| 826 atleti partecipanti 
			dai 5 continenti, in rappresentanza di 57 nazioni. Un livello 
			tecnico altissimo, una lotta terribile per arrivare in alto. Ma 
			l’Italia conquista 2 ori, 5 argenti  e  7 bronzi. Niente male 
			comunque.Mondiali Wako a Skopje… da record!Per gli italiani, vincere una medaglia è: SEMPRE PIU’ DURADi: Ennio Falsoni
			   Ljupco Nedelkovski  è stato il pioniere della kickboxing in 
			Macedonia ( una giovanissima Repubblica nata dalla disintegrazione 
			della Yugoslavia una ventina di anni fa), nonché il fondatore della 
			Federazione che recentemente ha organizzato  la 18a  edizione dei 
			Mondiali Wako nelle specialità Light Contact, Kick-Light, Low-Kick e 
			K1 Rules .  
			   Parlo al passato perché, dopo aver organizzato i Campionati 
			d’Europa del 2006 e voluto ardentemente riportare i Mondiali della 
			stessa quest’anno, Ljupco è improvvisamente deceduto ben due anni or 
			sono a causa di un trombo  che gli è partito mentre si trovava in 
			ospedale per   una serie di accertamenti clinici all’età di 57 
			anni.  Davvero un’incredibile fatalità e una grande iattura per 
			tutto il movimento, perché sembrava che il suo sogno dovesse svanire 
			con  la sua prematura scomparsa. Invece la moglie Aleksandra , che 
			ha ereditato il timone delle Federazione macedone,  ha cercato, col 
			nostro aiuto, di onorare la memoria del marito promuovendo 
			l’edizione dei Mondiali di quest’anno  secondo tutti i crismi e le 
			aspettative. 
			    Paese certamente povero (bastava del resto guardarsi in giro, 
			recarsi nella parte vecchia di Skopje, dove musulmani e ortodossi 
			convivono sopportandosi vicendevolmente in quartieri fatiscenti ) 
			composto di nemmeno 3 milioni di anime di cui 2 che vivono nella 
			capitale, la Macedonia   ha saputo cambiare il volto  della sua 
			capitale negli ultimi anni (anche se in modo un po’ kitsch, con quei 
			suoi monumenti ad Alessandro il Grande che  mi ricordavano  analoghe 
			opere viste a Las Vegas…)  e dotarsi, tra le altre cose, di un 
			palazzo  dello sport  da 5000 posti a sedere, ampio, luminoso e   
			moderno che ha saputo rispondere pienamente alle nostre  
			aspettative. 
			    E’ qui che la Wako ha portato quasi 1300 persone, di cui 826 gli 
			atleti partecipanti, in rappresentanza di 57 nazioni dai cinque 
			continenti:  un nuovo record per l’organizzazione che dirigo dal 
			1984. Ho ripetuto spesso che  nella maggior parte dei casi, i numeri 
			sono di per sé eloquenti su molti argomenti, kickboxing incluso. E 
			non posso che ripetermi perché  credo che queste cifre la dicano 
			lunga  sullo stato di buona salute della disciplina che ho plasmato 
			nel corso degli ultimi 30 anni e che sta avendo un continuo sviluppo 
			nel mondo. A Skopje sono venuti infatti atleti di paesi nuovi  come 
			la Corea, il Tajikistan, il Madagascar, la Nigeria, l’Egitto (tanto 
			per citarne alcuni) che non avevamo mai visto prima. E che atleti 
			ragazzi!  
			   La disciplina principe di questi ultimi mondiali è stato il K1 
			con 222 atleti partecipanti, seguito dalla Low-kick con 221. Ma 
			basterà citare che in moltissime categorie di peso vi erano più di 
			20 atleti, il che obbligava alla disputa di ben 5 incontri per   
			agguantare l’oro. E quando , negli sport da ring soprattutto, hai di 
			fronte  atleti dell’ex Unione Sovietica (russi, bielorussi, 
			Kazakistani, kirghistani , ucraini, moldavi, georgiani),  oppure 
			dell’Est europeo (serbi, polacchi, slovacchi, ungheresi,  croati, 
			bosniaci  ) state sicuri che sono cacchi amari per tutti. Ne sanno 
			qualcosa i nostri azzurri, di cui parlerò tra breve.  
