Tai Chi, il movimento della forma
Di: Black & White
Il
movimento parla di noi e noi nel movimento esprimiamo ciò che siamo
in quel momento, per cui muovendoci comunichiamo come siamo.
Vedere dipanarsi la forma in un movimento
continuo, senza soluzione di continuità, così come il giorno e la
notte, credo susciti sensazioni piacevoli tali che alcuni potrebbero
anche desiderare di poter fare quanto stanno vedendo, di potersi
muovere per come sentono di stare in quel momento.
Spesso mi capita, dopo aver eseguito la forma
di tai chi in spiaggia, di essere avvicinato da alcune di queste
persone, forse le più intraprendenti e coraggiose, o forse
semplicemente le più curiose, per farmi alcune domande su quello che
credono di aver visto, ma che più probabilmente hanno… sentito.
Intraprendenza e coraggio. Quello che
normalmente sono i nostri freni inibitori ci inducono a non agire
per come sentiamo di volere, timorosi di poter mostrare quello che
non vogliamo si debba vedere, in quanto ritenuto inopportuno,
inadeguato, quasi da vergognarsene. Oppure per evitare di poter
essere fraintesi evitano di avvicinarci, non vedendo che questo
comportamento è esattamente quello che loro penserebbero se gli
altri lo facessero, altrimenti non si preoccuperebbero di quello che
gli altri potrebbero pensare.
Però dal momento che non vogliamo si possa
vedere ciò che siamo esso esiste e, se esiste, potrebbe anche essere
perché naturalmente è, per cui proprio cercando di nascondere quello
che si è, lo si vede.
Quando queste inibizioni vengono in parte
superate ecco che si avvicinano domandandomi cosa sia quello che
hanno visto.
Più
probabilmente credo che mi chiedano cosa è ciò che hanno sentito
vedendomi eseguire quei movimenti. Perché vedendo quei movimenti
hanno sentito, hanno provato una piacevole sensazione di calma, di
tranquillità?
Non cosa è ciò che hanno visto, ma piuttosto
come può accadere che qualcosa che apparentemente si crede di non
conoscere possa indurre tali sensazioni?
Infatti non lo si conoscere come forma, come
tai chi, ma probabilmente lo si conosca e riconosca come sensazione.
Quelle sensazioni è probabilmente legate ad un
desiderio di cui non si è coscienti fintanto che non si comprende
l’intero processo da cui è scaturito quel desiderio.
Ma adesso non voglio indagare su questo,
piuttosto cercare di riflettere sulla domanda che mi pongono: cosa
sono quei movimenti?
Alla
mia semplice risposta che si tratta di una forma di tai chi chuan,
rimangono con una espressione di vuoto, non avendo io risposto a
quella che era il contenuto della loro “curiosità”. Vuoto in quanto
frappongono tra me e loro la barriera di quello che credono di
conoscere in merito alla forma. Vuoto perché stanno cercando di
associare ciò che hanno visto a qualcosa di una loro passata
esperienza, di qualcosa di conosciuto, stanno scavando nella loro
memoria. Quindi stanno cercando di classificare quello che hanno
visto per come la mente opera, per come questa riconosce attraverso
le classificazione, il paragone, il confronto, la comparazione,
quello che hanno appena visto.
Quindi cerco di accennare ad una qualche
semplice spiegazione di quello che spero queste persone possano
capire essere il tai chi.
E così per come credo di sentire e capire di
queste persone, parlo di ginnastica, di meditazione, di rilassamento
psicofisico e, a volte, anche di arte marziale, di cui hanno forse
visto qualcosa attraverso la TV e cinema. Dicendogli quindi quello
che loro vogliono sentirsi dire, nel loro linguaggio, credono di
poter forse capire quello che hanno visto.
Ma cosa questo in realtà sia, è forse
sconosciuto anche a me, anche se quello che pratico, la sequenza dei
movimenti che mi hanno visto compiere lo chiamano tai chi chuan.
