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Karate

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L'Intenzione

“Flusso di coscienza”

Di: Giuliano Delle Monache

Nel Karate la tecnica, il metodo sono importanti ma non bastano, occorre andare oltre perché una disciplina diventi un arte, alla conoscenza occorre affiancare lo spirito… ….il Karate riconosciuto come forma di Budo  Giapponese alla fine del Dicembre del 1933 fu presentato per la prima volta in Giappone nel 1917  con una dimostrazione al Kyoto Butokuden da Gichin Funakoshi e Matayoshi Shinko in seguito venne introdotto formalmente ed insegnato, da Gichin Funakoshi nel 1922… In questo periodo il Karate  fu anche una rappresentazione culturale della società in cui fu sviluppato, in particolare a seguito sia della sua “trasformazione” e utilizzo  ne divenne strumento politico grazie anche  all’ influenza  delle autorità del Dai Nippon Butokukai, attraverso il quale veicolare la forma fisica e la conformità sociale a supporto del Nazionalismo Giapponese, quindi metodo  formativo di una ideologia di lealtà all’Imperatore, obbedienza alla famiglia e dedizione alla società, guadagnando in questo contesto, popolarità tra gli studenti universitari e i giovani salariati all’interno di aziende private nel Kansai e in altre località. I  fautori della cultura del Budo Giapponese si resero conto  che l’allenamento al Karate rifletteva nella sua pratica molte delle caratteristiche “culturali straniere” e dunque intollerabili, in questa ottica ne  influenzarono la diffusione con una trasmissione pratica regolamentata da un impostazione militare  determinando nel tempo l’elevata popolarità del  Karate nel Giappone dell’anteguerra … Il primo maggio 1949, veniva fondata la Nihon Karate-do Kyokai (Japan Karate Association).  Nonostante la presenza da parte di uomini della corrente più tradizionale, Saigo Obata,  Hironishi, la JKA iniziò a poco a poco ad essere governata da principi commerciali e da metodi e pratiche simili a quelli degli sport occidentali, culminando nel 1955 con l'emanazione del regolamento per le competizioni agonistiche . Per questo motivo i tradizionalisti, tra cui i tre maestri sopra indicati, lasciarono l'organizzazione.

I principali artefici della diffusione di Karate e Kobudo prima della Seconda Guerra Mondiale

Funakoshi sensei, nonostante il fatto che inizialmente avesse accettato la popolarità che aveva ricevuto questa nuova organizzazione,  intuendo il forte pericolo di perdita di  identità della sua opera,  Il 13 ottobre 1956, scrisse: «...Non nego che  ho dei momenti in cui  sono tristemente consapevole dell’ irriconoscibile stato spirituale al quale il mondo del Karate è giunto rispetto a quello che  era all'epoca in cui, per la prima volta, ho introdotto ed iniziato a insegnare il Karate...»  … Pochi anni prima,  nel 1950 Tadao Okuyama sensei esperto di karate Shotokan si ritirò in meditazione per circa due anni sulla montagna di Tsukuba, da questo intenso e approfondito periodo di meditazione egli arrivò a una nuova “rivelazione” sulla pratica del karate basando  questa, su una relazione di totale fluidità di movimento. Al suo “rientro” dalla montagna incontrandosi con il suo amico Egami sensei gli espresse questa nuova visione, Egami sensei si narra, rimase impressionato dalla velocità e fluidità tecnica del maestro Tadao … (intorno al 1950, Egami venne anche  in contatto con Inoue Hoken (o Shoyo –Noriaki), fondatore dello Shinwa Taido e nipote del fondatore dell'Aikido,Morirei Ueshiba ). Nel 1953 Egami  avvertendo la preoccupazione del maestro G.Funakoshi ( il quale vedeva i valori essenziali del Karate trasformarsi)  decise di seguire i suoi incoraggiamenti  e quelli degli allievi più anziani; continuare nella Via, ed anche per questo prese la decisione di cambiare radicalmente i concetti e le forme convenzionali di esecuzione, iniziò così  con tecniche eseguite in decontrazione, evitando l'uso di forza non necessaria a ricercare un modo di colpire apparentemente leggero e rilassato ma estremamente efficace, Egami sensei (insegnò alcuni anni prima alla Nakano School, che fu un centro di addestramento per  i servizi segreti  e commandos giapponesi) consapevole di un “senso”di efficacia tecnica durante la sua ricerca affermerà: l'idea dell'armonia e il Do appariranno fragili e deboli a un principiante o a chi valorizza la forza fisica. Ma niente è più forte dell'armonia e del Do, poiché essi si situano sulla più alta vetta della ricerca di un'arte marziale…

