| A Baku, la città dei venti: LA FESTA ROVINATACampionati Europei  low-kick, K1 e light contact  430 atleti in rappresentanza  di 32 
			nazioni nelle specialità più dure della Wako. Tra molte tensioni per 
			le difficoltà logistiche e arbitrali, grandi risultati per gli 
			azzurri, ma a rovinare la festa ci hanno pensato alcuni 
			comportamenti  sciagurati. 
			 Di: Ennio FalsoniNella ormai mia lunga carriera di dirigente ed organizzatore  
			sportivo penso di averne viste di tutti i colori in  giro  per il 
			mondo  - come si suol dire -   di aver visto cioè  di  tutto e di 
			più per quanto riguarda ogni genere di eventi: dai problemi 
			organizzativi a quelli ambientali,  dai problemi logistici  a quelli 
			puramente organizzativi.  Mentalmente sono molto preparato ad 
			affrontare qualunque tipo di problema e ad adattarmi a qualunque 
			situazione e pensavo che lo fossero anche i miei coach e gli azzurri 
			più anziani ed esperti che hanno fatto parte  della recente 
			trasferta in Azerbaijan, una terra  caucasica percorsa nei secoli 
			scorsi dagli Ottomani che hanno lasciato un'impronta indelebile  in 
			questa parte del mondo.  
			   Ebbene mi sbagliavo, perché  mai come a Baku, la città dei venti 
			capitale dell' Azerbaijan, mi era capitato di trovarmi così a 
			disagio per un certo tipo di comportamento di alcuni azzurri. 
			L'Italia è  l'Italia, e sappiamo come la maggior parte degli 
			italiani siano  cultori del bello e del buono.  E' chiaro però che 
			se si pretende di trovare le stesse situazioni in paesi di per sé  
			difficili come  l'Azerbaijan appunto, si parte subito col piede 
			sbagliato.  
			   Se a ciò poi si aggiunge che  in una qualunque competizione 
			sportiva esistono - soprattutto in  sport come il nostro che non e' 
			scientificamente misurabile - errori arbitrali di cui si dovrebbe 
			tenerne conto e mettere in predicato, risulta evidente che se ciò 
			non avviene , la situazione si aggrava.  
			   E' quello che e' successo nel gruppo di low-kick azzurro, gruppo  
			che ovviamente ha avuto la sfortuna di trovare un ring che ci ha 
			dato poche soddisfazioni. Per entrare subito nel nocciolo  del 
			problema, il primo incontro che ha scatenato le ire di Riccardo 
			Bergamini e' stato quello che vedeva di scena al primo  turno Andrea 
			Andrenacci, suo allievo, peso  medio di 75 chili di Pescara opposto 
			al croato Manuel Smolijan,  Andrenacci parte moto bene e piazza una 
			serie impressionante di solidi  low- kick, specie nelle prime due 
			riprese.  
			   Per contro l' avversario si limitava a boxare, ma senza grande 
			successo. Il problema veniva subito fuori  grazie all'uso del nuovo 
			sistema elettronico di arbitraggio che dà  la possibilità di vedere 
			in tempo reale i punti che i vari giudici assegnano. La colpevole, 
			per così dire, era subito identificata: era la giudice ucraina Olga 
			Pavlenko che non assegnava mai punti a favore dell’azzurro, specie 
			quando questi calciava. Sembrava cioè che lei stesse guardando un 
			match di pugilato. L'incontro finiva così  per due giudizi a uno e 
			quello della Pavlenko era fondamentale perché faceva perdere 
			l'italiano quando tutti coloro che avevano visto l’incontro erano 
			certi del contrario.  
			   Bergamini (che come tutti i coach aveva avuto la possibilità di 
			seguire l'andamento del match attraverso un monitor che e' posto nei 
			pressi della scaletta che accede all' angolo dell'atleta) e' sceso 
			imbufalito dal ring,ha inveito platealmente contro i giudici e lo 
			stesso Andrenacci ha mandato a quel paese tutti quanti ed è  sceso 
			anche lui dal ring senza manco salutare l' avversario e i coach come 
			si usa da tempo. Insomma i due se n'erano andati sbattendo la porta 
			e lasciandomi a bocca aperta. Pur scioccato da simile comportamento 
			maleducato, come presidente della federazione italiana ho redatto - 
			come da regolamento- una protesta scritta e l'ho presentata al 
			responsabile Borislav Pelevic  che è presidente della Federazione 
			Serbja, che l' ha accettata e che dopo aver consultato gli stessi 
			giudici, ha cambiato il verdetto a favore dell'italiano che così 
			rientrava in corsa.  
			   (Da segnalare che in Portogallo lo stesso Andrenacci – quando si 
			usavano ancora i cartellini -  si laureò campione d’Europa, due anni 
			or sono, dopo un incontro serratissimo col francese  di colore 
			Tonkara  che scateno' le ire dei francesi  che invasero il ring e 
			non se ne volevano più andare, contestando  il  verdetto ed il 
			sottoscritto, reo di essere  italiano e pure presidente della Wako). 
