| Leggendo la recensione, si evince forse che sia il viaggio di un Guerriero 
dentro l’anima… la propria! Un libro da sentire forse... più che leggere e 
capire. Spingersi ad un passo dalla fine e scegliere la vita guardando in faccia 
la morte… ma senza tentare di sfuggirgli. Infatti lei è sempre li che ci 
aspetta… ma non deve avere fretta…prima o poi torneremo a trovarla e sfidarla 
per conoscere anche la sconfitta. Per adesso ci assumiamo la responsabilità di 
vivere, poi vedremo. Ma da questo momento gli occhi vedranno la vita in maniera 
diversa forse, cogliendone tutta la bellezza, l’armonia ed andando ben oltre 
l’esteriorità, oltre la forma, per arrivare all’essenza, alla vera sostanza 
della vita o per meglio dire : “alla sostanza della vera vita”.Ho letto un’… animaDi: Franco Piccirilli(riflessioni su "viaggio di ritorno" di Liliana Coulon ed. Del Cerro - 2006)
 Mi aveva già detto da tempo che lo stava facendo, che ci 
stava lavorando sopra, che era qualcosa che sentiva di voler fare, forse per 
rendere testimonianza non tanto dei fatti accaduti, ma di ciò che è accaduto 
alla sua… anima. E l’entusiasmo innocente di una bimba usciva dai suoi occhi… 
quegli occhi che sono la porta verso l’interiore, verso ciò che siamo. Poi finalmente un giorno di primavera, venendomi a salutare, 
come fa ogni volta che le capita, l’annuncio… me lo hanno stampato. Cosa?... forse la sua anima. Forse di questo si tratta. In quel viaggio che adesso è su carta, sembra si parli 
soprattutto di questo. Di un’anima che si scopre tale, non come forse potremmo 
pensare superficialmente che sia, ma per come profondamente ha sentito di 
essere. Non è un semplice racconto di fatti e circostanze, piuttosto 
un mezzo per ricordare un percorso per arrivare ad essere quello che adesso è. Potrebbe sembrare che sia qualcosa di doloroso, di sofferto, 
e lo è, ma non come forse ci saremmo aspettati. Non so come fosse prima dell’incidente, ma certamente adesso 
lei è esattamente quello che ha scritto. E così si è fatta conoscere e l’ho conosciuta e la conosco. L’arco temporale del racconto sembra breve, ma non tanto 
quanto ciò che contiene. Ciò che racchiude potrebbe benissimo essere l’arco di 
una…vita. Ad una lettura rapida sembrerebbe un racconto di fatti e di 
come questi si sono succeduti. Sono pensieri, misti a ricordi, è il tempo. Ma 
cosa sono questi pensieri, questi ricordi, cosa è questo tempo? 
 Le 
sole parole non possono bastare e spesso sono del tutto insufficienti a narrare 
ciò che si è vissuto, ma quelle frasi, gettate su di un foglio, credo che 
possano testimoniare qualcosa che va oltre il semplice racconto di accadimenti 
vissuti sulla propria pelle. Quei passaggi rivelano come sono stati vissuti i vari e 
conseguenti accadimenti. Sono forse l’espressione del modo con cui si sono 
affrontate le difficoltà incontrate. Ma quelle stesse difficoltà che poi possono 
essere vissute diversamente da ognuno, per come si è capaci di affrontare la 
Vita. Così scorrendo il libro, più che “leggere” possiamo… 
“sentire” come tutto ciò che viene raccontato è stato soprattutto… vissuto. E qui viene in essere, si manifesta, quella che credo sia 
l’anima, l’essere della persona. Questo mi ha fatto riflettere su come ognuno poi viva e possa 
vivere diversamente quelle che sono situazioni apparentemente simili. Di fronte 
ad una situazione come quella del racconto, non possiamo non pensare alla enorme 
sofferenza che essa comporta… Ma nel racconto questo non appare, non traspare, ma viene 
mostrata quella che è l’anima della persona. Quella capacità di poter e saper 
affrontare la Vita. Non in termini di scontro, ma come ella stessa ci dice, in 
termini di… “sfida”. 
 E 
proprio quella sfida che lei probabilmente ha sempre e ripetutamente affrontato 
prima e che in parte l’ha forgiata, perché lei ha saputo vivere la vita in 
questo modo. Non scontrandosi con essa ma accettando la sfida e quindi fare in modo 
da superare tale sfida con la proprie capacità. Così di fronte all’ennesima sfida, forse la più importante, 
non si è lamentata, non si è pianta addosso, come molti forse avrebbero fatto, 
reagendo semplicemente alla situazione. Quella che viene descritta non è stata semplice reazione, ma 
l’agire di un’anima ad una sfida. Così forse la vita stessa ci potrebbe anche apparire come una 
serie di sfide a cui ognuno risponde nel modo e nella maniera propria, per come 
ognuno è. Che persona è quindi quella che si lamenta delle proprie sofferenze, 
che si piange addosso? E che persona è quella che, pur di fronte al tali 
sofferenze, capisce che non sono le sofferenze a farla stare male, ma il fatto 
di volerne uscire… Così non è l’acqua che ci fa affogare ma il fatto di non 
tornare in superficie… Ecco quindi che l’anima di ognuno, ciò che noi forse siamo, è in 
queste situazioni che si mostra veramente per ciò che è, facendoci fare 
esattamente quello che si è. Così il successo per aver raggiunto un piccolo traguardo lo 
si vive non come un piccolo passo in una strada infinita, per cui potrebbe 
essere anche scoraggiante e ritenuto inutile, quanto invece la consapevolezza 
che il successo non è arrivare al traguardo, ma forse e soprattutto come si 
arriva al traguardo. Il percorso di una strada è fatto di un insieme di tanti 
piccoli passi, e ogni passo è un successo. Così tanti piccoli successi messi 
insieme sono quello che è forse il percorso della vita: il traguardo potrebbe 
forse essere la consapevolezza dei nostri piccoli quotidiani successi. 