			    L’Italia aveva mandato infatti a Skopje ben 45 atleti nelle 4 
			discipline previste che, insieme a tecnici, arbitri,giudici  e   
			dirigenti accompagnatori, formavano una delegazione di ben 60 
			persone, una delle più numerose a questi Mondiali, seconda solo alla 
			Russia. Ma con una sola grande   differenza: mentre gli atleti 
			russi, divisi in anti club, si pagano sempre  da soli – attraverso 
			degli sponsor “privati” -, tutte le loro trasferte, la squadra 
			italiana è tutta sponsorizzata dalla nostra federazione che copre 
			interamente  tutti i costi: dall’aereo all’hotel, dai pasti alle 
			iscrizioni alle gare. Uno sforzo considerevole, tenuto conto che 
			avevamo appena terminato gli Europei di Lignano Sabbiadoro dove gli 
			azzurri impegnati   erano quasi 150! 
			    Che il Mondiale che stavamo per vivere fosse duro, lo si è capito 
			subito  dalle prime battute. Molti dei nostri atleti avevano pescato 
			male. Il sorteggio li aveva posti di fronte ad atleti   del blocco 
			dell’est nei primi turni ed era logico che se passavi indenne da 
			quel tipo di griglia, potevi andare sicuramente in medaglia. Ma 
			molti dei nostri azzurri, pur battendosi al limite delle loro 
			capacità e dando il massimo di ciò che avevano a disposizione, non 
			ce l’hanno fatta e sono usciti chi al primo e chi al secondo turno, 
			senza riuscire ad entrare nelle semifinali, come nel caso del 
			pescarese Luciano  Nubile che, dopo aver battuto l’ucraino Pavlo 
			Tatarov al primo turno, è stato messo fuori dal croato Zlatko Bajic 
			negli ottavi di finale. 
			    La mia postazione era proprio di fronte a 2 dei 3 bellissimi ring 
			che ci ha messo a disposizione la società cinese Wesing, sponsor del 
			Mondiale, e pertanto ho avuto la possibilità di seguire parecchi 
			incontri sia di Low-kick che di K1 che si sono svolti sotto i miei 
			occhi. E ovviamente   ho seguito anche incontri dove gli azzurri   
			hanno avuto le loro chance per passare il turno, ma non le hanno 
			sfruttate o, come spesso succede, hanno perduto anche per 1 solo 
			punto di   differenza, il che ha lasciato l’amaro in bocca a più di 
			un atleta, come nel caso di Paola Capucci, un’atleta su cui 
			contavamo e che era una testa di serie nei 60 chili di K1 femminile. 
			Purtroppo è incappata nella marocchina Aicha El Majdy con cui ha 
			fatto match pari per quasi tre riprese. Capucci, ottimamente 
			impostata, è atleta di buona caratura  e capacità tecniche, ma si è 
			visto che era  solo un po’ tesa, contratta e che soprattutto ha  
			sofferto la maggior irruenza dell’avversaria  , piuttosto aggressiva 
			(come tutti i marocchini) ma anche arruffona. Capucci ha perso 
			proprio sul filo di lana ed è stato un vero peccato perché, guarda 
			caso, quella stesa marocchina andrà poi a vincere l’oro battendo la 
			russa Stavrova in semifinale e la svedese Olsson in finale.  La 
			toscana ha finito l’incontro buia come la peste e ha scaricato la 
			rabbia rompendo il vetro che custodisce l’idrante che dava sul  
			corridoio verso gli spogliatoi… 
			   Qualcosa di analogo  è capitato al sassarese  Fabrizio Lodde  nei 
			54 chili di K1. Al primo turno gli era capitato il bielorusso 
			Siarmei Skiba, un veterano nella Wako, che ai Mondiali del 2009 in 
			Austria è stato l’avversario di Giampiero Marceddu nella 
			finalissima, poi vinta dall’italiano, ma a grande fatica perché 
			nella terza ripresa   solo il mestiere lo aveva tenuto in vita. 