Funakoshi insegna karate come autodifesa (ca. 1920)Nell'ambito di questa ricerca, per sciogliere il dubbio sull'efficacia dello tsuki, si fece ripetutamente colpire l'addome (probabilmente aggravando il suo già compromesso stato di salute) con pugni sferrati da diverse persone, rilevando che il tipo di attacco  eseguito da un karateka  risultava essere quello meno efficace. In proposito scrisse: «questa non è solo la mia opinione, è il parere di persone che, come me, decine di migliaia di volte hanno percosso e si sono fatte picchiare l'addome e l'epigastrio: è la voce dell'esperienza che parla… . ...Nel corso delle mie ricerche mi resi improvvisamente conto che l'allenamento portato avanti fino a quel momento in realtà irrigidiva, bloccando i movimenti, con l'illusione che producesse forza. Una volta scoperto il difetto si trattava di sciogliere le parti indurite rendendole elastiche, ragion per cui decisi di rimettere tutto allo studio.»

Nel 1955, in piena fase di ricerca, dovette essere sottoposto a due operazioni allo stomaco. Tali operazioni, a distanza ravvicinata, lo portarono all'impossibilità di nutrirsi normalmente tanto che giunse a pesare solo 37 chili, comprensibilmente in questo stato di salute non gli fu possibile alcun tipo di allenamento fisico… La degenza e lo stato di instabilità economica collegate all'impossibilità di svolgere una qualsiasi attività furono superate con grande difficoltà grazie anche all'aiuto di amici come Hironishi, Okuyama e Yanagizawa.  Egami sensei scrisse: «..ripenso a quel periodo, durante il quale ero caduto in una forte disperazione, come al peggior periodo della mia vita. Ma allora ricordai le altre parole del Maestro Funakoshi: "l'allenamento nel Karate deve essere quello praticabile da tutti, dai vecchi come dai giovani, dalle donne, dai bambini e dagli uomini." Con queste parole in mente presi la decisione di vedere se mi fosse possibile praticare anche se mi trovavo in pessime condizioni fisiche. I risultati furono rassicuranti e trovai che mi era possibile praticare grazie all'oculata scelta di certi metodi. Avendo successo decisi di votare il resto della mia vita alla pratica del Karate».

Dall’analisi di questa riflessione  c’è da rilevare che Egami sensei iniziò nuovamente a ripensare al suo studio e come effetto di questo ulteriore pensiero,  egli rivoluzionò nel Karate-do molti concetti relativi al combattimento, sostituendoli con una ricerca di armonia, quindi non solo una via di ricerca di efficacia, ma  soprattutto un metodo per dare libertà alla nostra espressione più profonda, nel tempo, in  sintonia con  questa cultura alcuni maestri hanno elaborato espandendo le proprie sensibilità, un’arte espressa in diverse modalità di azione, ad esempio con una pratica dolce  (definita dal maestro  Aoki, con il nome Yokitai)  adatta anche chi ricerca una esperienza più silenziosa e meditativa o al contrario con una pratica dinamica (Kaihotai),  per chi desidera esprimere attraverso di essa una “maggiore” energia fisica… 

 

