CONTINUA LA COLLABORAZIONE
CON
LA RIVISTA
www.irimi.it PER QUANTO CONCERNE LE ARTI
MARZIALI E LO STILE SHOTOKAI NELLO SPECIFICO. ANCHE QUESTA VOLTA L’AUTORE
DELLE OPINIONI E’ QUANTO DI PIU’ ILLUSTRE POTREMMO AUSPICARCI: IL M°
SHIGERU EGAMI, ALLIEVO DIRETTO DEL M° Gichin Funakoshi E FONDATORE DELLO
SHOTOKAI. LEGGENDO I SUOI SCRITTI… CI ACCORGIAMO CHE FORSE, MOLTE DELLE COSE
PRESENTATECI COME FRUTTO DELLE MODERNE CONCEZIONI DELLE ARTI DA COMBATTIMENTO…
NON SIANO ALTRO CHE RIVISITAZIONI DI ANTICHE CONCEZIONI DI QUESTE ARTI MARZIALI.
IL KUMITE
Di: Shigeru Egami (da www.irimi.it)
(tratto da: "The Heart of Karate-Do" - Traduzione: M° Enzo Cellini)
Il
combattimento, Kumite, è il tipo di esercizio che attrae maggiormente non
soltanto i principianti, ma tutti coloro che hanno qualche interesse al karate.
Tutti vorrebbero iniziare a praticarlo prima
possibile, ed è per questo motivo che ci si allena assiduamente negli esercizi
fondamentali.
Nel mio caso personale, non posso dimenticare
l'eccitazione che provai quando mi fu permesso di praticare il combattimento per
la prima volta.
Forse è innato nell'uomo l'impulso di combattere,
la sensazione è comunque ben nota sia che esso sia vero o no.
Quando si fronteggia un avversario è difficile
restare immobili. Il sangue affluisce alla testa e il cuore batte, come un gallo
da combattimento pronto all'attacco. Per intimorire l'avversario, si assume uno
sguardo feroce e minaccioso, e si è carichi di spirito combattivo.
In ogni modo, quando viene permesso di praticare
il combattimento, si ha l'impressione di essere diventati finalmente maturi
praticanti dell'arte e la gioia non ha limite.
Agli albori del karate moderno l'allenamento era
dedicato ai kata e al bersaglio imbottito di paglia da colpire, importanza era
riposta all'allenamento dello spirito attraverso l'allenamento del corpo.
Sembra che il combattimento sia nato con la
selezione e la pratica di alcune tecniche dei kata. In principio venne indicato
da Gichin Funakoshi, e più tardi adottato come una forma di pratica. Sembra che
i maestri dei vari dojo insegnassero il combattimento soltanto su base
individuale e in gran segreto all'allievo che fosse esperto di kata. Quindi
originariamente il combattimento era un metodo di allenamento, e non un mezzo
per stabilire vittoria o sconfitta.
Era praticato soltanto per verificare se un
attacco o una difesa erano efficaci o no.
Sebbene il karate sia un metodo di lotta, il
combattimento non era concepito né come una lotta reale, né come una gara.
In tempi lontani, quello che oggi noi definiamo una gara era
uno scontro fino alla morte.
Per colui che cercava la vera Via del guerriero (Budo),
una gara significava che i due combattenti avrebbero lottato fino alla morte di
uno dei due. Le gare hanno assunto l'aspetto attuale dal momento in cui sono
state introdotte in Giappone le competizioni stile occidentale.
Il
Maestro Funakoshi diceva: "non ci sono competizioni nel karate".
Il significato della parola è cambiato
enormemente, ma nonostante ciò, con le regole attuali è difficile individuare
il vincitore. Forse le regole e il modo in cui le gare sono condotte cambieranno
in futuro, e io penso che dovrebbero, però è mia opinione che le
"competizioni" non possono essere praticate.
Sebbene non sia certa la data, fu durante i primi
del 1930 che il combattimento prestabilito (yakusoku kumite) fu creato,
sviluppato e praticato nel dojo.
Il combattimento libero (jiyu kumite) si sviluppò
pochi anni dopo (ricordo, comunque che quando visitai Okinawa, nel 1940, non
vidi combattimenti; infatti seppi che alcuni karateka furono espulsi dal loro
dojo perché avevano adottato il combattimento dopo averlo appreso a Tokio.