			Conosco Bergamini da una vita. E' un ottimo insegnante, ma quando 
			gli saltano i 5 minuti bisogna lasciarlo perdere. Una volta 
			calmatosi, rientra in sé  ed allora puoi cominciare a ragionare con 
			lui. Insomma sembrava tutto rientrato.   
			   Ma il giorno successivo toccava a Barbara Plazzoli che, saltato 
			il primo turno perché testa di serie,  incontrava in semi-finale  
			Fam Camilla Elgan, una nuova forte  bionda atleta norvegese, tra 
			l'altro l'unica atleta di low-kick presentata a questi campionati, 
			allieva dell'ex campione del mondoThomas Kristiansen e che poi 
			vincerà l’oro!  Barbara e' stata più  attiva e pimpante che a 
			Beijing, e devo dire che e' partita anche lei molto bene, ha tenuto 
			testa alla giovanissima norvegese  per  due riprese, ma ha perso 
			nettamente la terza , a mio avviso, e credo di intendermene. E ha 
			perso. “No discussion”- pensavo tra me. Invece no: anche qui Massimo 
			Rizzoli questa volta era incacchiato perché  grazie al fatto che i 
			giudici non davano, a suo dire,  alcuni punti per alcune tecniche, 
			Barbara “non aveva potuto fare il suo match”… – come mi ha detto lo 
			stesso Massimo.  
			   Francamente ancora adesso non capisco cosa volesse dire, e un 
			giorno me lo spiegherà, ma ciò  andava ad accentuare il malumore del 
			gruppo. Il culmine lo abbiamo avuto nella finalissima per la 
			conquista dell’oro, dopo che in semi-finale aveva nettamente battuto 
			per 3 giudici a  zero il suo avversario, l’ucraino Artem Vitegov con 
			Ivan  Sciolla. In finale  l’azzurro era opposto all’azerbaijano  
			Elchin Bayramov , un atleta veloce e tecnico che a me è piaciuto. 
			   Devo francamente dire che Ivan ha fatto un ottimo match e che il 
			suo avversario non gli era da meno. L 'incontro ha viaggiato 
			infatti  sul filo della parità  in tutte le riprese. Ossia l'azerbaijano 
			era anche lui un fior di atleta e non una pippa qualsiasi! 
			   Purtroppo però l'azzurro finiva perdendo l'incontro per 2-1: un 
			giudice aveva dato 4 punti di vantaggio a  Bayramov, un altro aveva 
			visto la vittoria dell'italiano per 2 punti e un terzo ha dato anche 
			lui la vittoria all'azerbaijano per 1 punto, a dimostrazione di 
			quanto fosse stato equilibrato l'incontro. Non era certo la prima 
			volta che succedeva una cosa del genere. Quante volte Sciolla aveva 
			vinto in quella maniera? Non ricordava il Portogallo, nella finale 
			di full con un atleta turco? A Baku, a mio avviso il verdetto 
			risultava del tutto accettabile, salvo che per i nostri azzurri che 
			davano vita all'ennesimo comportamento poco edificante, poco 
			piacevole davvero.   
			   E mi dispiace soprattutto per loro, gli unici ad aver offerto 
			quel tipo di spettacolo. Facciano mente locale e si chiedano: quanti 
			altri  coach hanno fatto lo stesso nel corso degli Europei di Baku? 
			Eppure sono certissimo che tanti avrebbero avuto ragione di dire la 
			loro su alcuni verdetti. Ma c’è modo e modo di dissentire e c’è modo 
			e modo di comportarsi. 
			   Intendiamoci: in ogni sport, in ogni organizzazione,  vi sono 
			problemi arbitrali e certamente la Wako non ne è immune. Ma che si 
			dovrebbe fare se quasi tutti i paesi dell’Europa occidentale non 
			portano arbitri e giudici ai nostri Campionati negli sport da ring, 
			salvo l’Italia, la Polonia, l’Ungheria e la Croazia? Nessuno mai da 
			Francia, Spagna, Portogallo, Svizzera, Irlanda, Gran Bretagna, 
			Danimarca, Belgio ecc.  
			   Non è da oggi che diciamo queste cose. E poi ci si lamenta, 
			ovviamente, come se il presidente potesse fare miracoli! Il 
			presidente fa quello che può e va anche sottolineato che sono ormai 
			10 anni che il presidente Wako non tiene corsi ad arbitri e giudici 
			come faceva un tempo perché vi sono altri preposti a questo punto. 
			Non è lui che seleziona gli arbitri e i giudici, né che  li sceglie 
			in occasione dei vari incontri. Tutto ciò non viene tenuto conto 
			ovviamente Né dai coach, né tantomeno dagli atleti che ovviamente 
			queste cose non sanno. 