Queste pratiche complementari possono includere un insieme di movimenti o kata eseguiti  con esercizi morbidi ,dinamici , veloci, o piuttosto lenti,  comunque atti secondo modalità specifiche di riferimento a contribuire in modo efficace ad alleviare la tensione dal corpo, lo stress e a migliorare la salute realizzando alla fine una  esperienza in grado di generare una condizione  favorevole per scoprire e sviluppare gradualmente la propria armonia ,questa esperienza  può essere meglio compresa  se osserviamo la razionalità della cultura occidentale in rapporto alle arti marziali . La nostra cultura ha sempre più messo in evidenza una distinzione tra l’aspetto fisico e quello spirituale, contribuendo con questo nel tempo a far “smarrire “ un  senso di unità nella gran parte dei praticanti che sempre più e in maniera evidente si riconoscono in una dimensione definita con dei termini in nostro uso come coordinazione motoria , motricità ,controllo fisico ecc, definizioni,usate anche per superare in qualche modo  una divisione concettuale forse poco capita che al contrario non è presente nella  cultura orientale , la quale  per  tradizione , meno razionalista , non ha mai diviso il concetto fisico da quello spirituale considerando l’uomo parte di un insieme in equilibrio con il “tutto”,quindi per la filosofia orientale il risultato dell’ armonia ricercata nell’unione è una base dell’armonia universale  …

Sulla base di queste considerazioni  applicate ad un analisi delle difficoltà che oggi dobbiamo superare nella nostra società, è possibile  sostenere che anche il karate recepito nella sua globalità olistica può rispondere in maniera positiva verso alcune  problematiche che sono spesso  di natura psicologica o emotiva più che dello scontro fisico, ed anche in questa ottica può essere visto il suo grande bagaglio di conoscenza e i suoi codici di trasmissione che ben si prestano a sostenere  anche questo compito… Questa arte è  composta anche da  varie tecniche  per il miglioramento della salute provenienti dalla antica tradizione che hanno ispirato la formazione  di un metodo inserito negli studi di alcune Scuole, con esercizi e che promuovono il benessere attraverso il flusso di energia  anche con esperienze prive di tensione muscolare, ricercando qualità che non richiedono una particolare forza fisica come l’intuizione, la flessibilità l’armonia ecc,

il risultato in  queste esperienze è una  condizione per permettere al movimento di espandere o concentrare l’energia finalizzata da un intenzione, espressione questa di una potenzialità olistica in grado di generare in termini marziali, anche  movimenti e tecniche più efficaci,con questa meditazione in movimento, allentando la tensione,  può essere anche ricercato in una applicazione  marziale, uno “stato dell’essere” prima del combattimento e per rimanere in questo ambito, questo stato raggiunto anche con altre modalità, può aiutare  attraverso pratiche specifiche a entrare   in uno spazio  dove i nostri sensi manifestano facoltà individuali  come l’intuizione o “irimi”, per questo  stimolare  uno studio “sensoriale” per ricercare alcune potenzialità latenti ne diviene per alcune Scuole di budo, una fondamentale .

 Funakoshi in kihon-kumite.