Vi erano tre tipi di combattimento prestabilito.
GOHON KUMITE
Nel combattimento quintuplo (gohon kumite), cinque
attacchi consecutivi di pugno venivano eseguiti contro un avversario, veniva
stabilito precedentemente se l'attacco era alto (jodan) o medio (chudan). Quando
si prendeva confidenza con questo lavoro, gli spostamenti in avanti e indietro
diventavano sempre più grandi e l'ampio dojo sembrava piccolo.
SAMBON KUMITE
Quello che veniva eseguito successivamente era il
triplo combattimento (sambon kumite). In questo caso il difensore si difendeva e
allo stesso tempo tentava di incutere il timore che la difesa sarebbe stata
dolorosa. Doveva anche saper bloccare quando l'attaccante lanciava pugni uno
dopo l'altro. L'attaccante doveva escogitare il modo per non farsi parare gli
attacchi di pugno. Egli si esercitava a lanciare i suoi pugni lentamente e
velocemente; poteva cercare così di penetrare e attraversare l'avversario. Il
combattimento così impostato poteva diventare praticamente una mischia, ed è
sottinteso che il praticante più esperto avrebbe dimostrato gli effetti della
sua più lunga esperienza (e viceversa). In una tale situazione, era il più
rude dei due ad avere il vantaggio. In pratica le tecniche di attacco e di
difesa erano piuttosto diverse da quelle dei kata. Il sambon kumite praticato
correttamente non sfocia in una rissa, ma ci sono alcuni che lo praticano in
questo modo ancora oggi. E' strano che non capiscano che è innaturale.
IPPON KUMITE
Dopo
aver rafforzato le braccia, le gambe e le anche ed aver praticato a fondo il
combattimento triplo, l'esercizio successivo era il combattimento singolo (ippon
kumite). Qui la posizione assunta era diversa, ma era prestabilito chi attaccava
e chi si difendeva e a che altezza era la difesa. Mentre l'attaccante doveva
cercare seriamente un'occasione favorevole, il difensore cercava di non rivelare
un'apertura. Entrambi assumevano una posizione bassa e guadagnavano tempo, per
cogliere nell'altro segnali di stanchezza. La posizione bassa in sé era
faticosa, ma era più facile balzare in avanti ed attaccare. E poi la posizione
bassa rendeva il bersaglio più piccolo.
L’APERTURA
E' facile parlare di apertura, ma nessuno sa
veramente cos'è un'apertura. In qualsiasi tipo di combattimento, quando due
avversari si conoscono, essi saranno in grado di controllare le rispettive
forze, e sarà difficile allora trovare un'apertura, rendendo difficile la
ricerca del colpo decisivo. Per esempio, uno può decidere di fare del suo pugno
l'attacco decisivo. Colui che riesce a portare l'attacco decisivo ha vinto.
Ma colui che ha perso, cercando di recuperare il
terreno perduto, potrebbe inquietarsi.
L'esercizio potrebbe trasformarsi in una lotta
caotica, dove entrambi attaccano e si difendono selvaggiamente senza riguardo
per i fondamentali e per i kata.
Questo non è più un combattimento prestabilito
ma un combattimento libero, oppure, per essere più precisi, una lotta dove
tutto è consentito.
Se il combattimento è praticato da due dello
stesso livello, l'esito non sarà troppo grave, ma nel caso di un principiante
contro un esperto possono accadere cose terribili. In questo scontro carnale, di
ossa contro ossa la sofferenza può essere notevole. Possiamo definirlo come una
forma di tortura oppure un'iniziazione al dolore. Eppure, nel combattimento, lo
spirito di lotta viene coltivato.
Per diminuire il dolore, ci si doveva allenare con
continuità colpendo il bersaglio imbottito. Si cercava di aumentare la
velocità del pugno e di allenare le braccia colpendole ripetutamente con un
oggetto duro. In altre parole, si sottoponeva il corpo ad una serie di
torture per diminuire il dolore del contatto.
Oggi noi pratichiamo soltanto un tipo di
combattimento: il combattimento singolo prestabilito (yakusoku ippon kumite)
perché, con il cambiamento del modo di attaccare, non è più possibile
praticare altre forme prestabilite di combattimento.
Il cosiddetto combattimento libero è altresì
inutile ora. Il vero senso del combattimento è nei contenuti della pratica e
può essere compreso naturalmente.
