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Arti marziali

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UN ARTICOLO DEL DOTT. ENZO CELLINI SULL’ASPETTO INTERIORE DELLE ARTI MARZIALI. SPESSO SI PARLA A SPROPOSITO DI QUESTO ASPETTO CONTENUTO ED IMPRESCINDIBILE DALLE ARTI MARZIALI. IL RESOCONTO DETTAGLIATO DELL’ESPERIENZA DIRETTA DI UNO DEI PRIMI PRATICANTI DI SHOTOKAI IN ITALIA, CI FA FORSE MEGLIO COMPRENDERE LA VERA E SEMPLICE ESSENZA, MA DI DIFFICILE RAGGIUNGIMENTO SE LA SI RICERCA ESTERNAMENTE. LEGGIAMOLO CON ATTENZIONE E SENZA INUTILI PREGIUDIZI… FORSE ALLORA INIZIEREMO A COMPRENDERE.

LA DIMENSIONE MENTALE NELLE ARTI MARZIALI

Di: Dott. Enzo Cellini (da. www.irimi.it)

Pratico arti marziali dal 1971 e da allora mi sono allenato incessantemente, alla preparazione del mio corpo, alla continua ricerca di migliorare le mie capacità fisico-tecniche, ma devo ammettere, che non ho dedicato in passato sufficiente attenzione e impegno all'esercizio della mente.

Ho iniziato ad interessarmi alla meditazione soltanto dopo uno stage con il M° Tetsuji Murakami a Prato; era marzo 1982, in quella occasione ricordo che il Maestro ci disse che dovevamo allenarci al mokuso in seiza, fino ad arrivare almeno ad un ora di meditazione per sessione. Iniziai con grande interesse e con non poche difficoltà ad accumulare minuti di meditazione quotidiana, arrivando al tempo richiesto dopo circa otto mesi.

Un anno dopo sempre a Prato, nuovamente durante uno stage con il maestro, (maggio 1983), ci fu chiesto di restare per oltre 40 minuti immobili in seiza, sicuramente molti dei miei vecchi colleghi lo ricordano ancora.

Da allora è passato del tempo e ho avuto molti benefici da questo tipo di pratica, sono contento di aver intrapreso questa strada e sono infinitamente riconoscente al M° Murakami che ce l'ha indicata.

Oggi, vedo molti praticanti, utilizzare la mente, come ho fatto io, nei miei primi anni di pratica, principalmente per guidare il corpo nell'esecuzione di tecniche di combattimento sempre più evolute, ma senza adottare tecniche specifiche atte a preparare la mente allo scontro.

Per vincere in combattimento non basta allenare soltanto il corpo, bisogna raggiungere, attraverso la meditazione, uno stato interiore superiore che fornisce al corpo gli impulsi giusti, al momento giusto.

La mente deve acquisire la capacità e l'abitudine di comprendere profondamente l'attimo presente, vivendolo intensamente senza interferenze interne e senza uno scollamento dell'attenzione dall'azione in corso.

La mente spesso, viene utilizzata per rimuginare le situazioni, altre persone, oppure noi stessi. Frequentemente la nostra attenzione è proiettata al passato, a fatti lontani nel tempo, a cose successe ieri, a quello che è accaduto pochi minuti prima; creando così emotività; ansie, gioia, paure e angosce che non ci permettono di vedere la vera realtà che ci scorre davanti.

La stessa cosa succede quando la nostra attenzione è proiettata al futuro, verso le nostre aspirazioni, alle cose che vorremmo si avverassero, a quello che potrebbe accadere domani o a quello che sta per accadere tra poco.

Proiettare l'attenzione e i pensieri al passato, al futuro, o su persone non presenti, crea una serie di effetti che alterano lo stato psicofisico generale; battito cardiaco, circolazione sanguigna ed il ritmo stesso della propria vita; ma purtroppo in questo stato, quello che viviamo non è frutto di un accadimento del presente, ma è un effetto causato da illusioni.

Questo ci mette costantemente a rischio; rischiamo di non capire le situazioni o le persone che stiamo frequentando in quel momento, perché la mente è occupata dai pensieri di esperienze passate, oppure da pensieri proiettati al futuro, anticipando conclusioni condizionandoci e non permettendoci di agire nel modo appropriato con la situazione in atto.

I pensieri che nascono e alimentano la nostra mente possono essere di due tipi: il "pensiero tecnico", quello che usiamo per risolvere un problema, per scrivere una lettera, o per decidere quale strada prendere per raggiungere un luogo.

Questo è un buon uso della mente.

Gli altri pensieri, quelli che creano opinioni, giudizi, ricordi, sogni sul futuro, cioè una buona parte dei pensieri che affollano le nostre menti, questi pensieri non sono legati al presente e creano uno scollamento dalla realtà.

Se siamo in palestra e stiamo facendo kihon, dovremmo farlo totalmente e nello stesso tempo essere consapevoli dei pensieri che si sovrappongono all'azione: "ma che fatica", "non ce la faccio più", "che ora è ?", "questa tecnica non mi riesce bene", "speriamo che smetta di piovere, non ho l'ombrello".

Pensieri inutili che non hanno nulla a che fare con il kihon e che disturbano l'azione.