Quel nome è utilizzato per poter classificare
qualcosa e quindi per poterlo poi riconoscere. Ma riconoscendolo non
potrà essere quello che è, perché quello che è… è sempre nuovo, in
quanto è il movimento stesso ad essere ogni volta diverso. E il
movimento non è mai ripetizione, omologazione, conformazione. Ma
quel movimento è ciò che sento di essere in quel momento. Potrei
sentirmi sempre, ogni volta allo stesso modo?
Così il semplice dire che il tai chi aiuta a
rilassarci, favorisce la meditazione, contribuisce a ricercare nella
sua esecuzione qualcosa che non può essere ciò che si è ma solo ciò
che immaginiamo di dover essere.
Immaginare di essere non è proprio ciò che si
è, ma ciò che vorremmo diventare e quindi voler essere qualcosa di
diverso da quello che si è in quel momento, vero? Ma sappiamo cosa
siamo? Sembra però che pur non sapendo cosa siamo in quel momento
sappiamo invece cosa vogliamo diventare. E diventare non è forse
fuggire da qualcosa per divenire qualcos’altro?
Perché
quindi fuggire e soprattutto da cosa stiamo fuggendo?
Certamente se si vuole diventare, quindi
fuggire, è perché ciò che si è non ci piace, ma crediamo che
diventando quello che ci piacerebbe essere, troveremo quello che
stiamo cercando, per cui se lo cerchiamo è perché ne sentiamo la
mancanza.
Siamo quindi in cerca di qualcosa, vero? Ma
cosa è ciò che cerchiamo?
Forse la domanda che dovremmo porci dovrebbe
essere chi è che cerca? Come possiamo cercare e quindi forse trovare
qualcosa non sapendo chi è che cerca? Chi è che cerca non siamo
forse noi stessi? E noi stessi chi è? Possiamo dire di conoscere noi
stessi? Sembra però che conosciamo ciò che vogliamo trovare.
E come possiamo trovarlo se non conosciamo con
chi lo stiamo cercando?
Così anche se troveremo quello che cerchiamo
colui che sta cercando ci sarà sempre sconosciuto e non
conoscendolo, forse non potremmo essere ciò che cerchiamo ma solo la
proiezione di quello da cui stiamo fuggendo… noi stessi.
Per cui quello che avremmo trovato non potrà
soddisfare ciò che siamo perché non avremo compreso ciò che siamo,
ma solo creduto di dover essere.
Le persone che mi chiedono cosa sia il tai chi,
sono anche quelle che spesso dicono che gli piacerebbe poter fare
tai chi. Ma cosa in realtà stanno dicendo?
Che gli piacerebbe arrivare ad essere quello
che hanno visto e quindi sentito, ma non come si arrivi a quel
risultato. Per loro diventa importante il risultato non come si
arriva a quel risultato.
E come si arriva a quel risultato è
probabilmente ciò che loro fuggono, perché per poter arrivare a quel
risultato necessariamente devono conoscere se stessi, altrimenti
come possono essere ciò che il tai chi è?
Il tai chi non si fa, si è, per cui chi è colui
che è? Non è forse se stesso? Ma non conoscendo se stesso non è
possibile essere, per questo vogliono divenire, per non conoscere
ciò che sono, perché ciò che sono è forse ciò che temono di dover di
essere, ciò che non gli piace di mostrare agli altri.
Non
è possibile dire cosa sia il tai chi se non vedendo ciò che si è. E
se queste persone non vogliono vedere ciò che sono, come possono
comprendere il tai chi?
La forma che pratico non è il tai chi, anche se
al suo interno può esserci ciò che potrebbe essere il tai chi.
La forma è l’immagine, ma l’immagine non è la
sostanza questa è forse contenuta nell’immagine, se quell’immagine è
ciò che si è. Ma in questo caso non sarebbe più immagine, ma
semplicemente quello che si è, non potendo distinguere l’immagine,
dalla sostanza, cioè l’esterno dall’interno.
