| Campionati Italiani FIKBMS tatami sportDi: Ennio FalsoniOrganizzativamente impeccabili,  gli Italiani hanno offerto  
			ottimi segnali sullo stato di  salute  dei nostri sport, anche se 
			non sono mancate critiche del tutto comprensibili. Se i numeri non 
			sbagliano mai, che cosa ci dicono le recenti gare di  Roma, Milano e 
			Genova?  
			   Alla Coppa del Presidente di Genzano infatti, per 
			l’organizzazione dei fratelli Liberati,  ci aspettavamo 500/550 
			atleti e ne sono arrivati 850; a Milano, dove per la prima volta 
			abbiamo ospitato i Campionati Italiani degli sport da ring staccati 
			da quelli da tatami, organizzati dalla Thunder Gym di Luca 
			Temperini, abbiamo registrato quasi 500 atleti nelle varie 
			specialità; a Genova infine, dove Marco Costaguta  e i suoi 
			collaboratori si sono impegnati molto, al 105 Stadium pensavamo 
			arrivassero 900 atleti e invece ne abbiamo registrati quasi 1300! Lo 
			scorso anno, coi Campionati Italiani a stili riuniti svoltisi a 
			Napoli, avevamo registrato 1300 partecipanti. Quest’anno, 
			considerando Milano e Genova, siamo arrivati a  quota 1.800, davvero 
			un fiume di persone. 
			   La prima impressione  dunque, se si guardano i soli numeri, è che 
			gli sport da combattimento della nostra Federazione stanno 
			attraversando un momento di grande salute, in controtendenza con 
			l’andamento del nostro  Paese che è attanagliato nella morsa di una 
			recessione che non risparmia nessuno sport . La Federazione è in 
			crescita di club (abbiamo raggiunto le 585 società affiliate e 
			l’anno sociale non è ancora finito!) , ma abbiamo mantenuto 
			praticamente i tesserati dello scorso anno (quasi 22.000), il che 
			significa che percentualmente c’è stata una leggere flessione nel 
			numero dei tesserati per club. Di questi tempi, una situazione 
			comunque  positiva. Ma dove la Federazione è veramente cresciuta, è 
			nell’aspetto organizzativo di tutte le nostre principali gare.  Chi 
			viene a vederci, trova aree di gara perfettamente allineate, monitor 
			televisivi, computer ai tavoli, screen e mouse. La tecnologia 
			insomma ormai la fa da padrona  nelle nostre competizioni e guai se 
			così non fosse, anche se essa non è amata da tutti, soprattutto 
			negli sport da ring. Qualcuno pensa che l’introduzione della 
			tecnologia, l’uso delle “macchinette” – come erroneamente le chiama 
			qualcuno – non sia altro che uno scimmiottare quello che già hanno  
			fatto nel pugilato. Non è così.  
			   Al di là delle diversità che non mi pare il caso di spiegare in 
			questo momento, l’adozione di un sistema di valutazione degli 
			incontri che sia trasparente e fruibile da tutti, lo pretende il 
			Comitato Olimpico Internazionale e siccome la WAKO, l’organismo 
			mondiale che seguiamo, sta sperimentando da anni quello che si 
			chiama l’Easy Scoring system, ossia la trasparenza nel giudizio dei 
			nostri sport, ecco che la Federazione italiana non ha fatto altro 
			che allinearsi alla tendenza internazionale. Qual è il vantaggio di 
			questo sistema? Il vantaggio è che i coach dei vari atleti negli 
			sport da ring hanno la possibilità di vedere in ogni fase 
			dell’incontro l’andamento del giudizio  degli arbitri e quindi hanno 
			modo di segnalare ai loro atleti l’andamento dell’incontro. Si 
			arriva alla fine dell’incontro dove tutti sanno esattamente com’è 
			andato a finire il match e non vi sono più scene isteriche di questo 
			o quel coach che inveisce contro gli arbitri, rei – come sempre -, 
			di far vincere o perdere il loro atleta.  
			   Fare l’arbitro centrale o il giudice richiede certamente 
			competenza e esperienza. Come in tutti gli sport, vi sono arbitri e 
			giudici preparati e che si usi le “macchinette” o meno, poco 
			importa: se uno è bravo, è bravo e lascia coach e atleti soddisfatti 
			comunque sia andata. Purtroppo però, quando si hanno così tanti 
			atleti e le aree di gara arrivano ormai ad essere 10 o 11 che 
			lavorano ininterrottamente per 8-9 ore al giorno, è chiaro che  
			utilizzando un elevato numero di arbitri e giudici si abbassa la 
			qualità media degli stessi. Inevitabilmente dunque, più di un atleta 
			e di un coach lascia l’area di combattimento con l’amaro in bocca, 
			convinti che quelli preposti al giudizio non siano stati all’altezza 
			del loro compito. Situazione comprensibile da una parte, ma 
			inevitabile dall’altra per le ragioni anzidette. Come in quasi tutti 
			gli sport (prendete il calcio professionistico, dove gli errori 
			arbitrali sono all’ordine del giorno con ripercussioni pesantissime 
			sui club – vedi il Milan a cui sono stati negati due goal fatti e 
			che avrebbe garantito la vetta nel campionato mentre oggi è lì a 
			rincorrere la Juventus!-), il livello  tecnico degli arbitri è 
			sempre inferiore a  quello degli atleti e pertanto, nonostante gli 
			sforzi che si fanno per migliorare la classe arbitrale, ci 
			troveremmo sempre in questa situazione. Con questo  non intendo 
			mettere “le mani avanti”, cioè difendere la classe arbitrale, come 
			direbbe magari qualcuno, bensì “dare a Cesare quello che è di 
			Cesare”: un conto è gestire un Gala con un ring e pochi incontri e 
			dove fai convergere in genere i migliori arbitri possibili per 
			quell'evento, un conto è convocare 50-60 arbitri con tutte le 
			problematiche del caso. L’unico problema è che i vari coach debbano 
			essere coscienti di ciò a priori e accettare quindi di buon grado la 
			situazione del momento . 