			Ebbene Lodde è stato sorprendente, ammirevole direi, perché non mia 
			spettavo che un giovane inesperto come lui a livello internazionale 
			sapesse tirare senza timori reverenziali e mettendo in mostra grande 
			vitalità, ottima scelta di tempo, belle combinazioni che hanno 
			tenuto il match in bilico sino alla fine. Pensavo anzi che ce la 
			facesse,     quando a pochi secondi dal termine, ecco che Skiba 
			piazza un paio di colpi che fanno girare il match a suo favore e 
			beffano   tutti noi che stavamo assaporando una vittoria per me 
			inaspettata (almeno sulla carta). I tecnici Jannelli e Alberton 
			ovviamente hanno dato la colpa ai giudici di questo mancato 
			successo, ma è chiaro che quando un incontro è in grande equilibrio, 
			tutto può succedere e devio dire che a Lodde è mancato solo un 
			pizzico di fortuna. Davvero buona comunque la sua prestazione e 
			comprensibile il suo pianto al termine dell’incontro. 
			   Diversi atleti hanno recriminato e anche protestato  civilmente 
			per alcuni verdetti, come nel caso del napoletano Davide Messineo 
			nel Light Contact (89 chili) che al primo turno aveva battuto il 
			norvegese Andra Tvedt e al secondo incontrava l’austriaco Juso 
			Prosic, un avversario certamente alla sua portata. Davide si batteva 
			per l’ingresso nella zona medaglie (semifinali) e forse questo 
			pensiero lo ha un po’ condizionato perché non ha tirato come fa di 
			solito in maniera pulita , lineare. Siccome è giovane e focoso, si è 
			lasciato irretire dall’aggressività dell’austriaco al quale ha 
			risposto colpo su colpo e meritandosi per questo dei richiami 
			ufficiali che gli sono costati poi la vittoria. Praticamente in 
			vantaggio per quasi tutto l’incontro, a causa delle penalità, ad un 
			certo punto gli hanno tolto  tutto il vantaggio e  qualcosa di più, 
			tanto che alla fine la vittoria è andata all’avversario. Ovviamente 
			c’è stata subito la protesta scritta dei coach Milani e Wagner che a 
			loro dire aveva tolto non 3 ma 6 punti a Davide, determinanti per il 
			risultato finale. Vuoi per le contraddizioni dell’arbitro centrale, 
			che a un certo punto  si contraddiceva (non ricordava se aveva 
			assegnato 1 o 2 volte la penalità!),  vuoi per l’insipienza dei 
			giudici, fatto è che Messineo viene decretato perdente e senza più 
			appelli. Davvero un peccato! 
			   Dove però sembra ci sia stato un piccolo furto, è  nell’incontro 
			di semifinale tra il nostro Salvatore Messina (94 chili di 
			Kick-Light) e il macedone  Ace Georgievski in cui l’italiano è stato 
			quasi sempre in vantaggio, salvo che verso la fine della terza 
			ripresa dove sembrava che i giudici avessero occhi solo per lui. 
			Francamente, non ho visto quell’incontro, e mi è stato solo 
			riferito  di una sorta di…partigianeria per l’atleta di casa che 
			successivamente vincerà anche l’incontro di finale  contro lo 
			sloveno Dejan Vajs e aggiudicherà alla Macedonia l’unico oro di 
			questi Mondiali. Bruno Campiglia era talmente infuriato che non ha 
			fatto andare Messina al centro quando è stata decretata la vittoria 
			finale. Recriminiamo anche per l’inopinata sconfitta del veneto 
			Marco Perissinotto nei 69 chili di Light Contact che dopo aver vinto 
			al primo turno contro il polacco Durma Adrian, al secondo contro il 
			brasiliano  Edson Venturatto e in semifinale avuto la meglio anche 
			sull’austriaco Patrick Kalcher, si è visto sfilare la vittoria 
			finale da sotto il naso per una sorta di…pausa psicologica, del 
			tutto fuori luogo in quel frangente. Perissinotto è sempre stato in 
			vantaggio, ma in vista del traguardo si è come seduto, forse perché 
			pensava di poter controllare l’avversario che invece è rinvenuto e 
			lo ha battuto anche se per un solo  punto! Una jella pazzesca! 
