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La Via del Tradizionale e le competizioni di Kumite

Di: Enzo Cellini (Tratto da www.irimi.it)

Che cos'è il "combattimento"?  Come bisogna prepararsi al combattimento? In che modo bisogna allenarsi per imparare a combattere? Queste sono alcune domande che i praticanti di arti marziali si pongono e quelle alle quali ho cercato di dare una risposta. Innanzi tutto dobbiamo distinguere tra combattimento reale e quello sportivo perché sono due cose molto simili in apparenza ma in realtà fondamentalmente diverse. Ed è bene riflettere attentamente sulla loro differenza per non rischiare di non praticare fino in fondo ne l'una ne l'altra dimensione. Il combattimento reale (è quello che ha dato origine a tutte le forme di Arti Marziali) e il combattimento sportivo (una evoluzione del primo).

Le competizioni moderne di kumite nel Karate sono state introdotte in Giappone verso la metà degli anni 40, creando così di fatto, una nuova disciplina sportiva. Prima dell'introduzione del combattimento sportivo nel karate, l'unico confronto praticato aveva regole assai diverse dalle competizioni moderne. Chi perdeva giaceva quasi sempre privo di vita e chi "vinceva" restava in vita illeso o anch'egli ferito.  Vi sono quindi due metodi diversi d'apprendimento e quindi due modi diversi di allenarsi: uno che studia il combattimento reale e l'altro il combattimento sportivo. Il M° Tetsuji Murakami diceva che bisognava scegliere quale delle due strade del Karate percorrere, quella che porta al "Budo" o quella che porta allo sport, perché sono due cose completamente diverse.  Io penso che molti confondono il karate sportivo con quello tradizionale; oggi alcuni allievi praticano o credono di poter praticare con profitto entrambi le discipline contemporaneamente.

Chi pratica il karate sportivo può trarre qualche vantaggio dalla pratica tradizionale, ma non è vero il contrario. Colui che pratica lo Shotokai, o qualsiasi altro stile nella ricerca dello spirito del "Budo" che ha quindi come scopo lo studio dell'armonia ed il superamento del combattimento reale, non troverà nel karate sportivo, elementi che lo favoriranno a percorrere "La Via"; sarà invece distolto da essa e dalla sua dimensione universale e la sua pratica resterà soltanto un'esperienza tecnica non finalizzata completamente né al combattimento di gare né al combattimento reale. Il suo lavoro non si trasformerà in quell'esperienza spirituale che porta inevitabilmente alla comprensione del "KI". Nell'allenamento si abituerà a bloccare gli attacchi (come giustamente è richiesto a chi pratica il kumite sportivo). Nel caso particolare di praticanti Shotokai, essi verrebbero meno così alla regola fondamentale dello Shotokai che ha stabilito il M° Egami e cioè di "colpire oltre il bersaglio" e quindi attraversarlo.  Fermare l'attacco a pochi centimetri dal bersaglio significa eseguire un'azione di nessun pericolo per chi deve imparare a difendersi ed è illusorio pensare che con anni d' allenamento di questo tipo sarà poi possibile nel combattimento vero improvvisare una difesa o un attacco efficace. Soltanto praticando ripetutamente e per anni difese su attacchi efficaci (che attraversano il bersaglio), sarà possibile apprendere difese efficaci.

La differenza tra il combattimento sportivo e il combattimento vero è grande, immaginate di eseguire un esercizio ginnico alla trave, poi immaginate di eseguire lo stesso esercizio alla stessa trave ma sospesa a 100 metri da terra. La tecnica fisica é la stessa ma nel 2° caso entrano in gioco fattori che non scaturiscono dal primo. Per prepararsi al 2° esercizio nulla può essere lasciato al caso, occorre adottare un metodo capace di creare una nuova dimensione mentale e uno stato di calma interiore superiore, e questo inevitabilmente cambierà la qualità della propria vita. Tutto questo non serve per prepararsi al 1° esercizio, perché il margine di errore é infinitamente più grande e soprattutto perché gli obiettivi sono diversi.  Il "jiyu kumite" praticato oggi a mio avviso diventa un "gioco pericoloso" quando lo si vuole far passare come l'esercizio più vicino al combattimento vero, in realtà è soltanto una simulazione accademica della tecnica senza i contenuti di drammaticità e di pericolosità che invece sono prepotentemente presenti nello scontro vero e che influiscono in modo determinante sul tipo di reazione dell'individuo, sulle sue capacità fisiche e sulla tecnica stessa. Nel jiyu kumite non si rischia la vita, gli attacchi e le difese non sono veri ed é pericoloso abituarsi ad associare mentalmente e fisicamente questa performance all'idea del combattimento vero. Attaccare senza efficacia, senza portare l'attacco oltre il bersaglio ci abitua a difenderci da assalti inefficaci. Questo metodo di apprendimento può voler dire scoprire troppo tardi e a proprie spese che il combattimento vero, quello della strada è una cosa assai diversa, perché in esso vengono portati attacchi veri: oltre il bersaglio. E' molto importante non confondere i due metodi di ricerca, il Karate Sportivo è un attività di tutto rispetto e l'impegno degli atleti che lo praticano è paragonabile e molto spesso superiore a quello degli atleti degli sports più famosi, ma il Karate-Do del Maestro Gichin Funakoshi è un altra cosa: è una disciplina che fonda le sue radici nel Buddismo Zen, nel "Budo" (via marziale) e nel "Heiho" (via della pace).

Il Karate Sportivo adotta le tecniche del Karate-jutsu ma lo spirito che lo anima appartiene a quella grande famiglia che è lo sport e che non ha molto in comune con lo spirito del "Budo".  Sono due discipline diverse che richiedono sia nell'allenamento sia nell'atteggiamento mentale un approccio qualitativamente diverso. Nel karate sportivo ci si allena al combattimento di gara praticandolo. Nel Karate-do ci si "prepara" al combattimento vero senza poterlo mai praticare nel dojo durante l'allenamento. Nel karate sportivo la frase: «un colpo una vita» non ha molta attinenza, perché perdere un combattimento non significa non poterne vincere altri 100 e l'efficacia di un colpo è in funzione del regolamento di gara ed è l'arbitro a stabilirla. Nel Karate-do l'efficacia di una tecnica può essere verificata soltanto nel combattimento vero e da essa può dipendere la propria incolumità o addirittura la propria vita.  Il karate sportivo se praticato seriamente può dare sicuramente molto, il karate tradizionale prepara ad affrontare sia i combattimenti "di mani e di piedi" sia quelli che quotidianamente la vita ci riserva, ci insegna a vivere in armonia con noi stessi e con tutto quello che ci circonda infondendo "calma interiore" e introducendoci nel mondo spirituale dell'arte all'ultimo stadio: la ricerca universale del "Ki" e la sua applicazione. Allora lo studio della tecnica diventerà un pretesto per la conoscenza profonda e il superamento del combattimento.  Per concludere vorrei dire che nell'allenamento l'atteggiamento mentale cambia a seconda del metodo adottato, nel kumite sportivo è inevitabile che scatti il meccanismo naturale della contrapposizione, perché bisogna vincere e per poterlo fare l'unico modo è quello di accettare il confronto e combattere, questo tipo di approccio mentale non forma il praticante all'idea che è possibile vincere senza combattere, e che la vera vittoria si ottiene quando nessuno "perde" e quando riusciamo a realizzare l'unità con l'avversario fino al superamento del combattimento stesso.

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