			   Ciò premesso, lo Stadio 105 di Genova, all’ombra della Lanterna, 
			presentava proprio un bel colpo d’occhio con tutti quei quadrati 
			puliti, ben allineati e circondati dalle transenne che impedivano 
			assiepamenti intorno alle aree di gara. Il gruppo del comitato 
			organizzatore composto da Giorgio Lico, Nicola Traina, Paolo Leoni, 
			Glauco Pocobelli e Marco Bertoletti ha ottimamente lavorato e 
			collaborato a Genova perché gli Italiani fossero un evento degno di 
			tale nome: la gara più importante della federazione che andava 
			onorata in tutti i sensi  e a tutti loro vanno i miei complimenti 
			per il raggiungimento di quell’obbiettivo. Stare in un palazzo dello 
			sport per tutte quelle ore, parlare con questo e quello  tra il 
			vociare, gli incitamenti di coach, familiari e fan, alla fine è un 
			po’ frastornante e quello che ti resta dentro di quello che hai 
			visto sono flash di incontri, guizzi  di questo o quel atleta, ti 
			ricordi questa o quell’azione, ti resta impresso un atleta che si è 
			messo addirittura a piangere per aver perso, oppure il sorriso, la 
			faccia raggiante di altri che avevano vinto, le braccia alzate, gli 
			abbracci col coach, con i compagni di palestra che tifavano per lui. 
			E’ questo per me  lo spettacolo più bello delle competizioni. 
			   Per arrivare agli atleti, visto anche l’enorme numero di 
			partecipanti, devo ancora una volta fare una cernita ben precisa di 
			qualcuno che mi ha colpito in maniera particolare. Ebbene questa 
			volta la palma va ad un club bresciano, di Darfo nella Valcamonica 
			per la precisione, che intorno al fondatore del club,  Lionello 
			Pedersoli, si è formato un gruppo di giovani e giovanissimi che sono 
			uno spettacolo a guardarli per correttezza di comportamento, per 
			passione, per tecnica. Tutti   fieri nelle tute coi colori del loro 
			club, formano un gruppo compatto di appassionati veri che si 
			divertono a girare l’Italia per gareggiare. Sono sempre contenti di 
			come vanno le cose, sia che perdano sia che vincano. Educati, 
			rispettano tutti, avversari compresi. Tra loro anche Adriana Tricoci 
			(braccio destro nel club  e compagna di Lionello) , atleta che ha 
			partecipato a molte uscite della nazionale italiana e che, nata nel 
			semi contact, si è impegnata da qualche anno nel light e ultimamente 
			anche nella kick-light, primeggiando sempre, nonostante 
			un’operazione ai legamenti del ginocchio. Adriana ha combattuto a 
			Genova vincendo in entrambe le specialità nei 60 chili, battendo in 
			finale la laziale Valentina Persichilli (di Latina) e Claudia Mura  
			di Cagliari del Ferrari Gym, nella kick-light,  totalizzando così in 
			carriera ben 14 titoli italiani!, record che si commenta da solo. 
			   Tra i veterani di tante battaglie, registro l’ennesima vittoria 
			ai campionati d’Italia dell’atleta numero uno nei 79 chili di Light 
			contact da un decennio ormai, Andrea Primitivi  (atleta che a 
			livello internazionale ha vinto diversi bronzi e argenti a livello 
			europeo e mondiale, purtroppo quasi sempre fermato da un certo 
			Zoltan Dancso, ungherese, che ha totalizzato 6 medaglie d’oro in 
			altrettanti mondiali) . Come tutti ormai sanno, nato sportivamente 
			ad Asti in Piemonte nella palestra di Neri Baglione che lo segue 
			ancora come coach quando gareggia, Andrea è da anni nello staff dei 
			preparatori atletici del Milan e praticamente si allena da solo, 
			andando ogni tanto in questa o quella palestra. In questo modo si 
			tiene in forma e  a Genova ha centrato un altro obbiettivo, battendo 
			in finale un suo conterraneo, Paolo Ruggiero del Decasport Dragon 
			Team. 
