CHI SI E’ RECATO ANCHE PER UNA SOLA VOLTA A BANGKOK SA DI
CHE COSA STIAMO PARLANDO E DELLA LORO PITTORESCA, SINGOLARE E UTILISSIMA
PRESENZA NELLA GRANDE METROPOLI THAILANDESE. PER TUTTI GLI ALTRI INVECE… UNA
INTERESSANTE NOTIZIA E COSA DA SAPERE PER IL LORO PROSSIMO VIAGGIO NELLA TERRA
DEL SIAM.
Bangkok, il business dei tuk-tuks
(mezzi di trasporto per turisti)
Di: Fabio Mango tratto da

Fabio
Mango è nato a Roma il 19 settembre del 1972. Appassionato di lingua,
cultura e storia orientali, grazie ad una borsa di studio ha studiato presso
l'Università dello Yunnan (1999-2000) e nel 2003 si è laureato in "Lingua e
letteratura cinese" presso la Facoltà di Studi Orienatli dell'Università "La
Sapienza" di Roma, ottenendo, nello stesso anno un Master in "Tourism Managment&Human
Resources". Ha curato la traduzione di
"Oltretutto, visioni e parole" di Yang Xuheng pubblicato nel 2005 da
Edizioni Akkuaria. Attualmente sta frequentando la specializzazione in "Society
and Economy in Contemporary China" presso la Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa
e il College of Economics and Business Administration alla Chongqing University
nel Sichuan (Cina). E' responsabile e coordinatore della rivista
Asiatica attraverso la quale si interessa alle dinamiche d'integrazione,
cooperazione e conoscenza reciproche tra l'Italia e il mondo orientale.
BANGKOK: Colorati, veloci e costosi. Solo a Bangkok, i
Tuk-tuk (ตุ๊กตุ๊ก o ตุ๊กๆ in
Thai) che girano in lungo e in largo per la città sono migliaia. Decorati
con immagini e monili buddisti, sono finiti nelle pellicole di diversi film noti
come The Beach con Leonardo di Caprio e Ong Bak con Tony Jaa, e sono stati
protagonisti di molte pubblicità e videogames. Ricordano l'italianissima Ape
della Piaggio e possono trasportare fino a 3 persone.
Oggi gli autisti di tuk-tuks a Bangkok sono per lo più
giovani, provenienti da altre province, in cerca di fortuna. La maggior parte
dei quali lavora per un periodo che può variare dai 3 ai 6 mesi.
 
Soprattutto perché superare questa soglia significherebbe
mettere in pericolo la propria salute, per l'alta concentrazione di polveri
sottili dovute all'inquinamento.
Solitamente non sono proprietari del mezzo, ma vengono
semplicemente assoldati da numerose società che affittano il mezzo, mettendo a
segno giri d'affari da capogiro. I guadagni dei giovani autisti invece,
provengono dalle pubblicità che espongono e dalle persone che riescono a
trasportare.
E
se il tassametro è ancora utopia, a decidere la tariffa sono la capacità di
negoziazione del turista e il "buoncuore" del tassista. Insomma, si contratta
per ogni corsa.
Nonostante le restrizioni del Governo thailandese -che ha
limitato l'attività dei tuk-tuks nella zona di Rattanakosin, sulla riva ovest
del Chao Phraya, per problemi legati all'intenso traffico e alla sicurezza-
con lo sviluppo del turismo, gli autisti di tuk-tuks sono diventati dei veri e
propri "cacciatori" di stranieri, sia di giorno, sia di notte: si appostano nei
punti strategici, puntano gli occhi sul malcapitato di turno e lo convincono a
salire a bordo, promettendogli, per una cifra irrisoria, un divertente giro per
la città.
Ma
la musica cambia appena il turista mette piede sul mezzo. Il giro consiste
infatti in una serie di visite ai negozi (soprattutto di stoffe, oro e gemme)
con i quali i guidatori avevano precedentemente "stipulato" un accordo che
prevede, nel caso di visita senza acquisto di merce, il semplice rimborso in
buoni benzina. Al contrario, se l'affare va in porto, ovvero se il passeggero
dovesse comperare qualcosa, al conducente viene destinata una percentuale
sull'incasso.
Il copione si ripete la sera, ma essendo gli esercizi
commerciali chiusi, i tuk-tuks si "appoggiano" ai tanti locali di
intrattenimento, ristoranti o disco-pub.
Ad ogni modo, semplici ma colorati, costosi ma agili in mezzo
al traffico infernale della "città degli angeli", i
Tuk-tuks hanno anche loro una storia da raccontare. Lunga più
di 60 anni.
Inizialmente questi mezzi di trasporto venivano chiamati
-samlor- (sam = tre; lor = ruota; in lingua
Thai) e non erano altro che una via di mezzo tra un risciò e una bicicletta,
con una cabina posteriore per caricare i passeggeri.
Negli anni 60 il -samlor- venne sostituito da una versione
giapponese a motore e utilizzato per il trasporto pubblico. Questo nuovo mezzo
prese il nome di tuk-tuk a causa dello scoppiettio del suo motore; rumore che ha
perso nella versione moderna, alimentata a gpl (gas propano liquido).
tratto da Corriereasia
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