C’è  invece chi si domanda, concentrando la quasi totalità della propria ricerca su l’aspetto tecnico,  come rispondere con metodi  codificati tradizionali, a gli attacchi comunemente usati negli scontri reali, quale sia il valore durante un combattimento di una preparazione attraverso i kata di karate e quali fossero le intenzioni tattiche originarie dei loro creatori contenute in queste sequenze codificate… Tuttavia se prendiamo in esame il senso del combattimento tralasciando tutti i fattori che portano ad evitare tale situazione (presenti per educazione nel Karate) e per un attimo pensiamo di applicare le nostre conoscenze, non è difficile rendersi conto che  questa arte ha nella gran parte dei suoi studi o stili  poche tecniche ad esempio di controllo  a terra di immobilizzazione e così via, per questo per alcuni forse in modo superficiale o per promuovere un sistema a loro dire, più efficace (oggi c’è un enorme proliferare di nuovi metodi) è stata  giudicata come una  lacuna, ma il Karate è un arte che considera di operare per aiutare in maniera globale l’individuo  con esercizi  che sono dei codici di  intenzioni  di uno spirito  appartenuto a i maestri che li hanno creati e custoditi in gran segreto secondo una tradizione in molti casi rimasta esclusiva conoscenza di un singolo maestro. Questo codice che raffigura una “dimensione interna “del karate, dunque una personale via di esplorazione  è  anche una documentazione di ricerca energetica e meditativa di una profonda cultura  che ha saputo  rappresentare un arte raffinata e completa attraverso  atti che sviluppano un applicazione istintiva formata su una base essenziale. Riuscire a esprimere molto con poche cose  è una sua grande qualità. Per fare un esempio in  parallelo; nella pittura si impara a utilizzare i colori di base i pennelli ecc e con queste basi è possibile  creare in rapporto alle nostre capacità,  conoscenze, sensibilità ecc, un opera  adatta alla  “rappresentazione “del momento, ed è questo che il karate  di alcune Scuole, aspira a formare, uno stato dell’essere in grado di adattarsi e rispondere alle necessità del attimo generando una istintiva risposta tramite anche  un corpo “disponibile e sensibile a qualsiasi adattamento”. Per questo scopo non è necessario  ricercare “tutte” le situazioni che possono “capitare ”, ma e sufficiente  stimolare le naturali  facoltà individuali con un indagine in grado anche di “superare i confini della tecnica” tramite i kata,  kihon , kumite,  taiso, meditazione,  gorei ,ecc …

 Praticanti eseguono forme concordate di kumite contro attacchi di pugno opposto

Comunque il karate è costruito per chi ricerca la sua applicazione marziale anche su un concetto di  neutralizzazione immediata risolta con una parte dei suoi studi  anche attraverso conoscenze antiche di migliaia di anni, espresse in tecniche per “bloccare il respiro, impedire o rompere  il flusso del sangue” e così via (tecniche in parte contenute anche nei codici dei kata, molti dei quali andati perduti, trasformati o ad oggi segreti) proponendosi  anche  con questo come antica arte di strategia  per il  combattimento contro più avversari, in questo spazio molte problematiche prese in esame e risolte da alcune correnti di pensiero appaiono nella  loro applicazione troppo “dispersive o elaborate”, questo però non significa sostenere la propaganda per attrarre sostenitori che quello che  viene praticato sia il meglio, il più completo o più efficace  quindi “il sistema migliore”, rispetto a quello che altri praticano, ogni indirizzo  ha una propria validità, esistono concetti diversi per affrontare la questione e soprattutto intenzioni. Il Karate è formato su una tradizione versatile che risale nella sua definizione attuale a  circa cento anni fa ’ma essendo un prodotto di un’influenza di “ritorno” di conoscenze provenienti da un antica memoria che va ben oltre al tempo in cui fu “codificato”, ne rappresenta anche con questo, un esempio in grado di suggerire  un percorso di libertà di interpretazione la cui anima  esprime il risultato di un “flusso di coscienza”… Il Karate appare dunque anche alla luce di questi semplici considerazioni  come una cultura, con la  quale è possibile ricercare  una coscienza attraverso il linguaggio del corpo, compito assolvibile anche rendendo questo e la mente completamente flessibili, fluidi e rilassati  per aumentarne attraverso ciò l’energie  disponibili  e le sensibilità, uno strumento per scoprire il nostro stato interiore e di conseguenza le nostre risorse,dunque un arte formativa… anche se, come scrive un  maestro dell’Arte, Konishi Yasuhiro: “Lo scopo del Karate-do è quello di formare il carattere, migliorare il comportamento umano e coltivare la modestia; ma il praticarlo non garantisce  comunque  che questi scopi vengano raggiunti…

Movimento Ki No Nagare

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