chi non assimila il principio fondamentale enunciato dal maestro Funakoshi: “Nel karate-do non ci sono gare”, ignora altresì l’essenza della via stessa”… Per questo osservando senza compromessi  la volontà suggerita  nell’opera dei suoi maestri ,il Budo ne diviene  un mezzo di verità  per  mettersi in relazione con loro mantenendone vivo lo spirito … Questa marcata differenza di identità  che certamente non vuole essere “competitiva” fra le due intenzioni Budo o sportiva è evidente in una sintesi di alcuni dei loro aspetti durante  alcuni passaggi tratti da un discorso del maestro Hidetaka Nishiyama  tenuto a Los Angeles l’ 11/12/2005 e da un suo articolo sul Budo: “…Attraverso i secoli il Budo ha compreso che lo sviluppo delle arti marziali non dipende dalla forza fisica ,al contrario dipende da tecniche psicologiche e fisiche che aumentano la nostra potenza . La pratica Budo migliora la forza mentale,nel senso che potenzialmente permette ai praticanti di controllare un avversario se vi è la necessità di un confronto fisico.  Il Budo è la base delle discipline che cercano la vittoria senza per forza dover lottare … …esistono molte differenze tra il Budo e gli sport da competizione tra cui: si intendono sport da competizione quelli che realizzano energia fisica attraverso l’esercizio basato su regole prestabilite ,in contropartita il confronto nel  Budo ha le sue radici nello “shiai” un metodo di allenamento praticato dai principi dello sviluppo del Budo ,il quale non include il”gioco” come succede nello sport. …Lo shiai colloca gli individui in una posizione estrema ,che da spazio solamente a due possibilità: vivere o morire… …Molti sport da competizione hanno differenti categorie di peso. Spesso si annuncia il vincitore in accordo con la totalità del punteggio ottenuto . Queste caratteristiche sono ragionevoli per i partecipanti  che godono del gioco in se,che è la natura della sport. Invece in un incontro di Budo ogni condotta tecnica non necessaria deve essere eliminata,poiché tutto il sistema Budo fu sviluppato originariamente per eliminare un avversario ,perché un guerriero poteva essere chiamato a difendersi  contro diversi attaccanti sul campo di battaglia. L’obbiettivo finale era distruggere la forza dell’avversario con un solo movimento. Questo principio Budo contrasta considerevolmente  con gli sport da competizione , che includono diverse varianti affinché l’evento sia divertente”…

“Per concludere, questa breve riflessione  su un senso della pratica attraverso alcune delle sue forme e  senza averne la presunzione di dire cosa dover pensare;  ritengo che per ognuno di noi il karate sia nella pratica sportiva che Budo rappresenti sostanzialmente un impegno formativo attraverso le sue intenzioni ,questi lodevoli propositi sono trasmessi o interpretati in maniera differente  a volte non coerente o decisamente contraria a una “nobiltà di spirito”professata,  questo aspetto della propria personalità, in alcuni casi così  complicata nelle sue varie motivazioni e comportamenti non  può  essere del tutto compreso in riferimento a un keiko, stile, punteggio, medaglie o questioni economiche ecc, per questo, per alcuni lo studio del karate anche attraverso delle riflessioni può essere un metodo che  non ha l’ambizione di rispondere a questa complessità ma può  diventare un modo per ricercare e consolidare  principi  di verità fondamentali e naturali che hanno sicuramente un  interessante capacità di interagire concretamente nella nostra vita,presente e futura , in alcuni casi riuscendo a far oltrepassare il concetto di Budo tradizionale, per consentire di rintracciare nella pratica una linea in equilibrio con il nostro tempo, una condizione propria dell’arte in grado di rivelare nella sua libera espressione le proprie facoltà tecniche e spirituali più profonde ,una dimensione di disponibilità mentale  scarsamente popolata dove non ci sono attori ma inevitabilmente dei “solitari liberi interpreti affascinati dall’arte”,felici nell’umiltà di capire, quanto rimane ancora da sapere…”                                                                                                    

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