Il metodo attuale e quello passato di praticare il
combattimento sono uguali, nel senso che un pugno va parato con un certo numero
di tecniche diverse, ma nel modo attuale di attaccare uno può ferire un
avversario anche se l'attacco non è efficace.
Era, come dire, un tipo di forma, o un'esecuzione
di movimenti. Questo non va interpretato nel senso che tutto quello che è stato
fatto non sia stato fatto con grande serietà ed impegno.
Ma io penso che le contraddizioni dell'allenamento
di una volta vanno risolte, e vanno studiati continuamente attacchi e parate
efficaci. Se quelle contraddizioni vengono capite, allora è chiaro che il
combattimento cambierà. In allenamento quando un avversario lancia un pugno,
dovrete essere in movimento.
Se vi muovete dopo aver visto il vostro avversario
muoversi, sarà troppo tardi e un falso movimento da parte vostra è fuori
discussione perché il colpo dell'avversario è piuttosto letale.
Per muoversi contemporaneamente con l'avversario,
dovrete sentire le sue intenzioni.
Un metodo per allenarsi a percepire le intenzioni
dell'avversario, sia nei fondamentali che nei kata è allenarsi a percepire il
comando del maestro, imparando a partire con il comando.
-
Quando il suono del comando finisce,
dovrete aver finito l'esecuzione della tecnica.
-
Quando il suono del comando si sente
sarete già in movimento.
E' ancora meglio fare la difesa contemporaneamente
al comando cioè nell'esatto istante del comando (deve essere sottolineato il
significato della parola contemporaneamente cioè nell'esatto istante, senza una
differenza di tempo dello spessore di un capello). Per ottenere questo dovrete
essere calmi e la vostra mente dovrà essere libera e tranquilla come quella di
un bambino. Ma non è una questione di riuscire ad usare la mente. Dovrete
invece muovervi naturalmente senza pensare e concentrare anima e corpo nelle
tecniche.
Verrà il tempo in cui riuscirete ad eseguire le
due cose senza pensarci.
Quando
raggiungerete questo stato mentale vi accorgerete che vi muovete
contemporaneamente
al comando. Con la fase successiva dovrete affrontare l'avversario ad una certa
distanza in modo tale che l'attacco e la parata non vengano a contatto.
Lasciate che il vostro avversario si alleni
nell'attacco mentre voi vi allenate nella difesa.
Ripetete questo esercizio finché non vi muovete
entrambi contemporaneamente.
Chiaramente vi alternerete nell'attacco e difesa.
In senso stretto, questo esercizio non sarà
praticato con passione, quindi dovrete successivamente diminuire la distanza in
modo che avvenga il contatto. Esercitatevi in questo modo, ma ricordate che
questo non è un combattimento.
Questa è pratica.
Non vi aspettate di progredire molto se siete
ansiosi di vincere.
Troppa sicurezza scaturisce dalla vittoria,
vergogna e fretta di reagire avventatamente, dalla sconfitta. Non pensate
alla vittoria o alla sconfitta, ma se il vostro avversario vi attacca con
successo, esaminate il perché il suo pugno è stato efficace.
Questo è lo scopo della pratica.
E siccome è importante allenare anche le gambe,
esercitatevi ripetutamente.
Nella fase successiva, lasciate che il vostro
avversario attacchi alle vostre spalle.
Questo esercizio non dovrà essere fatto per
curiosità. Scegliete un momento quando vi sono poche persone presenti ed
esercitatevi con un avversario scelto tra i vostri buoni amici.
Ovviamente questo tipo di lavoro richiederà
ancora più calma di quando avete l'avversario di fronte, ma contribuirà alla
concentrazione mentale.
Se pensate troppo a quando partirà l'attacco del
vostro avversario, non vi accorgerete dei suoi movimenti. Soltanto quando la
vostra mente è tranquilla come le acque immobili di uno stagno e siete
fisicamente pronti, sarete in grado di percepire naturalmente i movimenti del
vostro avversario ed anche il suo respiro. (Va menzionato che questa
potenzialità non è una caratteristica esclusiva degli uomini, ma anche degli
animali). In questo stato potrete avvertire in modo naturale i cambiamenti
emotivi del vostro avversario. Questo è il significato di essere capaci di
capire, o sentire, le intenzioni del vostro avversario. Se provate ad
attaccare il vostro avversario alle spalle, lui cercherà naturalmente di
eseguire una difesa, ma voi capirete chiaramente le sue reazioni. Non pensate ai
movimenti che farete. Questa è la cosa più importante. Siate naturali e
muovetevi naturalmente. Non cercate di andare contro natura. Sarà il vostro
corpo ad accorgersi dei movimenti del vostro avversario, anche se non potete
vederlo.