 Quando la mente se ne va altrove, riportatela al lavoro, ponete un'attenzione particolare ai movimenti delle vostre mani, dei piedi, del ventre, al vostro respiro e al maestro.

L'azione reale, in questo caso, è il kihon, ma potrebbe essere qualsiasi altra cosa, il resto sono considerazioni supplementari. Allenarsi vuol dire fare con cura ciò che va fatto; "in questo preciso momento".

Per noi praticanti di arti marziali, vivere intensamente il momento presente, vuol dire comprendere profondamente la relazione che esiste tra noi e il maestro, tra noi e gli altri, tra noi e l'universo.

Vivere intensamente il momento presente dovrebbe diventare, insieme alla tecnica, la nostra ricerca costante, per scoprire il mondo del "qui ed ora", dell'attimo, diventando più efficaci nell'azione e un poco alla volta scoprendo chi siamo veramente.
Nell'apprendimento del combattimento dobbiamo considerare attentamente il ruolo della mente, non possiamo trascurarlo, dobbiamo garantirci, con il tempo e con l'allenamento, la capacità di posizionare la mente sul presente ogni volta che lo vogliamo, per poter percepire meglio la presenza dell'altro.


La mente deve essere presente come lo è il corpo, il corpo non è mai ieri e non è mai domani, il corpo è costantemente "qui ed ora"; se la dissociamo dal corpo, perdiamo il combattimento, perdiamo il prezioso appuntamento con l'attimo, perché abbiamo vissuto una illusione, bella o brutta, ma comunque non corrispondente alla realtà.

Ognuno di noi vive momenti di vita spontanei; ad esempio se un evento ci crea un'emotività istantanea, questo è certamente un vissuto genuino. Ma se il giorno dopo, riviviamo intensamente con il pensiero lo stesso episodio e questo ci crea nuovamente una emotività, ebbene questo tipo di alterazione è illusoria, perché è causata da una mente che naviga con i pensieri in altri luoghi.

Questo scollamento dalla realtà purtroppo, è spesso causa di stress e di malattie. La meditazione ci insegna a gestire la nostra attenzione, posizionandola, ogni volta che lo vogliamo sul presente, distogliendola dai pensieri.

Per noi praticanti di karate e studiosi del combattimento, è importante diminuire gradualmente l'attività illusoria della mente ed il suo attaccamento ai dettagli dei pensieri delle cose e dell'azione, bisogna abituarla a vivere un presente "universale", dove si percepisce il tutto ma nulla in particolare, evitando così che nel combattimento essa produca una concentrazione parziale, che facilmente diventa prigioniera della personalità dell'avversario, oppure divaghi generando pensieri latenti causando stati d'animo diversi, ansia, paura o troppa sicurezza di sé.

Tutto questo è illusione e ci distoglie dall'azione nel suo insieme, non permettendoci di percepire lo spazio intorno a noi come potremmo; siamo disturbati e il nostro stato interiore non si placa.

L'azione e la tecnica, se non fondate esclusivamente sulla realtà presente, sono sempre fuori luogo, possono essere eccessive, insufficienti o inutili.

Alcune tecniche di meditazione ci insegnano a placare i pensieri e ricondurre l'attenzione all'esperienza originale e genuina del corpo e del respiro.

La meditazione è un lavoro duro, non è un processo di beatitudine e di rilassamento, ma è il fuoco per bruciare i pensieri e ricondurre l'attenzione al presente. La meditazione non è rivolta a fare o a correggere qualcosa, è esclusivamente rivolta a noi stessi, in questo preciso momento.

Per i principianti è sufficiente assumere una postura corretta (seiza), che con il tempo diventerà comoda, chiudere gli occhi, anche se in genere nello zazen gli occhi sono socchiusi (per non addormentarsi), percepire il proprio respiro senza controllarlo e lasciarlo così com'è.

I più esperti dovranno cercare di ampliare l'attenzione, cercando di farla aderire a tutto quello che accade, percependo il proprio respiro, ogni rumore e ogni cosa come un tutt'uno senza fissare l'attenzione sui particolari.

In questo stato, si ha l'impressione di osservare ed ascoltare il mondo da una prospettiva nuova, distaccata; dove tutto ci appare chiaro, la pace si instaura dentro e le capacità percettive sono amplificate. Cercate di rimanere con il presente quanto più possibile, vi accorgerete che dopo pochi minuti sopraggiungono i primi pensieri.
La capacità di stare con la realtà, spesso è molto scarsa.

La meditazione è rivolta a distogliere la mente dai pensieri e ricondurla alla realtà, al respiro, al silenzio della mente e dell'universo. Lo zazen è tutto questo. Iniziando questo percorso quotidiano, scoprirete che la prima cosa a cui lavorare è la vostra mente affaccendata e caotica.

Molti ostacoli si incontrano su questa strada, perché noi siamo affezionati ai nostri pensieri; i pensieri sono autodifese in cui spesso ci rifugiamo e nessuno in fondo vuole abbandonarli, costituiscono il nostro oggetto di attaccamento, ma i benefici che si ottengono da una mente aperta, serena e libera dai pensieri inutili, sono indescrivibili e gli effetti positivi si ripercuotono decisamente sulle nostre azioni, introducendoci così nella dimensione "heiho": il metodo della pace del M° Shigeru Egami.


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