			   Scusate le sfogo, ma mi sentivo di   tirar fuori la parte 
			peggiore di questi campionati che invece per me, considerate le 
			difficili condizioni ambientali, è stato eccellente per struttura 
			usata (l’enorme Ayder Aliyev Sport and Concert Complex), per qualità 
			di tecnica e di spettacolo offerto dagli atleti, veramente 
			formidabili in tutte e tre le discipline e, infine, anche perché gli 
			azzurri nel complesso hanno offerto una grande prova di carattere  
			finendo terzi sul lotto delle 32 nazioni partecipanti, dietro ai 
			soliti Russi e alla Polonia, vincendo ben 4 ori, 7 argenti e 14 
			bronzi. 
			  Poteva essere una festa, e invece mi è stata rovinata per alcuni 
			comportamenti veramente sciagurati che soprattutto non ci 
			meritavamo. Voglio però gioire adesso  per la rinascita del “light 
			contact” italiano che ha portato a casa 3 medaglie d’oro con la 
			grandiosa Valeria Calabrese (48 chili), di Catania, allieva di 
			Riccardo Wagner,  con Marco Perissinotto nei 69 chili (già tesserato 
			per il Cus Parma ma da quest’anno tornato regolarmente a far parte 
			della Auxe di Treviso che fa a capo a Michele Surian, rientrato in 
			FIKB dopo 10 anni!) e infine con Andrea Patelli, allievo di Marco 
			Bertoletti del CSKB di Trescore Balneario nei 74 chili. Tre atleti 
			stupendi per agilità, tecnica, scelta di tempo, carattere e calma 
			olimpica.  
			   Dietro al terzetto, piazzata al secondo posto (-70 chili)  
			Roberta Cargno di Treviso (stessa società di Perissinotto) che in 
			finale purtroppo perdeva contro quel fenicottero che è Anna Znaor, 
			in possesso di 2 gambe mostruose che mulina a piacimento davanti al 
			volto delle avversarie. Ma gli ottimi risultati non finiscono qui. 
			   Fermati in semifinale  Andrea Primitivi (79 chili) da un 
			fantastico nuovo atleta russo, Sergei Zukhov (che ha messo fuori il 
			campione del mondo uscente, il formidabile Zoltan Dancso, bestia 
			nera di Primitivi da molti anni ormai); Manuel Nordio (63) da un 
			pirlungone irlandese come Tony Stephenson; Enea Meni (57) da un 
			altro campione del mondo, il russo Maxim Aysin; Fabiano Sito dal 
			tedesco Fabian Fingerhut; va detto che mai come quest’anno si è 
			assistito ad una vera e propria rinascita del light contact italiano 
			e va dato atto a Riccardo Wagner  che col suo arrivo alla guida 
			della squadra insieme a Federico Milani, le cose sono cambiate in 
			meglio per i colori azzurri. 
			   Per tornare ai positivi risultati nella low-kick, non devo 
			dimenticare che due sarde sono arrivate a sfiorare la conquista 
			dell’oro, rispettivamente Valentina Cabras (48 chili) e  Valentina 
			Murgia (52), e 2 bronzi sono stati vinti da Mimma Mandolini di 
			Pescara ed il bergamasco, allievo di Eigidio Carsana,  Elio Pinto.
			 
			   Devo complimentarmi col bergamasco che giunto in semifinale, ha 
			trovato sulla sua strada il campione del mondo uscente, l’azerbaijano 
			Eduard Mammedov con cui ha perduto, ma  sostenendo un match 
			esemplare nel quale ha tagliato l’avversario sotto lo zigomo destro, 
			la qual cosa ha proprio impedito all’azerbaijano di vincere poi  
			l’oro in finale. 
			   Grandi prestazioni anche nel K1, dove su tutti mi è piaciuto 
			moltissimo  il veneto Alex Rossi, un giovane talento di quasi 100 
			chili  arrivato di fresco in nazionale, in possesso di un fisico 
			statuario e di solida tecnica che ha perso solo in finale da un vero 
			“mostro” – come lo ha definito Alberton- , il bielorusso Aliaxei 
			Kuzdin. 
			   Ben diretta  dai tecnici Claudio Alberton e Giorgio Iannelli, la 
			specialità  ha conquistato complessivamente 1 oro con il napoletano 
			Gaetano verziere nei 57 chili (anche lui bravissimo per aver vinto , 
			tra l’altro, nonostante non stesse molto bene)   che ha battuto in 
			finale un agguerritissimo bielorusso, Murat Azerbiev; 3 argenti,  
			   (compreso quello di Alex): col romano Antonio Campagna nei 60 
			chili, sconfitto dall’azero Elnur Daryagir (Iannelli mi ha guardato 
			molto male dopo questo risultato scendendo dal ring …); e  con la 
			graziosa toscana Paola Cappucci della Profighting Prato nei 60 
			chili, sconfitta dalla fortissima turca  Gozde Bayergi.  
			   Chiudono le belle prestazioni della squadra azzurra di K1 infine 
			i 2 bronzi vinti con la sarda  Donatella Panu e Federica Boella, 
			dell’Olimpia Club dello stesso Iannelli… Una bella Italia insomma 
			che , al di là dei malumori segnalati, è finita al terzo posto per 
			nazioni dietro all’inarrivabile Russia e a una sorprendente Polonia, 
			a riprova che non sappiamo solo lamentarci. 
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