Dopo che vi sarete allenati con un avversario fino
a percepire i suoi movimenti con il vostro corpo, esercitatevi con tre o cinque
avversari. Ponetevi al centro, e lasciate che essi attacchino con i pugni senza
prestabilire una sequenza.
Concentrazione della mente e del corpo è la cosa
fondamentale, e la vostra mente dovrà essere assolutamente vuota. Non vi è
vincitore o sconfitto, né dovete pensare alla vita o alla morte. E' uno stato
del nulla.
Questo può sembrare difficile ma non lo è; è
il pensare che lo rende difficile.
Tra gli antichi, si diceva che quando si affronta
un qualsiasi avversario, bisogna trovarsi in uno stato mentale in cui si è
pronti o capaci di morire; cioè uno stato mentale in cui vita e morte sono
irrilevanti, nessun vincitore e nessun vinto, né stati d'animo quali paura o
odio. Affrontare il vostro avversario con la mente vuota. Il pensiero non ha
nessun valore; dovrai semplicemente agire.
Attraverso la pratica tutto questo si comprende
naturalmente.
Mantieni la tua mente calma ma sii pronto. Io
penso che queste siano lo parole appropriate ad un karateka. La vostra mente
dovrà essere calma, ma dovrete essere sempre attenti a ciò che accade e ai
movimenti intorno a voi. Altrimenti non sarete capaci di far fronte, ad esempio,
ad un accerchiamento da parte di parecchi avversari.
Una mente calma e flessibile, un corpo agile e
movimenti rapidi: questi sono i prerequisiti di un karateka. Per ottenerli,
dovrete esercitarvi nei fondamentali e nei kata. Approfondendoli acquisirete
ritmo, anticipo, distanza, respirazione e il fluire dell'energia vitale. Nel
XVII Secolo, il sacerdote-poeta Rinzai Zen Bunan scrisse una poesia che dice:
in uno stato di morte
in un corpo vitale
le azioni sono al meglio
della loro esecuzione
Capire questo perfettamente e
tradurlo in pratica è quello che io spero voi facciate.
La questione della mente è
molto profonda. Il fine ultimo da realizzare attraverso la pratica è
l'elevazione della mente ad uno stadio alto, l'ampliamento dei propri orizzonti
e l'auto purificazione.
Dovrete allenare la mente ed il
corpo, altrimenti il lavoro non ha alcun senso.
Sforzatevi di pulire la mente
dalle tensioni e dai problemi giornalieri. E' come lavare le patate in una
tinozza d'acqua; dovrete lavare la mente dallo sporco entrando in uno stato di
contatto spirituale con gli altri. La mente ed il corpo sono come le due ruote
del carro. Nessuno delle due deve progredire più rapidamente dell'altra.
Questa è la pratica corretta.
La vera pratica è acquisire
ciò che è prezioso per la vita. Venendo in contatto fisico con gli altri,
verrete anche in contatto spirituale. Nella vita quotidiana, sarete in grado di
capire il vostro rapporto con gli altri, come ognuno influenza gli altri e come
avviene lo scambio di idee. Arriverete a rispettare il prossimo e ad essere
disponibile nei suoi confronti. Un budoka deve essere una persona completa e
avere a cura la felicità ed il benessere del prossimo.
Le parole sono facili a dirsi;
metterle in pratica non è altrettanto semplice. Se avete un'idea mettetela in
pratica immediatamente.
Questo è lo scopo dell'allenamento.
Se non riuscirete ad agire, il
vostro allenamento è stato insufficiente oppure avete qualche punto debole.
Prefiggetevi di ottenere quanto è possibile dalla pratica.
Vorrei dire per concludere, che
la ricerca del karate come arte di combattimento è il kumite, ma oltre a ciò
è il superamento del combattimento.
Allora sarete tutt'uno con il vostro avversario.
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