 Questo 
non vuol dire che a volte non si possa o non si debba cadere, ma proprio perché 
si è caduti dovremmo poterci rialzare e non restare a terra, aspettando chissà 
cosa per poterci rialzare, forse qualcuno che faccia per noi quello che 
vorremmo, cosìcchè se non accade quello che vorremmo, la colpa non sarà certo 
nostra, salvaguardando in questo modo quello che sono le nostre responsabilità… già, non 
ci vogliamo prendere la responsabilità della nostra vita, e la lasciamo ad 
altri. Questo racconto credo mostri anche come ognuno sia 
responsabile della propria vita. E cosa questo vuol dire se non amare la vita? 
Senza l’amore per la vita, e prima di tutto per la propria, possiamo dire di 
poter amare gli altri? E come potremmo se non ci amiamo noi stessi per primi? Se non ci amassimo come possiamo pensare di essere amati? Se 
non ci piace essere quello che siamo, perché dovremmo piacere agli altri? Perché 
gli altri ci dovrebbero voler bene? Ecco quindi che amando se stessi possiamo dare e dando 
certamente riceveremo almeno in egual misura. Ecco forse il motivo per cui 
ognuno è amato per come sa amare… Forse quello che non viene detto, ma certamente sentito, 
percepito, è come la vita non sia sempre quello che appare, o forse non lo è mai… 
ma è qualcosa che va oltre quello che crediamo sia. E questo lo si sente nelle prime pagine, quando gli altri ci 
vorrebbero vedere per come credono sia la vita. Mentre la vita sembra non 
apparire essa in realtà esiste e per il fatto che tutto esiste potrei quindi dire che tutto è... 
Vita. Ma spesso la vita che pensiamo sia è quella che deve 
rispettare certe regole, essere conforme a certe caratteristiche oggettive senza 
le quali riteniamo non sia vita. 
 Non 
credo sia questione di essere ottimisti o pessimisti, quanto di saper di voler 
vivere. Ma cosa questo vuol dire? Leggendo questo libro possiamo 
intuire quanto siano importanti le sfide che continuamente la vita ci pone 
dinnanzi, forse per farci vedere come siamo e vedendo come siamo possiamo 
cambiare per vivere meglio la vita. Ma senza vedere come siamo non potremmo 
certo cambiare. Infatti per poter cambiare, dobbiamo sapere cosa cambiare. Quel cambiamento che non è sostituire le cose che abbiamo 
nella nostra vita con quello che crediamo ci possa far stare bene. 
Inevitabilmente poi sentiremo ancora il richiamo, l’inquietudine che qualcosa 
debba ancora essere fatto per poterci sentire… a casa. Si, quel ritorno a casa che sembra essere il filo conduttore 
del libro, potrebbe anche essere, il percorso che ognuno dovrebbe poter compiere 
per… ritrovare se stesso. Non necessariamente con un incidente come quello raccontato 
nel libro, ma forse sapendo cogliere quello che accade intorno a noi, leggendolo 
diversamente da come appare. Ma forse proprio per poter far questo è necessario 
arrivare a toccare quel fondo della nostra anima da cui poi voler risalire. E quindi il ritorno a casa è il modo con cui ritroviamo forse 
le cose di sempre, ma questa volta sapendole gustare, sapendone godere come un 
dono e non come qualcosa di dovuto di scontato, di ovvio. Quell’ovvio che non è segno di superficialità, ma ovvio 
proprio perché è semplicemente ciò che deve essere. Quindi saper godere di ogni attimo della nostra vita, senza 
lamentarsene, ma facendo in modo, se non ci piace, di cambiarla. Ma questo può 
avvenire solo e soltanto se noi siamo in grado, se abbiamo la capacità di 
cambiare noi stessi. E cambiando noi stessi, il nostro modo di vedere la vita, 
allora anche questa potrà cambiare rimanendo sempre se stessa. Proprio perché i 
nostri occhi vedranno diversamente da come sono stati abituati a vedere, 
cogliendone la bellezza, l’armonia oltre l’esteriorità. Oltre la forma, per 
andare all’essenza, alla sostanza. 
 Potremmo 
allora continuare a vivere la vita che viviamo, ma forse con una maggior 
consapevolezza per cui ciò che viviamo è la vita che vogliamo vivere, altrimenti 
non la vivremmo. Ma questo presuppone la nostra ed unica responsabilità per 
come viviamo la vita, non per cosa abbiamo. Può sembrare la stessa cosa ma è ben 
diverso. Certamente le cose da cogliere in questo racconto sono molte, 
molte come molti sono i punti di vista da cui lo possiamo leggere, ma 
soprattutto potremmo cogliere tutto per come noi stiamo. Potremmo così anche cogliere la serenità di quel vissuto 
tragico, che ha portato l’autrice ad essere ciò che è adesso, riscoprendo quello 
che forse è sempre stata e di cui adesso è forse maggiormente consapevole. Questo suo modo di vivere adesso è quello che ho letto nel 
libro, ma anche forse e soprattutto quello che mi ha trasmesso nei pochi ed 
infiniti momenti in cui ho avuto l’onore e il piacere di poter parlare e 
lavorare con lei. Quel lavoro che è la manifestazione, il linguaggio comune ad 
ogni persona, oltre le culture, oltre le divisioni… il corpo. |