Impariamo la forma seguendo uno schema spesso
di qualcun altro. All’inizio imitiamo i suoi stessi movimenti,
muovendoci secondo quel particolare schema. Ma quello schema non è
il tai chi, ma quello che chiamiamo forma.
Il tai chi chuan comincia là dove termina la
forma. Cosa vuol dire questo?
Le persone forse più superficiali potrebbero
pensare che terminata la forma non esista più il tai chi chuan, per
cui non ha senso alcuno quell’affermazione.
Ma quella non è un’affermazione è l’espressione
di un concetto più vasto e che per la sua comprensione richiede una
mente… vuota. Così come una tazza è utile solo se vuota…
Quando terminiamo di eseguire la forma,
seguendo quel particolare schema che ci è stato insegnato, allora
forse potrà venire in essere il tai chi.
Muoversi non per come ci è stata insegnata la
sequenza di posizioni, ma per come sentiamo il movimento dentro di
noi. E come potremmo sentire questo? Non per come crediamo essi
siano, perché non lo potranno essere per il semplice fatto che lo
crediamo. Il corpo non può diventare ciò che non è, anche se la
mente può forse farcelo credere.
Così ciò che siamo sarà ciò che esprimiamo
nella forma, non volendo imitare nessuno, ma solo facendo venir
fuori quello che sentiamo di essere.
Così la mente rigida non potrà che farci
muovere in maniera rigida, ma una mente vuota, non potrà che
muoversi nella forma con la forma, divenendo naturalmente ciò che è:
unita alla forma non distinta dalla forma, per cui corpo e mente non
esistono separatamente, ma esistono uniti e quell’unione è forse
quello che è il tai chi chuan.
Ma
forse in ultimo neanche questa spiegazione è il tai chi. Potremmo
parlarne per lungo tempo, ma non arriveremo a definire qualcosa che
probabilmente non può essere definito, perché nel momento che lo si
definisce lo si imprigiona, lo si limita a quel particolare schema
di pensiero, che per sua natura è limitativo. E ciò che è limitato
non può essere libero, ma dovrà muoversi entro quei limiti. Quei
limiti che sono poi i nostri condizionamenti, ciò che è la memoria,
e quindi la tazza piena.
Più conosciamo meno possiamo apprendere, più
conosciamo e meno siamo liberi, in quanto ciò che vediamo in ogni
momento sarà visto con lo schermo di quello che conosciamo. Mentre
quello che vediamo in ogni momento è sempre nuovo e come tale non
può essere visto con il conosciuto, con il vecchio.
Ecco
che solo una mente semplice, vivace, può intuire cosa il tai chi
possa essere.
E una mente semplice non è qualcosa di
complesso, ma di estremamente diretto, che vede ciò che è, e non
quello che dovrebbe essere, e che vorrebbe divenire.
Una mente semplice accetta ciò che è, non
perché deve accettare per essere semplice, ma perché non teme di
essere quello che è e non temendo ne è libero, quindi l’accettazione
è conseguenza dell’essere libero. Senza libertà dal conosciuto può
esistere solo la forma, in quanto essa mostrerà quello che vorremmo
divenire, ma non ciò che il tai chi è, proprio perchè forse il tai
chi non è diverso da quello che è la nostra naturale naturalità.
Forse per conoscere cosa sia il tai chi che
hanno visto muoversi sulla spiaggia dovrebbero conoscere me e
conoscendomi potrebbero comprendere che il tai chi non è quello che
hanno visto, ma quello che sono. Quindi come potrebbero capire ciò
che faccio se non conoscono chi lo fa?
Come potrebbero fare tai chi se non sanno chi è
che lo fa?
Il tai chi parla di noi di quello che siamo in
quanto, forse, il tai chi e il movimento che ne scaturisce, è ciò
che siamo!
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