			   Nulla da recriminare invece per il trevigiano Alex Rossi che nei 
			supermassimi di K1 ha compiuto l’impresa, saltato il primo turno 
			perché testa di serie, di battere nientemeno che il bielorusso 
			Valiantsin Slaviskouska per K.O.  con una formidabile ginocchiata 
			saltata al volto, quindi l’estone Deniss Smoldarev in semifinale 
			dall’alto di grande mobilità, bei calci circolari al tronco e  
			ancora ottimo uso delle ginocchia . Arrivato così brillantemente in 
			finale contro il russo Ruslan Magomedov – di almeno 10 chili più 
			pesante di lui -, ha avuto la sfortuna di beccare in pieno il gomito 
			destro dell’avversario  (lui che è mancino)  al  primo calcio 
			circolare tirato con grande  potenza e lì è finito praticamente 
			l’incontro. Incapace di calciare ulteriormente con forza, Alex si è 
			un po’  disunito e ha cercato soprattutto d limitare i danni , 
			lasciando il via libera all’avversario per la vittoria finale. Ma il 
			ragazzo era felicissimo per questa sua medaglia d’argento e la sera, 
			insieme agli amici, ha festeggiato al Sayonara Party . Dopo il bel 
			bronzo  vinto dalla sarda  Valentina Murgia  nei 54 chili di 
			Low-Kick che anche lei ha saputo tener testa sino alla fine 
			all’avversaria  francese Largillerie Lizzie (che vincerà l’oro 
			contro la croata Zeljana Pitesa) , anche l’argento  di Mimma 
			Mandolini (-65)   rappresenta il massimo che si potesse ottenere, 
			visto che , dopo aver passato il  primo turno  perché testa di 
			serie, e battuto abbastanza nettamente la francese  Moreau Cynthia 
			in semifinale, l’azzurra si è infortunata ad una spalla e non ha 
			potuto fare più di tanto contro la forte russa Svetlana Kulakova in 
			finale. 
			   Ma dove l’Italia ha finalmente gioito per la vittoria finale è 
			stato con Andrea Ceresoli  dello Yamato Damashii di Federico Milani  
			di Bergamo  negli 89 chili di Kick-Light e con  la grande piccola 
			catanese Valeria Calabrese, per la quarta volta campionessa del 
			mondo di Light Contact nei 50 chili. Passato il turno per sorteggio, 
			Andrea ha battuto in semifinale il polacco Cyprian Grzsda e infinale, 
			in maniera brillante, ha avuto la meglio sullo  svizzero  Franz 
			Gruber col quale ha scambiato  anche qualche duro colpo di troppo. 
			Ho visto il tecnico Bruno Campiglia che a un erto punto  si è dovuto 
			allontanare dal quadrato di gara dove stava avvenendo la finale 
			perché rischiava un colpo apoplettico, tanta era la tensione che 
			aveva accomulato, tensione che però è svanita dopo la  proclamazione 
			del verdetto in un urlo di gioia liberatore. Ma dove non abbiamo 
			temuto mai, neanche per un attimo, è stato nella vittoria finale di 
			Valeria Calabrese, un vero e proprio monumento vivente della 
			kickboxing nostrana  che ancora una volta a Skopje ha sbaragliato il 
			campo nei 50 chili di light contact  battendo in rapida successione 
			la slovena Sata Ljubei, quindi la tajikistana Sabina Tagaynazarova 
			in semifinale e infine la russa Valentina Filatova , infilandole 
			tutte con il suo incredibile senso del ritmo, il suo diretto 
			sinistro  d’incontro e la sua  mobilità e plasticità. Valeria, tra 
			l’altro anche grande pugile (decretata miglior pugile ai recenti 
			campionati italiani di pugilato), ha nelle consapevolezza dei suoi 
			mezzi che traspare dalla calma apparente con cui gareggia, 
			unitamente a grande lucidità in ogni sua azione, la sua più grande 
			arma che da 8 anni la fanno eccellere in questa categoria e in 
			questa specialità. Tra l’altro Valeria sarà azzurra anche nella 
			seconda parte dei Mondiali Wako 2011 e a Dublino, tra tre settimane, 
			potrebbe bissare  l’oro con la vittoria nel full contact, cosa che 
			noi tutti ci auguriamo vivamente. 
			   Le vittorie più sofferte e sudate, sono quelle che ti restano 
			dentro e ti gratificano maggiormente. L’aver conquistato poche 
			medaglia in rapporto al numero dei partecipanti, tenuto conto delle 
			difficoltà oggettive dei concorrenti , ci ha comunque riempito di 
			orgoglio e rafforzati nella convinzione che in futuro questo gruppo 
			saprà dare certamente di più. Ed ora, tutti gli occhi puntati a 
			Dublino. Nella terra dei Celti, nuove battaglie e nuove imprese 
			tutte da vivere e raccontare. |