			   Segnalo altri piemontesi d’hoc, già che sono in tema, come Simone 
			Barbieri, figlio del maestro Barbieri, che sul podio di Light 
			Contact mostrava le cinque dita, ad indicare altrettanti tioli vinti 
			nella sua giovane carriera. E come non segnalare quello che a mio 
			avviso è un autentico fenomeno di ecletticità: parlo del 
			“piccoletto” Ivan Sciolla che gareggia veramente in qualunque 
			disciplina . La settimana scorsa , con quella sua faccia sbarazzina, 
			lo avevo visto a Milano dove ha vinto nella Low-Kick al limite di 57 
			chili. Qui a Genova ha combattuto sia nel Light che nella Kick-light, 
			ovviamente vincendo in entrambe le specialità. Ma a Cuneo si è 
			cimentato anche nella Chauss-Fight o Savate Pro (vincendo il titolo 
			europeo),  e sappiamo che ha fatto parte anche della nazionale di 
			Full contact. Poiché di solito pesa intorno ai 54-55 chili, Ivan si 
			diverte a combattere e visto che negli sport da ring vi sono pochi 
			atleti nelle categorie preferite (51 e 54 chili), ecco la ragione di 
			tanto sfarfallare tra le specialità. Complimenti a lui e al suo 
			spirito combattivo.Nell’articolo precedente relativo agli Italiani 
			di Milano,  vi avevo parlato di un giovane talento  piacentino 
			allievo di Gianfranco Rizzi, Davide Colla, che aveva vinto nel Full 
			Contact, specialità che affrontava per la prima volta. L’ho seguito 
			anche a Genova, e cosa ti ha combinato? Che ha vinto ancora sia nel 
			Semi  che nel Light Contact! Davide si sta confermando come atleta 
			fenomenale,  un atleta juniores che batte anche i compagni seniores. 
			Ragazzi, siamo di fronte a una stella nascente che ci darà un sacco 
			di soddisfazioni! Per la cronaca, nel semi ha battuto, al limite di 
			57 chili, il napoletano della Winner Team di Gianni Di Bernardo 
			Salvatore Diego Tornatore. 
			   Sono anni che seguo le evoluzioni di due gruppi di giovani e di 
			cui vi ho già parlato in altri articoli. Mi riferisco al gruppo che 
			fa capo al maestro Lanzilao di Anzio (ha tre figli che sono ormai 
			dei campioni tra i cadetti e gli juniores della Wako) e a quello che 
			fa capo al maestro Giorgio Lico di Vibo Valentia. Ebbene, alcuni  
			atleti di questi due famosi insegnanti si sono scontrati ed è stato 
			un bello spettacolo di tecnica  e agonismo.  Penso che l’impresa  
			sportiva più convincente – consentitemi di usare questo termine – 
			sia stata compiuta  dall’atleta calabrese Roberta Cavallaro appunto, 
			al limite di 55 chili di Semi Contact, che ha battuto Martina 
			Lanzilao tra gli juniores, ma che gareggiando anche tra i seniores 
			si è presa il lusso di battere addirittura una campionessa del mondo 
			come Luisa Gullotti di Palermo!   Un altro giovane che sto tenendo 
			d’occhio da qualche tempo, sempre un allievo di Lanzilao, è Georgian 
			Cimpeanu, uno juniores che ha vinto nei 63 chili, ma che è stato 
			fermato tra i seniores solo dal campione del mondo in carica, il 
			piacentino Adriano Passaro.  
			   E per finire con Passaro, è stato prima il protagonista – come mi 
			hanno detto, perché me n’ero andato da poco dal Palazzo dello sport 
			di Genova -, della finalissima a squadre  contro l’Aikya di Palermo 
			di Gianpaolo Calajò.  Il confronto maschile  era terminato col 
			punteggio di 23-16 per la squadra di Gianfranco Rizzi, ma Luisa 
			Gullotti, che evidentemente doveva cancellare la sconfitta subita 
			nell’individuale, con una prova maiuscola ha riportato la sua 
			squadra in parità. Adriano Passaro, dapprima pareggia nell’extra 
			round di 1 minuto, ma si è fatto soffiare poi la vittoria nel "sudden 
			death", ossia alla prima tecnica utile, anche se c’è stato poi 
			qualche strascico polemico con una rappresentante della terna 
			arbitrale. Gianpaolo Calajò ha ottenuto così la sua quarta vittoria 
			consecutiva nella gara a squadre, dopo aver portato sul gradino più 
			alto  molti dei suoi atleti, confermandosi una delle scuole di semi 
			contact più prolifiche e brave d’Italia.  
			   Ed ora, tutti a Rimini per l’ultima competizione che rappresenta 
			il trittico di ferro delle specialità del tatami, gara determinante 
			per alcune categorie ai fini della scelta definitiva dei prossimi 
			azzurri che quest’anno saranno impegnati ad Ankara (Turchia) per il 
			Light, mentre per gli atleti di Semi e Kick-light sarà Bucharest 
			(Romania). Qui sotto tutti i risultati: |