Il Karate per le competizioni
Ho
avuto occasione più volte di affrontare questo noioso e ripetitivo
argomento con i miei colleghi Maestri, più o meno titolati e nella
stessa misura preparati, dicevo noioso perché tutti noi che
proveniamo dall’area cosiddetta tradizionale , quindi in teoria
lontano da ogni velleità agonistica viceversa impegnati in un
pratica dura con il fine più evidente di ricercare nel profondo di
noi stessi la nostra vera natura, la nostra spiritualità la
perfezione tecnica e altro ancora, niente o quasi di tutto questo
l’idea era la competizione. In realtà ricordo perfettamente il mio
Maestro che alla mia domanda sulle gare mi rispondeva che già
l’allenamento che facevamo era già competizione. Le varie
unificazioni Federali e le successive scissioni hanno, a mio avviso,
messo le cose a loro posto.
Negli ultimi anni la ricerca scientifica nello sport si è
occupata anche del Karate da gara, migliorando in maniera
esponenziale la prestazione dell’atleta, chi si è adeguato a queste
metodologie che riguardano più la parte atletica che quella tecnica,
ha fatto un grande salto di qualità lasciando agli altri, che
continuano ostinatamente a pensare che il lavoro classico porti
qualche risultato in gara, meno che le briciole in termini di
risultati agonistici.
Sento
ancora dire che gli agonisti si allenano insieme a coloro che
studiano il Karate fuori dalle competizione, che quello che fanno in
palestra lo ripetono in gara ect. Vecchi e inutili romanticismi che
portano ad amare sconfitte da parte di coloro che andrebbero
allenati in maniera completamente diversa sul piano, spesso, anche
tecnico ma soprattutto atletico.
Ho visto inorridire più di un collega alla mia affermazione che
quando abbiamo formato un atleta sul piano tecnico corretto, la
differenza la fa un ottimo preparatore atletico.
Credo che molti di noi sappiamo questo, però la paura di perdere
il probabile, spesso rimane solo così, campioncino, che và per la
sua strada ci fa rinnegare l’evidenza colpevolizzando l’arbitro, che
non capisce come si fa Karate, o ancora peggio andare a cercarci una
Federazione molto piccola dove finalmente emergere dalla mediocrità.
Detto
questo preciso che molto del mio Karate, quello che riguarda il 90
per cento della mia attività compreso il mio allenamento personale,
continua romanticamente e nella solida e pacifica convinzione di
essere sempre più lontano da metodologie e ricerche scientifiche,
che anche se studiate con dovizia e testate successivamente sui miei
atleti, non mi appartengono, puntando molto di più sulle sensazioni
che la mia personale ricerca nel Karate classico mi dà.
Mi sento quindi di suggerire un modesto consiglio ai miei
colleghi Maestri molto più attivi di me sull’agonismo, di lasciare
da parte i romanticismi quando preparano i loro atleti ed aprirsi a
quello che dicevo sopra, vedranno in breve grandi risultati,
lasciando a se stessi e alla gran parte delle persone che ancora
praticano con grande passione, ricerca e pratica ortodossa.
Andrea Cerretelli
|