Dopo
aver estratto Dal
libro on line de "LA
STORIA DEL JU JITSU" alcuni cenni sulla storia del Ju Jitsu, vi proponiamo
ancora un estratto su quello che era e forse resta ancora
l'organizzazione del ryu. ancora un viaggio nell'affascinante mondo
delle arti marziali orientali
Ju Jitsu
Organizzazione del Ryu
Di: Giulio Penna, Arnaldo Palombi
Tratto dal Libro
STORIA DEL JU-JITSU
Le Scuole di Arti Marziali tradizionali giapponesi sono
caratterizzate da una solida struttura gerarchica, di tipo
piramidale.
Al vertice della scuola troviamo il Caposcuola (Soke),
ovvero quella figura da cui dipendono tutti i componenti del ryu. Il
titolo di Soke si può ottenere in maniere diverse.
Nelle Scuole tradizionali, il Soke stesso individua il suo
successore, ovvero quell’ allievo che lo sostituirà alla guida della
Scuola dopo la sua morte; usualmente questo allievo è il figlio
stesso del Soke, cosicché assieme al nome della scuola si perpetua
anche quello della famiglia detentrice dei segreti dello stile.
Questa dinamica ha caratterizzato la quasi totalità dei Ryu di tutte
le arti marziali giapponesi, anche perchè il fatto di possedere una
scuola era motivo non solo di prestigio, ma soprattutto, dopo l’era
feudale, di solidità economica.
L’altra via per mezzo della quale un maestro può diventare Soke è
quella di fondare un proprio stile basandosi sulle conoscenze
assimilate e sulla sua esperienza marziale: si dà così vita ad un
nuovo ryu, caratterizzato dalle sue tecniche e dalle sue metodiche
di allenamento.
Al
secondo posto dell’ordine gerarchico troviamo la figura del Waka
Sensei (giovane maestro). Al Waka Sensei spetta il compito,
insieme al Soke, di rappresentare all’esterno i valori propri del
Ryu, sia dal punto di vista tecnico sia da quello morale. Non era
raro, infatti, che al Waka Sensei fosse demandato il compito di
eseguire dimostrazioni presso altre Province al fine di far
conoscere e divulgare il proprio stile. Di solito questa figura
coincide con quella del figlio del Soke; in caso di mancanza di
eredi naturali, Waka Sensei veniva nominato quell’allievo che nel
corso degli anni era stato fedele al Soke e si era distinto per doti
tecniche, morali e spirituali. Alla morte del Soke, diventava
caposcuola di diritto il Waka Sensei.
Soke e Waka Sensei rappresentano il Ryu in quanto tale, tuttavia
ogni scuola si compone di numerosi dojo e ognuno di essi è gestito
dal Sensei (lett. “ colui che è nato prima” ma tradotto di
solito come “maestro”). Il Sensei è il depositario di tutte
le conoscenze tecniche che compongono il programma didattico del Ryu.
Egli è responsabile di tutto ciò che avviene all’interno del suo
dojo e delle azioni dei suoi allievi. Compito fondamentale del
Sensei è non solo quello di trasmettere meri contenuti tecnici ma
piuttosto di essere un esempio di integrità morale per tutti i suoi
discepoli.
Figura
sempre presente in ogni dojo è quella del Sempai (allievo
anziano). Questi coadiuva il Sensei nella gestione dell’allenamento
ed in particolare cura la parte iniziale di riscaldamento (c. d.
Taiso ) e viene scelto quale uke nella spiegazione delle tecniche.
Inoltre il Sempai supervisiona il corretto svolgimento
dell’allenamento ed è responsabile del mantenimento dell’ordine e
della disciplina. Ad esempio, all’entrata del Sensei sul tatami,
egli ordina di eseguire il saluto preliminare e funge da
intermediario tra le richieste degli allievi e l’attenzione del
Sensei.
L’anima vera e propria del dojo è comunque costituita da tutti
quei praticanti desiderosi di apprendere e di approfondire lo studio
delle arti marziali. Anticamente, questi si classificavano in
Uchi Deshi (allievi interni) e Soto Deshi (allievi
esterni). I primi vivevano a stretto contatto con il Sensei e con
lui condividevano la quotidianità, spesso vivendo all’interno del
dojo curandone l’ordine e la pulizia. Questa particolare categoria
di allievi era destinata a conoscere i segreti più profondi dello
Stile e quindi a costituire in futuro la nuova generazione di
maestri.
La seconda categoria, quella dei Soto Deshi, era
rappresentata da tutti quegli studenti che, per i motivi più
diversi, non potevano o non volevano dedicarsi totalmente allo
studio dell’arte marziale. Si allenavano periodicamente, apprendendo
i contenuti essenziali del programma didattico, potendo raggiungere
anche gradi elevati all’interno del dojo senza però poter accedere
agli insegnamenti e alle verità più nascoste dello stile.
Infine, a quell’allievo che nel corso degli anni si era distinto
sia dal punto di vista della competenza tecnica sia da quello
dell’integrità morale e di fedeltà ai valori propugnati dalla scuola
veniva conferita una particolare onorificenza denominata Menkyo
Kaiden. Questo documento, utilizzato ancora oggi nelle scuole di
stampo tradizionale, attesta la piena conoscenza del programma
didattico caratteristico di un determinato stile.
Per
quanto riguarda la gerarchia relativa agli allievi, essa si articola
in classi denominate kyu. Tali gradi, in ordine decrescente dal 6°
al 1°, indicano il crescente livello di preparazione dello studente.
Alcuni ryu feudali adottavano un sistema di divisione gerarchica
articolato anche in nove kyu. Già prima dell’introduzione delle
cinture colorate voluta dal maestro Jigoro Kano nel 19°
secolo, si utilizzavano colori differenti per identificare i gradi;
tale metodo sembra abbia avuto origine dal sistema burocratico del
Periodo Heian il quale, ad imitazione della parallela dinastia
cinese Sui, assegnava un colore diverso a seconda del ruolo
amministrativo ricoperto.
Dal 1° kyu in poi, l’allievo veniva e viene tutt’ora inquadrato
in una seconda gerarchia, quella dei dan, la quale rifletteva un più
elevato grado di preparazione. Dal 4° dan in poi, infatti, si aveva
accesso al ruolo di insegnante. Anticamente, dal 4° al 6° grado si
copriva la qualifica di “ Renshi ” (assistente istruttore) ;
con il 7° e l’8° dan si diventava “Kyoshi“ (istruttore) ed
infine si ricopriva la prestigiosa carica di “Hanshi”
(maestro) che corrispondeva al 9° e 10° dan.
Attualmente, a seconda dell’arte marziale e dei regolamenti, è
possibile iniziare ad insegnare a partire dal 1° dan, a cui di
solito corrisponde la qualifica di “allenatore”. Per ricoprire la
carica di maestro è comunque necessario raggiungere il 4° dan e, per
dividere ulteriormente la gerarchia degli insegnanti, si utilizzano
ancora oggi i termini arcaici di Renshi, Kyoshi e Hanshi.
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